Era il lotto più atteso della Royal and Noble (del 13 novembre 2024, a Ginevra) di Sotheby’s e non ha deluso l’attesa: il négligé di diamanti del XVIII secolo, appartenuto al marchese di Anglesey, è stato venduto per 4.8 milioni di dollari.
C’è chi lo lega in modo imprecisato alla rivoluzione francese e alla morte di Maria Antonietta; nonostante nessuno sappia chi l’abbia realizzato, gli esperti convergono nel dire che per fattura può essere stato commissionato solo da una famiglia reale; di certo sappiamo che è appartenuto ai marchesi di Anglesey; così come c’è la certezza che era presente a due incoronazioni di altrettanti regnanti inglesi.
Si tratta di un rarissimo negligé di diamanti, la cui origine affonda nel mistero e la cui vicenda è passata vicino a grandi regnanti della storia europea, e che il 13 novembre Sotheby’s ha venduto per 4.8 milioni di dollari, raddoppiando la sua stima massima di 2.2 milioni di euro. Probabilmente, analizzando il taglio, le pietre che lo compongono potrebbero arrivare dalle leggendarie miniere di Golconda, in India, la cui scoperta risale addirittura al IV secolo a.C., ma che da 200 anni si sono ormai esaurite.
La fattura del gioiello, che ha un peso complessivo di 300 carati, risale invece alla fine del XVIII secolo. Si compone di tre file di diamanti rifiniti con una nappa di diamanti a ciascuna estremità. Chiamato anche “négligé”, può essere indossato intorno al collo con le nappe pendenti o annodato con un semplice nodo.
Lo indossava così, aperto, nel 1937, Marjorie Paget, marchesa di Anglesey (figlia maggiore di Henry Manners, ottavo duca di Rutland), durante l’incoronazione di re Giorgio VI, insieme alla famosa tiara di Anglesey. A immortalarla, in una foto che è arrivata fino a noi, Cecil Beaton. Nel 1953, fu invece sua nuora partecipare a un’incoronazione, questa volta della regina Elisabetta II, indossando lo stesso abbinamento di gioielli.
E dopo, cosa ne fu del gioiello? Il settimo marchese di Anglesey si separò dal pezzo intorno agli anni ’60. Nel 1976, fu esposto alla Bicentennial Exhibition, all’American Museum of Natural History, prima di essere acquisito da un importante collezionista asiatico, dove è rimasto da allora. Oggi il passaggio in asta, a suo modo, è un altro capitolo di una storia mitica.