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Da Miart: lo stand “museale” della Galleria Giampaolo Abbondio con Nan Goldin

Nan Goldin, Ian in the Dressing Room, Manila, 1992, 1997, Cibachrome print, 50 × 60 cm Nan Goldin, Ian in the Dressing Room, Manila, 1992, 1997, Cibachrome print, 50 × 60 cm
Nan Goldin, Suzanne in yellow hotel room, Hotel Seville, Merida, Mexico, 1981, Cibachrome print, 76 × 102 cm
Nan Goldin, Suzanne in yellow hotel room, Hotel Seville, Merida, Mexico, 1981, Cibachrome print, 76 × 102 cm

La nota fotografa americana Nan Goldin protagonista di uno degli allestimenti più affascinanti visti alla fiera milanese

Nel capoluogo meneghino, come da tradizione, l’arrivo della primavera coincide con uno degli appuntamenti più attesi dell’anno: Miart. L’edizione 2025 della kermesse milanese ha radunato ancora una volta l'”elite” delle gallerie e tra queste non possiamo non segnalare la Galleria Giampaolo Abbondio che quest’anno celebra Nan Goldin. Lo Specchio oscuro dell’anima urbana. Cosa succede quando la città smette di essere solo sfondo e diventa carne viva, ferita aperta, confessione? Questa la domanda rivolta a noi spettatori / pubblico che ci invita a una riflessione profonda e intensa sulla città, sul corpo e sull’esistenza umana.

L’atmosfera dello stand cattura accompagna e cattura ulteriormente lo spettatore: un rosa-rosso vibrante che sembra evocare la carne viva. Capace dunque di trasmette l’intensità di un sogno saturo o di un ricordo che brucia sotto pelle, un’istantanea della vita urbana colta nel suo lato più crudo e struggente.

 

Galleria Giampaolo Abbondio, Miart 2025
Galleria Giampaolo Abbondio, Miart 2025

La nota fotografa americana Nan Goldin, che con la sua macchina fotografica ha sempre documentato le sfumature più intime e vulnerabili dell’esperienza umana, con questa mostra cerca una nuova lettura. Le fotografie esposte raccontano storie di serate che bruciano, estati che esplodono, corpi che si cercano, si perdono e si ritrovano. Ogni scatto è come una fenditura aperta sulla memoria, un frammento di vita che pulsa con il battito delle metropoli, i suoi rumori, i suoi silenzi e le sue solitudini.

L’essenza di un istante

Il percorso visivo proposto da Goldin è un invito a guardare oltre la superficie della vita urbana, entrando nei suoi interstizi più nascosti. La sua opera non è solo un reportage sociale, ma un diario personale che diventa anche uno specchio collettivo delle nostre emozioni e dei nostri conflitti. Le sue fotografie sono, infatti, soglie e rifugi, racconti visivi sull’identità, l’amore, la vulnerabilità e la resilienza umana.

Goldin ha sempre avuto la capacità di catturare il momento più intenso e vulnerabile, che va oltre la semplice scena urbana. Come ha dichiarato più volte, non si tratta solo di documentare, ma di “catturare” l’essenza di un istante, di un’emozione che non può essere ripetuta. Il suo sguardo penetrante è un invito a guardare la città e il corpo umano non come sfondi o oggetti distanti, ma come entità pulsanti, fragili, vive.

 

Nan Goldin, Ian in the Dressing Room, Manila, 1992, 1997, Cibachrome print, 50 × 60 cm
Nan Goldin, Ian in the Dressing Room, Manila, 1992, 1997, Cibachrome print, 50 × 60 cm

Il lavoro di Nan Goldin, che abbraccia ormai più di quattro decenni, è stato un faro per generazioni di artisti e fotografi. La sua capacità di entrare in contatto con i suoi soggetti, di rivelare il lato più crudo e personale della vita, ha reso il suo lavoro un punto di riferimento per chiunque voglia comprendere la città, le relazioni umane e la solitudine contemporanea.

In un contesto come Miart 2025, il lavoro di Nan Goldin si fa ancora una volta potente. Le sue immagini non chiedono permesso: attraversano lo spazio, catturano e restano, sfidando lo spettatore a confrontarsi con la propria vulnerabilità e la propria capacità di resistenza emotiva.

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