Abbiamo lasciato Filippo Timi un po’ sottotono nell’ultima stagione della serie televisiva I delitti del BarLume per ritrovarlo all’inizio di questo 2025 in tournèe con il suo spettacolo teatrale Amleto², in cui sembra aver ritrovato tutta la sua verve istrionica fin quasi all’eccesso. Lo spettacolo ripreso a 15 anni dal debutto e andato in scena al Teatro Ivo Chiesa di Genova il 3, 4 e 5 dicembre 2025, vede Timi impegnato in un grande ruolo, quello di Amleto. Ma del personaggio shakespeariano ha davvero poco.
Amleto per Timi è un personaggio troppo stretto e lo dimostra il fatto che la scenografia lo vuole chiuso in una gabbia di leoni da circo, annoiato del suo ruolo di capriccioso viziato, annoiato dall’amore di Ofelia, in conflitto con la madre un po’ troppo zoccola e ovviamente geloso in senso freudiano dello zio che oltre ad avere ucciso suo padre si è portato a letto la madre. Lo vediamo come un mollaccione seduto su un trono gotico abbracciato alla gamba di un suo suddito dichiarando una bisessualità che senza dubbio è più dell’attore che del triste principe di Danimarca. Ma soprattutto vediamo una delle opere drammaturgiche più famose al mondo, tra le più frequentemente rappresentate in ogni paese occidentale e considerata un testo cruciale per attori maturi, trasformata in una commedia.
Potremmo dire che Timi interpreta se stesso trasportando la sua energia debordante nel vendicatore aggressivo dei racconti originari dei miti nordici più che nel personaggio malinconico dell’opera di Shakespeare. Si diverte assieme al cast dei suoi bravi attori da Lucia Mascino a Marina Rocco, Elena Lietti e Gabriele Brunelli che lo seguono in questo flusso continuo di gag esilaranti e caccole infinite come quella delle continue scoregge ad opera della Mascino (qui molto meno aplomb che quando fa il Commissario Fusco) che tirano la risata per un po’, ma poi annoiano a morte, della serie un bel gioco dura poco.
Le invenzioni comiche con richiami a pubblicità televisive e canzoncine dei cartoni Disney si susseguono una dopo l’altra in una mitragliata di battute. Non tutte fanno ridere e non tutte sono riuscite. Certe ripetizioni girano a vuoto, ma il pubblico di oggi si accontenta e ride, gli piace essere travolto da una messa in scena che lo allontana dai problemi quotidiani e che frequenta il tema della morte come fosse un’allegra passeggiata in un giardino all’ombra. Quell’Amleto mammone e un po’ perverso di fronte a una Gertrude sguaiata e fredda e ad un’Ofelia irrigidita nel suo ruolo tragico da cui non vuole uscire, ci arriva un po’ stucchevole. Potremmo anche dire che Timi per stare sulla scena in questo modo poteva scegliere anche un altro personaggio: Macbeth ad esempio, ma anche Il capitano Achab o Pinocchio. Il risultato sarebbe stato lo stesso: mettere in scena sè stesso e i suoi di problemi.
Amleto² è la parodia di una parodia, troppo densa di sporcizie e volgarità, ma lo salva una cosa: il grande amore per l’arte attoriale che si riscontra in tutti gli attori che prendono parte alla piece. L’energia di Timi è contagiosa, come un vorace desiderio complesso e pieno di contraddizioni. Una ridondanza di voglia di far scoprire sé stesso agli altri, evidentemente un’esigenza quasi primordiale. Poco chiara è l’introduzione del personaggio di Marilyn Monroe, interpretato da un’ottima Marina Rocco, che apre il racconto e lo chiude dopo un’ora e quaranta minuti. Una Marilyn che si trasforma nel fantasma del padre di Amleto, che lo incita al duplice omicidio e che al termine del discorso lo bacia in bocca. Perché?…difficile a capirsi. Una Marilyn che alla fine non sa come fare per suicidarsi e che usa la statuetta dell’Oscar (per altro mai vinto in tutta la carriera dell’attrice americana) come corpo contundente verso sè stessa, ma le Barbie non muoiono mai e sorridono sempre. Peccato però che la vita di Norma Jeane Mortenson non sia stata proprio quella della bambola della Mattel.