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Bipart of…this gallery: METRONOM

© Antropotecniche, 2019, Installation View, courtesy Metronom
Marcella Manni
Sulla falsa riga del Questionario di Proust, una serie di domande predisposte da BIPART Studio legale volte a conoscere meglio le più prestigiose gallerie d’arte italiane: oggi incontriamo Marcella Manni, fondatrice e direttrice di METRONOM, Modena

METRONOM, Modena

Come ha scelto il nome della sua galleria (e cosa vuole esprimere con tale denominazione)?
Il nome è un omaggio a un luogo multidisciplinare attivo a Barcellona nei primi anni 2000. Nell’avviare l’attività e valutare appunto un nome che la rappresentasse ho scoperto che quella istituzione aveva chiuso definitivamente. Ho agito d’istinto e capito che quello doveva essere il nome. Raccogliendo una eredità più di metodo che di contenuti, cioè ricerca, apertura, divulgazione, network.

Si sceglie prima l’artista o il tema? Qual è il filo rosso che lega le vostre scelte?
Le iniziative che METRONOM ha negli anni promosso e organizzato sono sempre state frutto di molto studio, molta ricerca e coerenza nella missione che mi ero data inizialmente. Credo sia sufficiente guardare anche solo il profilo IG di METRONOM (@metronomblog) per leggere quello che intendo per coerenza e il ‘filo rosso’ che rende le varie iniziative frutto appunto di un pensiero e di una attitudine.

Qual è la qualità che apprezza di più in un artista?
Gli artisti sono persone, prima di tutto, e quello che mi piace del mio lavoro e che mi ha orientata alla collaborazione con artisti contemporanei (e quindi ancora in attività) è esattamente la possibilità di avviare e mantenere queste relazioni. Sono sempre momenti di scambio, crescita e arricchimento preziosi. Pur nelle possibili divergenze e allontanamenti professionali, che sono fisiologici.

Qual è la qualità che apprezza di più in un’opera?
Apprezzo le opere, nelle mie valutazioni, più da critico che da mercante, apprezzo lo studio, il lavoro e la ricerca che hanno portato a un esito formale e, possibilmente, a una lunga vita espositiva.

© Antropotecniche, 2019, Installation View, courtesy Metronom

Ha una istituzione/galleria di riferimento (e se sì quale)?
Tante e nessuna in particolare, cerco di mantenere una costante attenzione su ciò che certe ‘scene’ offrono, ciclicamente più o meno interessanti. Per non eludere anche questa domanda, apprezzo la diretta contemporaneità del Palais de Tokyo ma anche del recente MACRO. Con l’accortezza appunto che ogni attore, che sia pubblico o privato, si relaziona con comunità diverse e questo certo impatta sul modello di gestione e le scelte espositive e curatoriali. Per essere più chiara pur nell’ovvietà, Roma non è Parigi…

In quale ambito la sua galleria può migliorare?
Sto lavorando – da alcuni mesi – al rinnovamento del sito internet. La comunicazione è fondamentale, a maggior ragione se non si è localizzati in una grande città, quella del sito è una scelta particolarmente identitaria, oltre che funzionale, che sta occupando un tempo più lungo di quanto avrei voluto. Ma spero sia questione di poco tempo ancora!

Qual è l’aspetto che le piace maggiormente della sua professione e che le dà maggior soddisfazione?
La collaborazione, l’incontro con persone nuove e diverse, gli stimoli che si ricevono e si possono raccogliere ogni giorno, la grande parte di novità, pur nella routine, che lo caratterizza.

© Lo strano ordine delle cose, Taisuke Koyama, 2022, Installation View, courtesy Metronom

Ha, o vorrebbe avere, una galleria anche all’estero (e se sì perché)?
Tra il 2018 e 2019 ho valutato questa opzione, avevo anche avviato in modo concreto la fase ‘attuativa’ poi la Brexit da un lato e soprattutto la pandemia dall’altro, hanno ridisegnato il sistema e imposto strategie completamente diverse e ho abbandonato ogni progetto in tal senso e no, al di là di covid, non è una prospettiva al momento per me interessante.

Come pensa che si evolverà il mondo dell’arte e la sua fruizione (anche in relazione alle nuove tecnologie, alla blockchain e al metaverso)?
Questo è un tema che meriterebbe un convegno, se non una tavola rotonda… tutto evolve, anche il mercato dell’arte pur nella sua a-sistematicità e deregolamentazione soprattutto se si riferisce a quello dell’arte contemporanea. La pandemia e soprattutto il post pandemia ha insegnato, a mio parere, che la fruizione dell’arte è qualcosa che si ricerca nei luoghi ‘storicamente’ dedicati: i musei, le gallerie, le associazioni, le fondazioni… le istituzioni culturali in genere… Se si affronta il tema da una prospettiva di speculazione forse sono temi più sensibili e articolati, ma diversamente l’incontro con il lavoro di un artista in una mostra resta un momento irripetibile. Diverso per le arti digitali, pur in questa brutta definizione, ma appunto ci sono troppe sfaccettature per poter offrire una sintetica risposta minimamente esaustiva.

Arte e diritto: tutela o vincolo (anche alla luce dell’applicazione del diritto di seguito e del diritto di produzione dell’opera riservati agli artisti)?
Il diritto di seguito è uno strumento opportuno, forse spesso disatteso. La non cedibilità del diritto d’autore è un’altra tutela fondamentale. L’azione che potrebbe aiutare in modo decisivo sia la produzione che la ‘tutela’ non è tanto riferita a questo ambito, appunto già normato, quanto una seria legislazione sulla tassazione, a partire dalle aliquote IVA. Un tema ciclicamente riproposto, mai seriamente affrontato e meno che mai attuato.

Le risposte di Marcella Manni (METRONOM) sono state raccolte da Gilberto Cavagna e Rachele Borghi Guglielmi di BIPART Studio Legale.

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