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Roberto Klinger. L’uomo, il sogno, l’immagine

Roberto Klinger, Marina con fiori, 1990, olio su tela, cm 50x60. Courtesy Archivio Klinger
Roberto Klinger, Donna e marina, 1990, olio su tela, cm 80×100. Courtesy Archivio Klinger
Roberto Klinger (Milano, 1924 – 1992) è stata una di quelle persone di straordinario talento che oggi definiremmo “multipotenziale”: creativo, pieno di interessi e animato da una fervida curiosità intellettuale che gli ha impedito di limitarsi a unico settore d’attività, sfociando in un eterno dualismo tra sapere scientifico e ricerca artistica e culturale.

Impossibile definirlo semplicemente come un medico con la passione per la pittura, quanto invece un’artista prestato alla scienza al cui interno “bruciava un desiderio selvaggio di dipingere”. Una pittura fortemente contemplativa la sua, una riflessione sul mondo visto con i propri occhi, un’analisi della realtà che lo porta a dedicarsi a soggetti tanto cari alla storia dell’arte – la figura femminile, i nudi, il paesaggio, le vedute – non per puro esercizio di stile, quanto per riflettere sul rapporto uomo-uomo e uomo-natura, traducendo i suoi pensieri in “pause di serenità e contemplazione.”

In lui ritroviamo una certa famigliarità con le opere di Carrà, Sironi, Tozzi, de Pisis, Savinio, pur mantenendo sempre uno stile unico e riconoscibile, libero da schemi o modelli dell’epoca. Attraverso i suoi soggetti – “silenziosi ma animati” – Klinger propone una pittura meditativa vissuta interiormente con emozione e intensità. Non si limita solamente a guardare ma vuole vedere, scoprire, approfondire veramente la realtà umana che lo circonda.

“In questi due mondi – medicina e pittura – in cui io vivo da decenni, pur crudamente diversi per razionalità e per istintualità, io sento una comune forza che mi affascina e mi privilegia – scriveva di sé alla gallerista Ada Zunino nel 1985. – Questa forza potrei definirla “fattore umano”, cioè un delicato processo di comprensione dell’uomo, che esige e che dona un raffinamento della sensibilità e della conoscenza. Ciononostante, sono convinto che non si debbano confondere queste due differenti esperienze e che non si debba esaltare l’una in favore dell’altra e viceversa. […] Sono un pittore che ha vissuto sin da giovane una esperienza impegnata, la quale ha diritto di essere valutata “per sé” anche – e a maggior ragione – se guidata da una particolare evoluzione etica e culturale.”

Roberto Klinger, Donna sulla spiaggia, 1980-85, olio su tela, cm 50×70. Courtesy Archivio Klinger

Scopriamo, dunque, insieme, chi era Roberto Klinger, aiutandoci con i ricordi e le preziose parole del Francesco, figlio del poliedrico artista, oggi protagonista di una piccola ma interessante mostra personale presso Terrazza Duomo 21 (domenica 6 aprile), nel cuore della sua Milano.

Roberto Klinger è stato un noto farmacologo clinico, diabetologo, endocrinologo, medico sportivo, giornalista ma, soprattutto, un artista, come lui stesso amava sottolineare: “sono un pittore che fa il medico, e non viceversa”. Che ricordo hai di tuo padre pittore?
Un ricordo molto vivido… sicuramente un uomo generoso e disponibile… con un’anima riflessiva. Ecco forse come riuscisse a fare coesistere l’essere medico e allo stesso tempo cercare di “vivere” l’artista che si insinuava in lui. Queste due anime in lui non erano antitetiche, ma forse gli permettevano di viverle pienamente.

Crede che la carriera nell’ambito medico abbia condizionato la sua visione artistica o, viceversa, l’amore per l’arte e per la cultura abbia influito sulla sua professione “ufficiale”?
Credo, ripeto, che gli aspetti della sua professione, specialmente il rapporto con le persone che assisteva con le loro sofferenze, le paure e le angosce, gli permettessero di vivere con più profondità e passione le riflessioni e i pensieri di cui un artista si “ciba” nel proprio percorso creativo. Allo stesso tempo penso che la capacità di riflessione e introspezione siano state un plus nella sua professione medica.

Quando è iniziata la passione per l’arte di tuo padre? Ha condotto studi in tal senso o ha sperimentato da autodidatta?
È stato certamente un autodidatta pur avendo frequentato l’Accademia di Brera per un certo periodo. In realtà ha potuto, in parte, essere autodidatta poiché persona brillante e curiosa. Curiosa di sapere e di conoscere, di confrontarsi.

Roberto Klinger, Marina con fiori, 1990, olio su tela, cm 50×60. Courtesy Archivio Klinger

Paesaggi, vedute marittime, spiagge vuote, opifici e nudi femminili. Qual era il soggetto prediletto da Roberto Klinger e, a suo parere, perché?
Curioso e desideroso di sperimentare le tecniche pittoriche, ma direi artistiche in generale (si è dedicato anche alla scultura), papà si è sempre ispirato a soggetti che lo spingessero a riflettere e meditare. Ecco perché ritroviamo le marine, le campagne, così come l’arte figurativa. E ancora i paesaggi poco definiti, gli opifici quasi surreali, i nudi di donna non identificabili con un corpo, ma forse con l’essere donna o figure maschili. Pensieri lontani, quasi sfumati, ma che portano lontano lo spirito di chi li ritrae e di chi li osserva. Gestualità a tratti più importanti della qualità del soggetto stesso.

In occasione della prossima Milano Art Week 2025, Terrazza Duomo 21 inaugurerà la retrospettiva “Roberto Klinger. L’uomo, il sogno, l’immagine”, a cura dell’Archivio Klinger. Come e perché nasce l’idea di questa mostra oggi? Quali opere saranno esposte e il filo rosso che le lega?
Questa “piccola rappresentazione” è un semplice e breve tributo a un artista, un padre, un uomo che per noi è stato un’ispirazione come stile di vita e capacità di riflettere sulle cose, sui pensieri e sulle persone.

Per concludere. Di padre in figlio, oltre alla scienza e al giornalismo suo padre è riuscito a trasmettere a lei e ai suoi fratelli anche la passione per le arti e la cultura? Avete per caso anche voi qualche velleità artistica e/o siete appassionati fruitori della materia?
Penso di non poter dire se in noi ci sia un tratto artistico ereditato da papà…ma certamente una propensione alla riflessione e al cercare di non essere superficiali nelle considerazioni e nell’osservare. Queste caratteristiche ci portano, probabilmente, a essere e pensare in modo creativo, nei propri ambiti e nelle situazioni più’ differenti. Ciò significa essere artisti? Non credo. 

Qui un video dall’Archivio Luce dedicato alla mostra milanese di Roberto Klinger (giugno 1979).

Roberto Klinger nel suo studio. Courtesy Archivio Klinger

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