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Il Sole allo Zenit #34: Commissioni a parte

Pablo Picasso, Donna che piange, 1937, olio su tela, 60x49 cm
Pablo Picasso, Donna che piange, 1937, olio su tela, 60×49 cm
Vita da art consultant in Italia: qualche episodio i cui riferimenti alla realtà non sono affatto casuali in questa nuova puntata de Il Sole allo Zenit, concomitante con la domenica della fiera di Bologna

Se c’è un lavoro che non invidio è quello dell’art consultant in Italia, che purtroppo viene riconosciuto poco e remunerato spesso in modo inadeguato. Sembra infatti che i collezionisti della penisola, che non hanno tempo o voglia di informarsi, debbano prendere consigli gratis da chi perennemente studia l’arte e ci si dedica ab illo tempore. Ma avete mai provato a chiedere un confronto ai consulenti della finanza? O a prendere appuntamenti con avvocati o commercialisti per chiarirvi un dubbio su certi cavilli poco chiari a noi comuni mortali? Allora lì si piange come Dora Maar nei ritratti e il conto che si presenta all’uscita ha una caratteristica in comune con il mare che circonda il nostro bel Paese: è salato da morire.

Pablo Picasso, Portrait of Dora Maar, 1937, olio su tela, 92×65 cm

E Dio me ne guardi dall’approfondire troppo i motivi di queste scroogiane retribuzioni, che credo abbiano comunque a che fare con una mentalità un po’ retrograda, una buona dose di avarizia di chi spende, condita con un pizzico di arroganza, poiché c’è un atteggiamento che si verifica sovente nel settore quando ti propongono di lavorare: tutti nell’arte vorrebbero brigare quindi il salario è inferiore perché c’è sempre qualcuno disposto ad accettare. E in effetti di persone che si consacrano senza quasi guadagnarci ce ne sono diverse, ma un conto è stare nell’ambiente artistico, un altro è recuperare il denaro necessario alla vita di ogni giorno. Il risultato è che la maggior parte degli advisors dei compratori impegnati nelle loro vite mondane chiede spesso di nascosto dai clienti una percentuale al venditore, gallerista o mediatore, che si trova così nella amletica posizione di dover scegliere se tradire l’utente finale o l’intermediario che rende possibile l’operazione. Maledizione! Tanto per restare in tema di letteratura inglese.

Pablo Picasso, Dora Maar con un gatto, 1941, olio su tela, 128,3×95,3 cm

Comunque sia non disperiamo, poiché una delle doti più richieste nella ricerca del personale attuale ormai in tutti i campi è l’adattamento alle situazioni in generale, dunque prendiamone atto e per darvi conforto vi racconto qualche episodio che è capitato al sottoscritto quando si è trovato a far da mediatore senza il controllo dell’opera da promuovere. Comincio con quella ricca cliente a cui avevo venduto circa un anno prima un’opera della galleria. Una bella mattina improvvisa ricevetti una sua telefonata durante la quale, con la sua voce gentile, mi disse di essersi stancata della mia pittura su parete e mi chiese di rivenderla “bene”, ovvero facendole guadagnare una decente percentuale. Io incassai il colpo con stupore e le comunicai che avrei preso in carico la questione non mancando di evidenziare che non sarebbe stato facile guadagnare su un’opera custodita per un anno appena. Sentendomi come un impiegato di Milano Finanza che valuta resistenza a un certa quota, volatilità, prezzo utile e chissà quali altre dinamiche, dopo aver contattato i nomi di un lungo elenco, a distanza di poche settimane mi riuscì il colpo, seppur con un piccolo margine d’avanzo. Comunicai il tutto alla proprietaria che sembrò soddisfatta ma non mancai di sottolineare che, avendoci lavorato e perso tempo, e facendo spendere una discreta cifra a un cliente della mia cerchia che non avrebbe comprato per un buon lasso di tempo un’altra opera, avrei pertanto richiesto la metà del guadagno. E avrei poi voluto dirle che nessuno lavora per nulla o per la chiesa di Adro, come si dice in questa zona di mondo, e dunque nemmeno il sottoscritto.

