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Oliviero Toscani, oltre la provocazione

Oliviero Toscani
Oliviero Toscani
L’ironia è una cosa seria, soprattutto nell’arte contemporanea, dove l’oggetto in sé, con le sue concrete qualità formali che costruiscono l’essenza dell’opera, diventa solo un mezzo che rimanda all’idea. Così, qualsiasi operazione artistica realizzata dall’artista con diversi medium per visualizzare il proprio pensiero diventa lecito, ed è comunicazione della “menzogna” riguardo ai fondamenti epistemologici del linguaggio artistico in rapporto agli altri linguaggi.

Oliviero Toscani, fotografo milanese, è scomparso il 13 gennaio all’età di 82 anni, vittima di una malattia rara e incurabile. Figlio di Fedele Toscani, noto fotoreporter del dopoguerra per Il Corriere della Sera, e Dolores Cantoni, una vera proletaria, lavoratrice fin dall’età di sei anni, che ha frequentato corsi di Arte e Fotografia a Zurigo, Toscani inizia la sua carriera nella pubblicità, firmando una campagna per il cornetto Algida. Ma, bando alle analisi formali, contenutistiche e semiotiche delle sue immagini, potremmo dire che Toscani è il figlio dell’arte del marketing e della comunicazione, un genere trasversale che matura negli anni Ottanta, quando arte e fotografia diventano convergenti.

Tralasciando i panegirici post mortem, in cui anche i “maledetti” diventano santi, Toscani, l’autore di immagini sconcertanti e l’inventore di un linguaggio non convenzionale nella moda e nella pubblicità, è già entrato nella storia a partire dagli anni Ottanta, con immagini che rimandano alle identità mutevoli della società post-moderna. Da quando il fotografo si è dedicato alle campagne pubblicitarie per il gruppo Benetton e per United Colors of Benetton (con cui collaborerà fino al 2000), ha “sdoganato” l’arte nel linguaggio pubblicitario, agendo sulla provocazione e sul détournement (deviazione, diversione), una pratica politico-artistica elaborata all’interno del movimento Situazionista, fondato tra gli altri da Guy Debord (1957).

Toscani ha consolidato la sua fama come irriverente narratore visivo dei fatti e dei misfatti del nostro tempo, a cavallo tra il Novecento e il nuovo Millennio, con scatti iconici che attingono dalla cronaca e dai fenomeni sociali, andando oltre i contenuti puramente pubblicitari. Le sue foto, curate nei dettagli e caratterizzate da una grafica chiara e una composizione simmetrica, mostrano soggetti decontestualizzati su sfondi monocromi. In queste immagini “saltano all’occhio” differenti narrazioni visive, concepite come trovate scioccanti, in linea con il linguaggio di Maurizio Cattelan, sconfinando nel paradosso e nell’impegno sociale, in bilico tra contraddizioni umane, sarcasmo, narcisismo e polemica. È osannato per questo aspetto polemico, che lo ha reso una pop star della comunicazione.

S/S 1996, “Hearts”, by Oliviero Toscani, Archivio Benetton

Non dimentichiamo che Toscani è stato il primo fotografo pubblicitario italiano a far prevalere, nel messaggio etico, l’ego autoriale, pur rispettando le logiche del marketing. Toscani è riuscito a condensare in una sola immagine la rivoluzione sessuale degli anni Settanta, con la celebre Chi mi ama mi segua (1973), realizzata per il marchio di jeans Jesus, che mette in primo piano il tonico “lato B” della modella Donna Jordan, considerata blasfema dall’Osservatore Romano, ma oggi diventata un classico della fotografia che ha modificato l’approccio al marketing, con uno sguardo ironico che va ben oltre lo slogan pubblicitario.

