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Addio al pittore Paolo Manazza (che era molto più di un pittore)

Paolo Manazza con Gianluigi Colin Paolo Manazza con Gianluigi Colin
Paolo Manazza con Gianluigi Colin
Paolo Manazza con Gianluigi Colin

Ripubblichiamo l’omaggio tributato a Paolo Manazza sul Corriere della Sera dall’amico Gianluigi Colin

Sino all’ultimo ha combattuto contro la malattia che lo tormentava da anni. Lo faceva col sorriso e con quella tenacia che avvolge chi è animato da un’incrollabile voglia di fare le cose (molteplici) e da chi ha il privilegio di vivere il rapimento e l’incanto della passione. E per Paolo Manazza la passione era solo l’arte. Una passione assoluta, trascinante, totale, seppur declinata in molte forme, diverse eppure contigue: quella del pittore, («Per favore, quando morirò dite che è morto il pittore Paolo Manazza») del critico, del divulgatore, del giornalista esperto del mercato, dell’organizzatore di fiere, del docente e del saggista. Paolo Manazza se n’è andato nella sua Milano, dov’era nato nel 1959, con la consapevolezza di chi sapeva di non avere tante vie d’uscita.

Eppure, non aveva mai perduto né la speranza, né il suo piglio ironico e disincantato, da finto cinico intorno a un mondo che conosceva perfettamente in tutte le sue ricchezze cariche di emozioni positive e nei tanti difetti che portano con sé interessi, riconoscimenti, amarezze o meschinità. Tutti intorno all’inseguimento della mitologia del successo. Una vita ricca e poliedrica la sua: collaboratore dal 1992 del «Corriere» sul mondo del mercato dell’arte, decide di fondare un quotidiano online. Nasce così «ArtsLife. com», importante punto di riferimento nell’informazione sull’arte. Per alcuni anni insegna all’Accademia di Brera di Milano Editoria dell’arte e Teoria e pratica del mercato multimediale dell’arte. Insegna anche nei Master di specializzazione post-universitaria. Nel settembre 2005 riceve dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi l’onorificenza di Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana.

Occhiali arancione

Ma Paolo Manazza non si ferma e si pone come protagonista anche nel sistema imprenditoriale: e allora si inventa una fiera d’arte internazionale, WopArt, dedicata al mondo di nicchia dedicato all’arte con il supporto della carta. Al suo attivo anche alcuni libri, tra cui Sulle finalità dell’arte dopo l’11 settembre (ObarraO, 2006). Manazza parlava sempre con la velocità di una mitragliatrice: traboccava di battute, tra scherzi, e risate. Parlava come dipingeva: a scatti rapidi ma sicuri. Amava le citazioni, sottolineando le sue ultime letture: citava filosofi e poeti, parlava spesso di Rosalinda Celentano, di suo figlio Michelangelo, di Afro, Gerhard Richter e di Ludwig Wittgenstein, creando così un’inaspettata costellazione di amori e passioni. Sul volto magrissimo inforcava sempre un paio di vistosi occhiali arancione quasi a voler trasferire anche sul suo corpo, grazie all’uso audace dei colori, un’idea di irriverente libertà dalle convenzioni.

 

Paolo Manazza, Slipping in the sky, 2018 - olio, smalto e acrilico su carta - 400 x 106 cm, Ph. Sara Pavan, © www.paolomanazza.com
Paolo Manazza, Slipping in the sky, 2018 – olio, smalto e acrilico su carta – 400 x 106 cm, Ph. Sara Pavan, © www.paolomanazza.com

Manazza era così: a suo modo diretto e trasparente, ma anche impossibile da ingabbiare dentro uno schema rigoroso, dentro regole e codici prestabiliti. Un po’ irrequieto, un po’ anarchico potrebbe essere un neo-anartista, proprio come amava definirsi Marcel Duchamp. Sicuramente non amava i confini. E non a caso recentemente mi confessò: «Che cos’è un confine? È un concetto che tutti hanno chiaro. Eppure ho riformulato la domanda. Che cos’è lo spazio che divide le cose? Che cos’è il confine tra due persone? Cosa c’entra l’arte? Nulla. Il suo compito è quello di porre quesiti. Non dare risposte». Già, Paolo Manazza sapeva bene quale fosse il ruolo dell’arte, che viveva con totale passione. Ma amava dipingere più di ogni altra cosa. E non a caso, prima ancora di praticare la pittura, l’aveva studiata con attenzione.

Sovrapposizioni cromatiche

Nella sua ricerca ha approfondito gli autori del passato, da Piero della Francesca a Michelangelo, ma poi si è soffermato soprattutto sugli esiti informali della scuola newyorchese ed europea degli anni Cinquanta. Ha amato visceralmente l’astrazione e quindi ha direttamente sperimentato le sovrapposizioni cromatiche in una pittura neo informale che unisce la forza della gestualità alle vibrazioni del colore. E come pittore risponde proprio a queste sollecitazioni che fa pienamente sue: lo si può verificare riguardando l’opera (anche digitale) che pubblica sulla copertina del «la Lettura» (# 677 del 17 novembre 2024). Era felice e orgoglioso di quella copertina, carica di colori accesi e sovrapposti, e con gioia è passato in redazione a firmare la copia del giornale.

 

Paolo Manazza, The Gardens on the Sea, 2008-2016

Nonostante le cure devastanti per la malattia – ha trascorso i suoi ultimi giorni all’Hospice Vidas di via Ojetti; i funerali si terranno venerdì alle 11 nella basilica milanese di San Simpliciano – lo ha fatto con la sua allegria e con la voglia di scherzare di sempre. Ma forse nel cuore sapeva che quell’incontro tra amici non era una festa ma un addio. Un addio nel nome dell’arte. E forse per questo, per lui e per tutti noi, un po’ meno doloroso. (Articolo pubblicato dal Corriere della Sera, 29 gennaio 2025, p. 39)

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