Paul Belmondo, Suites sur Vélin d’Arches des Sanguines (donna seduta che legge), litografia, 22,5×28 cm

Condividerò anche le cifre, per meglio chiarire la questione: l’opera fu pagata 25mila euro e fu rivenduta a 30, e io pertanto dissi alla signora che ci saremmo spartiti metà dei 5mila euro eccedenti della nuova operazione tramite una mia fattura di mediazione. Preparai dunque i contratti tra i privati in questione, ritirai l’opera e la consegnai alla nuova proprietaria che fece il bonifico al momento del ritiro. Quando l’importo sul conto fu visualizzato dalla parte venditrice tornai per prendere il certificato dell’opera e rifeci il viaggio per la consegna, e… insomma la faccio breve, ma vorrei che si capisse che le cose da fare in questi casi non sono per niente poche. Solo allora e senza troppa frenesia, preparai la mia fattura (per la venditrice che aveva già incassato il totale) per quei 2.500 con iva inclusa che pensavo di meritare. Il pagamento tardò però ad arrivare ma una nuova telefonata sopraggiunse a giorni di distanza, indicandomi la data per un incontro nel parcheggio di un centro commerciale per risolvere la questione. E vi ricordate quel detto secondo il quale al peggio non c’è mai fine? Qui ci sta proprio bene. La signora arrivò puntuale, scese dall’automobile, aprì il baule e mi porse con ardore un piccolo tappeto arrotolato che a detta sua costava anche più del valore della mia commissione. Rimasi di sasso e per un attimo pensai di essere al Nakkas Oriental Rugs di Istanbul. Perplesso, strappai la mia fattura emessa, scoppiai a ridere e andai dritto a farlo valutare. Mi offrirono 300 euro a fatica così decisi di tenermelo, e ancora oggi lo uso come scendiletto. Altre volte è andata anche peggio.

Paul Belmondo, Suites sur Vélin d’Arches des Sanguines (donna sdraiata che legge), litografia, 22,5×28 cm

Recentemente una coppia di anziani clienti di un gruppo di investimento globale nell’asset management, nell’investment banking e nel fintech, al servizio di privati e imprese, come cita la mission nella presentazione, mi chiamò dietro segnalazione per la valutazione di certe opere. Ringraziando per la raccomandazione e sperando di sfruttare al meglio l’occasione, mi mossi con la massima cortesia assecondando la loro fitta agenda per cercar almeno un po’ di gloria. Le opere da valutare erano però croste inaudite da non prendere nemmeno in considerazione, tutte ammassate e polverose, e mi toccò persino toglierle dalla cornice. Me la cavai con un buon caffè e un libro di Paul Belmondo, scultore francese, papà di Jean-Paul Belmondo, l’attore. E adesso almeno so della sua produzione nella scultura tradizionale e del suo amore per la figura femminile, nella produzione della quale ha conseguito esiti sorprendenti – a mio avviso – specialmente con la sanguigna, un’ocra rossa usata per creare matite da disegno che ha avuto il suo massimo successo nel periodo barocco. Un’altra volta ancora invece ho raggiunto il garante di un’asta fallimentare che aveva chiamato in galleria per farmi valutare delle opere di cui non mi voleva parlare se non di persona. Peccato che dopo un viaggio di tre ore mi ritrovai davanti a cianfrusaglie cinesi delle quali non sapevo che dire. Ma pochi mesi fa c’è mancato veramente poco: ho venduto un’opera di un cliente su sua richiesta con una buona mediazione, se non fosse che a trattativa stabilita l’opera era sparita perché già ceduta a mia insaputa. E persi due clienti in una sola giornata. Anche qualche mio collega è finito parecchio male: c’è chi come ricompensa di una valutazione s’è preso un piatto di ceramica fatto a mano dal mandante dell’operazione. Molto meglio il mio tappeto, devo dire. E avete presente quella frase che Savyon Liebrecht un giorno ha scritto? “Penso che preferirei dimenticare la maggior parte delle cose che ricordo”. A volte – ahimè – concordo.
Per fortuna alcune vendite sono andate bene, altrimenti farei meglio a cambiar mestiere. Ma di quelle non è divertente scrivere.

Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano), curatore (Settantaventidue, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle. IG: nicolamafessoni

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