Dal vulcanico fotografo non allineato alle convenzioni perbeniste, ci aspettiamo soprattutto paradossi visivi. Ormai prigioniero del suo stesso cliché, Toscani non può fare altro che tutelare la sua riconoscibilità stilistica, non deludendo il mercato della comunicazione. Ha modificato il linguaggio della fotografia, andando oltre le mode effimere, con immagini che smuovono la coscienza e non ci lasciano indifferenti. Le sue fotografie sono diventate un patrimonio della nostra memoria collettiva.

Quasi tutte le immagini realizzate durante la sua pluridecennale collaborazione con Benetton, marchio per il quale ha creato anche il centro di formazione Fabrica (un ambito centro di ricerca sul modello della Factory di Andy Warhol), testimoniano come Toscani abbia saputo investire nella connessione tra generi diversi e sulla “informazione” secondo il suo sguardo “laterale-trasversale”, semiserio sul mondo, in bilico tra provocazione e blasfemia, sempre imprevedibile e in divenire, ma sempre attento alle evoluzioni del marketing sotto l’egida dell’impegno sociale.

F/W 1993, “HIV – Positive”, by Oliviero Toscani, Archivio Benetton

Le sue fotografie contro il razzismo, come Donna che allatta (1989), scattata nel periodo della caduta del Muro di Berlino, della protesta e massacro di studenti in piazza Tiananmen e la rivoluzione geopolitica internazionale a seguito del crollo dei regimi comunisti-socialisti, sono ormai cult. Questa immagine di una natività laica “in nero” anticipa le problematiche dell’immigrazione in Italia, un fenomeno che si è sviluppato in maniera massiccia nel XXI secolo. È la prima di una serie di immagini contro il concetto di razza, proseguito anche nel progetto Razzabastarda.

Dagli anni Novanta, Toscani celebra la nascita mettendo sul manifesto di grande formato una neonata ancora con il cordone ombelicale, “vestita” dalla placenta lattiginosa della madre. Un’immagine del 1991, insieme a quella di un bacio tra una giovanissima suora e un prete, immortali mentre si sfiorano le labbra in un amore innocente e universale, ha scosso la sensibilità ipocrita dei perbenisti, ma è indiscutibile nel suo valore grafico e compositivo.

Nel 1993, Toscani affronta il tema scottante dell’HIV con una fotografia che riporta il marchio dell’HIV sulle natiche di un corpo, diventata icona della sieropositività e denuncia la “caccia all’untore”. Nel 1996, con la campagna per l’uguaglianza di Benetton, Toscani impressiona con l’immagine di tre cuori, rappresentati realisticamente, con le scritte “White”, “Black” e “Yellow”, per dimostrare che il cuore di tre etnie diverse è uguale, e che il colore della pelle non dovrebbe renderci diversi.

Altri temi sociali sono affrontati nelle sue campagne, come la guerra, la povertà, la fame nel mondo, fenomeni che Toscani denuncia come cause ed effetti di un capitalismo globale, avidamente individualista. È contro la pena di morte e favorevole alle unioni civili, come dimostra nel 2006 con la campagna per Ra-Re, un inno all’omosessualità.

Nel 2007, Toscani provoca con la foto di Isabelle Caro, una modella francese affetta da anoressia, il cui corpo scheletrico, dilaniato dalla malattia, diventa simbolo di una piaga sociale che continua a mietere vittime, non solo di giovani donne ma anche di uomini, sempre più affetti da disturbi alimentari. L’immagine apre riflessioni sul modo in cui i media condizionano i canoni di bellezza ideale, irraggiungibili, e continuano a utilizzare il corpo come oggetto di consumo al limite del macabro.

Toscani ha sempre rifiutato la rassegnazione, cercando in ogni sua immagine di raccontare la miseria umana, di smascherare l’indifferenza, che è il cancro della nostra società. La sua fotografia sovversiva è figlia dei cambiamenti epocali che stiamo vivendo e faticando a comprendere. Il suo lavoro è una continua ricerca di una “bellezza politica”, innalzata dal senso di giustizia sociale, che va oltre i limiti del brutto e dell’osceno, tessendo un mosaico visivo di provocazioni utili e messaggi affabulatori legati al filone dell’indignazione “buonista”.

