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Raddoppiare dimezzando. Guardare attraverso Alighiero e Boetti

Alighiero Boetti, Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969 Alighiero Boetti, Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969
Alighiero Boetti, Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969
Alighiero Boetti, Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969

L’Accademia di San Luca ospita a Roma un’ampia selezione di opere di Boetti, dagli anni Sessanta fino alle ultime degli anni Novanta

Fino al 15 febbraio, all’Accademia di San Luca, è visitabile la grande mostra Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando, che rende omaggio ad uno tra gli artisti più importanti dell’arte italiana del Novecento, anche nel panorama internazionale. La mostra, curata da Marco Tirelli e ideata insieme a Caterina Boetti, presidente della Fondazione Alighiero e Boetti, propone una selezione di opere dell’artista intorno ai temi del doppio e della proliferazione dall’uno al molteplice, propri della sua indagine artistica.

Nel Salone d’Onore è esposta l’Opera postale (De bouche à oreille), creata da Boetti nel 1992-1993. Il lavoro è di dimensioni importanti e rappresenta il compimento dei diversi temi trattati dall’artista nel corso del suo percorso creativo: riassume il suo lavoro riguardo alla comunicazione in generale, secondo uno sguardo conclusivo e con la consapevolezza che probabilmente sarebbe stato il suo ultimo progetto artistico. Nell’autunno del 1993, infatti, scopre di essere malato. Su questa linea, l’Opera postale rappresenta uno dei suoi più importanti testamenti. Realizzata con la collaborazione del Centre National d’Art Contemporain di Grenoble e del Musée de la Poste, l’opera si articola in undici serie, ognuna delle quali comprende le buste, i timbri e disegni a tecnica mista. Il timbro è l’elemento più significativo: è la traccia che permette la sopravvivenza dell’Opera postale.

 

Alighiero Boetti, Gemelli
Alighiero Boetti, Gemelli

Dissimili e complementari

Nella Sala bianca troviamo Gemelli (1968) stampa ottenuta con il fotomontaggio. Nell’opera Alighiero prende per mano Boetti in corso Peschiera (Torino) una mattina d’autunno, e i due avanzano insieme sul viale alberato. Il tema del doppio ritratto è annunciato da un’opera precedente intitolata Shaman/Showman, dove un corpo di luce e un ombra si incrociano a formare un chiasmo sottosopra. A proposito del doppio ritratto Annemarie Sauzeau ha osservato: “Non sono il riflesso narcisistico l’uno dell’altro, ma dissimili e complementari. Così come il corpo di luce non è quello di tenebre, o due gemelli non sono la stessa persona, così Alighiero non è Boetti”. Pertanto, il doppio non è speculare, piuttosto si tratta di un tipo di “ripetizione differente” che dà vita a identità distinte. Da questa immagine, nasce la nuova firma dell’artista in “Alighiero e Boetti”.

Nella stessa sala è esposta Storia naturale della moltiplicazione, del 1974-1975, composta da undici fogli incorniciati. Su ciascun foglio ci sono disegni a penna, che aumentano fino a riempire lo spazio nell’ultimo foglio. In quest’opera è presente il tema della moltiplicazione degli elementi, e il titolo suona quasi come una parodia del sapere scientifico. In una nota Boetti afferma: “contrariamente alla progressione lineare e univoca dell’addizione, la moltiplicazione procede secondo un doppio processo mentale: la crescita interna a ciascuna forma corrispondente a una crescita equivalente nel numero delle forme” (Notes pour une exposition, Parigi, 1981).

 

Alighiero Boetti, Storia naturale della moltiplicazione
Alighiero Boetti, Storia naturale della moltiplicazione

Trasmutazione della materia

Nella Sala Bianca è presente la scultura Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969 (1992). Si tratta di una rappresentazione del corpo dell’artista, disteso a terra, e realizzata con piccoli blocchi di cemento a presa rapida, che portano le impronte della mano dell’autore. Sul petto è posata una farfalla gialla, la cui leggerezza si oppone alla pesantezza del cemento. In questo senso, mentre il corpo pesante aderisce al suolo, la farfalla, che simboleggia l’anima, sta per spiccare il volo.

Nel porticato borrominiano troviamo Autoritratto (1993) di Alighiero in bronzo, realizzato in una fonderia di Milano, che ha avuto come complice l’artista e amico Arnaldo Pomodoro. Autoritratto esemplifica il processo di trasmutazione della materia in spirito, pensiero e immaginazione. L’opera ha tratti eroici, ma al contempo ricalca il gesto autoironico dell’artista, che risulta quasi comico agli occhi di chi osserva l’opera.

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