
Fino al prossimo primo marzo, presso la Galleria Simondi di Torino è possibile visitare la mostra di Lauren Wy (Los Angeles, 1987. Vive e lavora a Chicago). L’esposizione porta il titolo “Chaos Angel”, evocando insieme due immagini tra loro contrapposte: il caos e gli angeli
La mostra si compone di opere pittoriche, realizzate nella più tradizionale e riconoscibile forma-quadro, ma anche libri creati a partire da opere dipinte, e infine sperimentazioni con l’AI e il digitale in grado di dare vita a un mondo a sé, con cui è possibile interagire. A livello tematico, la ricerca di Wy si muove al confine tra spunti letterari ed esoterici, elementi autobiografici, anche legati al mondo della musica underground, e riferimenti antropologici a simboli antichi dal carattere apotropaico. Al centro di tutta la ricerca, come di ciascuna opera presente in mostra è, come recita il titolo, il tema dell’angelo. Gli angeli di Wy, però, sono creature tutt’altro che pacificate e celestiali. Questi angeli sono creature disobbedienti, a metà strada tra figure femminili tormentate e sofferenti, spesso raffigurate in conflitto tra loro, se non in aperta lotta fisica.
Il primo riferimento culturale esplicito di queste opere è Paradise Lost di John Milton. Qui come nel poema epico del maestro della letteratura anglosassone, il paradiso perduto appare come un miraggio, un’utopia ormai irrimediabilmente collocata nel passato. Gli angeli di Wy, tesi tra conflitto esistenziale e profezia, sono, infatti, creature che cogliamo in atteggiamenti straziati e strazianti, malinconici e sofferenti.

All’interno di una struttura compositiva sempre molto attenta, che riecheggia consapevolmente elementi tratti persino dalla storia dell’arte antica e rinascimentale, le storie narrate da Wy non hanno nulla di armonico e celeste, ma riflettono una visione del mondo fatta di slanci, scontri e movimenti conflittuali ai limiti del tragico. Le pose degli angeli in lotta tra loro, ispirate alle pose del Ju Jitzu, danno vita a componimenti fortemente dinamici, mossi da una tensione esplicita e manifesta non solo formalmente, ma anche a livello tematico ed espressivo.
Tra profezie, elementi elaborati digitalmente in grado di rispondere alle domande del visitatore, racconti per immagini, simboli e colori, si delinea, così, un mondo alternativo, capace però, come sempre accade nell’arte, di raccontare molte angosce e necessità del nostro.

Viene in mente il celebre aforisma 125 de La Gaia Scienza di Nietzsche, dove il filosofo dichiarava la morte di Dio per mano dell’uomo. Ora, l’essere umano ha creato un vuoto, che però gli è impossibile colmare. E neppure l’angelo, viene da dire guardando le opere di Wy, ha una sorte migliore. La lotta delle creature alate, tra immagini di candele, fuochi azzurri e strumenti musicali a volte invisibili, allude, infatti, a un profondo vuoto esistenziale, a una malinconia presente e inconsolabile, che sono avvertiti con un senso di sdegno e sofferenza.
Eppure, le immagini di queste opere lasciano anche la sensazione positiva di un’energia vitale che, seppure scomposta e vagamente punk, ha in sé tutta la portata creativa del caos. È lo stesso caos che, sempre secondo Nietzsche, occorre avere dentro di sé per partorire una stella danzante.