F/W 1991, “Priest and nun”, by Oliviero Toscani, Archivio Benetton

Altri temi sociali affrontati nelle campagne pubblicitarie di Toscani sono la guerra, come si può vedere nella campagna We, on Death Row (letteralmente “Noi nel braccio della morte”), in cui immortala i volti dei condannati a morte, ma anche la povertà e la fame nel mondo, che nel suo sguardo sono cause ed effetti di un capitalismo globale, avido, individualista e cinico. Tuttavia, non dimentichiamo che anche lui è vittima e carnefice di questo ingranaggio, al servizio delle aziende private. Il fotografo, figura di culto della visualità, si dichiara contro una società che sembra aver perduto il rispetto per la vita umana. Secondo lui, violenza e guerra sono convergenti tra loro, come documentato nel progetto realizzato per il World Food Programme, in collaborazione con Benetton e Fabrica.

Toscani è contrario alla pena di morte e favorevole alle unioni civili, come dimostra nel 2006 firmando una serie di immagini per il marchio di abbigliamento maschile Ra-Re. Con una campagna dal titolo Omo, Toscani celebra l’omosessualità, mostrando uomini eleganti che si seducono o coppie di uomini alle prese con la quotidianità e la vita omogenitoriale. Si tratta di un tema ancora tabù in Italia, non del tutto superato a causa delle questioni legate alla Chiesa cattolica e di un governo contrario a una visione di famiglia non tradizionale.

24 settembre 2007, Isabelle Caro fotografata da Oliviero Toscani, ANSA/GIUSEPPE GIGLIA

Un’altra foto scioccante è quella del 2007, con la modella francese Isabelle Caro, in cui Toscani “sbatte” in copertina il suo esile corpo scheletrico, dilaniato dall’anoressia. Questa piaga sociale, che continua a mietere vittime oggi come allora, non colpisce solo le giovani donne, ma sempre più anche gli uomini, affetti da disturbi alimentari. L’immagine, provocatoria e disturbante, apre riflessioni su come e quanto i media condizionano i canoni di bellezza ideale, inarrivabili, e continuano a utilizzare il corpo come oggetto di consumo, al limite del macabro.

Tra le tante campagne pubblicitarie libertarie e impegnate, la libertà di Toscani sembra essere a servizio di un’etica che sostiene anche i dannati, i reprobi, i diversi, i disabili dotati di una bellezza diversa, ma che bisogna saper riconoscere nella loro “bruttezza”. In qualche modo, tutti raccontano le miserie del nostro Paese.

F/W 1989, “Breastfeeding”, by Oliviero Toscani, Archivio Benetton

Non dimentichiamo che la sua fotografia sovversiva rifiuta la rassegnazione ed è figlia dei cambiamenti epocali che ancora oggi stiamo vivendo e che fatichiamo a comprendere. È una lotta contro l’indifferenza, che è il cancro dell’umanità. Nella sua meta-fotografia, Toscani ricerca una bellezza politica, innalzata dal senso della giustizia sociale, che va oltre il limite dell’osceno e del brutto, tessendo un mosaico visivo di provocazioni utili e messaggi affabulatori, legati al filone dell’indignazione “bonista”, ormai superato dal capitalismo liberale nel mercato della comunicazione che ingoia tutto e tutti nel flusso della cultura digitale. In questo mondo, tutto è comunicazione delle menzogne che produciamo e condividiamo, perché sappiamo di mentire ma non ci importa più nulla. Guardiamo le sue fotografie in nome di un’etica “puttana”, che nel mercato della comunicazione va con tutti, a seconda delle ideologie, delle bandiere e delle appartenenze culturali, nell’attesa di smascherare i buoni, che come ha scritto Toscani: “ci annientano senza che ce ne accorgiamo con la loro bontà”.

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