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Intervista a fuse*, afferrando l’inafferabile

Fuse* è uno studio artistico multidisciplinare e centro di produzione indipendente, con sede a Modena, fondato nel 2007 dagli emiliani Mattia Carretti e Luca Camellini.

Fuse* è un art studio che coinvolge diverse persone e background, ma come nasce?

I due fondatori, Mattia e Luca, si conoscono da quando sono bambini, vivono entrambi a Campogalliano, in provincia di Modena, dove tuttora ha sede lo studio. Sono accomunati dalla passione per la musica, e per l’organizzare piccoli eventi nel loro paese, e per il background di studi  in materie STEM, chimica e ingegneria. Nasce il desiderio di fare qualcosa insieme ma non sanno bene come immaginare questa possibilità e quindi iniziano un po’ a sperimentare, diciamo. La prima persona che coinvolgono è Riccardo Bazzoni, tutt’ora il nostro sound designer, con cui condividevano la passione per la musica e la composizione, e così nasce il nucleo primordiale di fuse* con cui creano N4.0, primissima opera che viene selezionata per la finale del Premio Celeste nel 2011 e viene esposta al Invisible Dog Art Center di New York.

Come si componeva questa prima opera?

Era già un’opera performativa che utilizzava un sistema di suoni, camere e proiezioni, quindi un’installazione multimediale dove le immagini proiettate sulla parete della galleria cambiavano rispondendo alle frequenze sonore e al movimento dei visitatori che interagivano con essa, un’opera molto aperta. Prima di inaugurare c’era un po’ il timore che nessuno interagisse con l’installazione, e quindi che non si completasse, e in modo estremamente spontaneo il gallerista, Simon Courchel, che era anche ballerino, propone di improvvisare una performance durante l’opening, proposta che è stata ovviamente accolta con grande entusiasmo. Abbiamo ancora video e immagini, piuttosto amatoriali devo dire, ma che ben raccontano come fin dagli esordi l’idea di fuse* sia quella di mettere la tecnologia al servizio della creazione artistica.

Quindi le opere di fuse* nascono proprio in senso partecipativo, da sempre il coinvolgimento del pubblico attiva e completa in qualche modo l’opera.

Esatto, in quel momento devo dire che è stato iper-attivata rafforzando l’intuizione che la caratteristica distintiva di fuse* sia di realizzare opere che cambino in real-time con una componente molto umana, che poi si apre a tanti possibili sviluppi diversi, in questo senso c’è sempre qualcosa da esplorare con i nostri lavori. Il continuo cambiamento è un elemento che tra l’altro non puoi controllare, in questo senso ogni attivazione di un’opera è una sfida, ma alla base c’è sempre la volontà di provare, testare, scoprire anche le diverse interazioni con gli ambiti scientifici e tecnologici, tant’è che il nostro team è formato da figure professionali molto diverse tra cui ingegneri, narratori, designer, ricercatori e sviluppatori.

È molto interessante questa apertura al continuo cambiamento, anche delle opere stesse. Se non sbaglio avete realizzato due versioni, diciamo, di Onirica: una che si attiva con il pubblico, e un’altra invece con una stupenda performance coreografica di un ballerino.

Hai proprio citato il progetto, chiamiamolo così, “prototipo” del nostro lavoro negli ultimi anni. Ovviamente più passa il tempo maggiore è il bagaglio di conoscenza, consapevolezze e ricerche dello studio. Onirica è un’installazione audio-visiva immersiva che nasce un po’ per caso da un’altra collaborazione che avevamo con una start-up che stava progettando un sistema intelligente integrato in smart bed, che ci ha chiesto di realizzare una componente sonora che accompagnasse le persone nella fase di addormentamento e nella fase REM. Volevano che i suoni venissero validati da una commissione scientifica, per cui è stato coinvolto il Laboratorio di Psicofisiologia del Sonno e del Sogno dell’Università di Bologna, che dagli anni 60 ha iniziato a costruire una “banca dei sogni” dove a oggi hanno raccolto i dati del sonno di centinaia di volontari, per lo più studenti, per cui producono una polisonnografia, ovvero monitorano e studiano il sonno attraverso l’uso di elettrocardiogrammi, l’elettromiogrammi e altre strumentazioni, capendo se una persona sogna, in che fase del sonno e così via, e chiedendo poi di raccontare il sogno quando il volontario si sveglia.

