La vicissitudine estrema del desiderio gioca un ruolo non secondario in un approccio artistico. Cerca e non trova, si rinnova senza mai carezzare la giusta via di un approdo confortevole. Desiderio – Atto Secondo – la terza mostra sul tema presentata da Société Interludio (29 ottobre 2024 – 12 gennaio 2025), a Cambiano – ne verifica ora la portata. Come un appagamento che si delinea sulla lunga distanza, che parte da basi solide, decise e attrattive, ma che consta, nel suo fulcro, di una spinta verso quell’altrove non ancora incontrato.
E pensare che tutto aveva avuto inizio con un’esposizione Preludio (15 settembre – 01 novembre, 2023), con un’introduzione che voleva essere e indicare, allo stesso tempo, un’apertura. L’avvio verso quell’accorgimento necessario che porta ad ambire l’evento possibile dell’irrealizzato. Al pari di un flusso melodico un Atto Primo (29 ottobre 2023 – 07 gennaio 2024) aveva regalato poi la degna continuità. L’affacciarsi su quel microcosmo che ogni opera è, e che ogni opera, consapevolmente o inconsapevolmente, contribuisce a scrivere. Tutto sta, pertanto, nel tentativo labile di tracciare nel mondo una propria costellazione, la mappa di un orizzonte ancestrale che si inscrive nel rapporto quanto mai fecondo del quotidiano e dell’alterità.
Osservazione obnubilata, mancanza – potremmo dire in estrema sintesi – ma anche tensione, aspirazione, attesa. Un de-sideràre che è, in questo Atto Secondo, distogliere lo sguardo e impossibilità di vedere; oppure, insieme, cercare di vedere, guardare ancora di più verso ciò che è solo intuìto. In una traiettoria fissa si muovono, dunque, gli artisti e le artiste – Nazarena Poli Maramotti, Eva Marisaldi, Andrea Barzaghi, Gianni Caravaggio, Luca Federico Ferrero, Mark Handford, Ruth Proctor, Joachim Smith, Francesco Gennari, Eugenia Vanni, Francesco Carone – nel movimento tra assenza e presenza, direzione e memoria dell’immemore.
Eppure, sarà mai possibile ricordare ciò di cui non si ha memoria? E come ci si può ritrovare nell’esito di un percorso che è, tuttavia, nel procinto del suo divenire? Un polpo e un calamaro si allontanano tra di loro per incontrarsi dall’altra parte del globo (2013-2018) suggerisce una scultura di Gianni Caravaggio presente in mostra. Qualcosa li lega e qualcosa li allontana, nella continuità di un tempo sospeso da cui si può scorgere, malgrado tutto, una via possibile. Il “resto” di una permanenza che indica di nuovo una traiettoria. Uniti da un filo invisibile, certo, ma sollevati da quella ipotesi di riconoscimento per un “centro” ancora non trovato. Sia esso un viaggio o meno, Andrea Barzaghi ne delinea il punto. La fecondità di una traccia che nel suo farsi diventa per se stessa generativa. Dopo il diluvio (2024) infatti, ancora l’immagine. Ancora l’iconica trasparenza del nostro tempo, del sé e dell’altro. Di qua e di là, verso lidi comuni, benché opposti. Ecco qui il gioco dell’arte. Della prova di una specificità che richiama, anche solo nel riverbero di un’occasionale figura, la postura di un’esperienza che si possa dire universale.
Un desiderio, dunque, che attende il suo disvelamento. Nella mistura dell’olio e della carta, nel caso di Barzaghi, o nei disegni di Francesco Gennari (Untitled, 2017). Un flusso continuo; segno biografico che si dà naturalmente, fiorente e “indicativo”; per un verso direzione, e forma per l’altro. Non vi è più un sotto, non vi è più un sopra. Le parti si invertono. Piove anche sul mare (2023), così dipinge Nazarena Poli Maramotti. Ricordo di una marina e ricordo di navi, di cui Eugenia Vanni ritrova le orme sui taglieri da cucina (Durm und Drang #2, 2011). Tutto appare incerto e tutto appare chiaro. Il dipinto Tempesta di Francesco Carone ne incarna la continuità e rivela la mancanza. Era stato iniziato nel 2013 e chissà per quanto ancora verrà portato avanti. Continuato, in progress, da altri (Eugenia Vanni, Luca Bertolo, Luca Pancrazzi, Marco Neri, Maria Morganti, Alessandro Sarra, Riccardo Guarnieri, Nicola Melinelli, Manuele Cerutti) per sondare l’immagine che di volta in volta si vela e si rivela. L’immagine nuova che della precedente ha magari un richiamo. Un’esperienza che forse parte da ciò che si trova, che terminerà soltanto per morte sopraggiunta.