E com’è stato elaborare una ricerca così complessa, scientifica e accademica, in  un’installazione d’arte? Percepisco una componente umana potentissima in questa raccolta dati: i sogni delle persone.

Non abbiamo semplicemente preso i dati come tabelle, ma abbiamo cercato quanto più possibile di capire come il laboratorio ha raccolto questi dati in tutto questo tempo. Per noi è stato fondamentale che venissero valorizzati i racconti delle persone, che infatti sono lo storyboard dell’opera, dove vengono rappresentati i cinque cicli del sonno con 30 sogni, per un totale di 90 minuti di installazione. Ogni persona, in qualsiasi parte del mondo e di qualsiasi età (purché sia adulta e sana) dorme con ciclo di cinque fasi. Abbiamo subito deciso di approcciarci al progetto non a livello psichiatrico o di significato del sogno, ma su un piano fisiologico, quindi andando a studiare come cambia la mente, come cambia il movimento degli occhi durante la notte e durante il sonno, a partire anche e soprattutto dai testi anonimi scritti dai volontari che si sono sottoposti allo studio. È interessante anche il fatto che non abbiamo mai avuto la possibilità di incontrare questi sognatori, ma la volontà era di provare a rimettere in scena i loro sogni come brevi cortometraggi cinematografici, ricreando un livello di narrazione visiva a partendo dai testi, e da lì è iniziato il lavoro per capire a livello tecnologico quale fosse il linguaggio per farlo al meglio.  

Mi piaceva molto quella cosa a cui accennavi, il fatto che tutti gli esseri umani hanno dei cicli di sonno da cinque fasi, che mi dà un grande senso di universalità: la ricorrenza dei sogni, e il fatto che a prescindere da chi tu sia e in che parte del mondo ti trovi, penso alla sensazione di precipitare, ma in realtà ti svegli nel tuo letto. Trovo anche molto interessante il voler dar forma a una cosa che è profondamente effimera e inafferrabile.

Stai toccando dei temi interessantissimi e che ne aprono tanti altri. Hai detto una cosa assolutamente vera e coerente con il fare di fuse*, quello dell’inafferrabilità e il limite tra ciò che è umano e ciò che non lo è, ciò che può essere governato e ciò che non può esserlo. Ci hanno sempre emozionato queste tematiche complesse e articolate che affrontano la nostra capacità di comprensione, spostare sempre un po’ più in là l’orizzonte di ciò che può essere conosciuto e che sembra irraggiungibile. Ecco, questo desiderio estremamente umano si combina con il desiderio di capire e di dare una forma in ciò che riempie la distanza tra l’irraggiungibile e me.

Ho l’ultima domanda, anzi una curiosità: cosa significa l’asterisco di fuse*?

L’asterisco è un nostro marchio distintivo e, in breve, vuole essere una miccia, è il desiderio di  accendere un fuoco all’interno delle persone, qualcosa dentro di te che possa portarti altrove, e lo facciamo raccontando storie, con installazioni e opere immersive, con la musica, con quanti più stimoli tra suoni, arti visive, ma anche con il linguaggio della danza. Ci piace anche che venga liberamente interpretato, e che ciascuno si porti a casa quello che preferisce, quello che sente che nelle sue corde.

Fondato nel 2007, fuse* è uno studio d’arte multidisciplinare che indaga le possibilità espressive delle tecnologie emergenti, con l’obiettivo di interpretare la complessità dei fenomeni umani, sociali e naturali. Fin dalle origini, la ricerca dello studio ha avuto come obiettivo primario la creazione di installazioni e performance multimediali, prodotte con l’obiettivo di esplorare i confini tra diverse discipline alla ricerca di nuove connessioni tra luce, spazio, suono e movimento. fuse* co-produce dal 2016 il festival di musica elettronica e arti digitali NODE. Nel corso degli anni, fuse* ha presentato le sue opere e produzioni a livello internazionale in istituzioni e festival d’arte tra cui Mutek, TodaysArt, Sónar, Artechouse, National Museum of China, STRP Biennial, RomaEuropa, Kikk, Scopitone, INOTA Festival, Hong Kong Design Institute, Dongdaemun Design Plaza, Marignana Arte, CUBO, Fondazione Alberto Peruzzo, Videocittà e Palazzo Cipolla.

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