
Di sole, spiagge e addii al celibato ne ha avuti fin troppi. Ora Barcellona guarda altrove — precisamente alle sale dei musei e alle grandi mostre internazionali. È questa la nuova rotta che l’ente turistico della città sta tracciando in collaborazione con le principali istituzioni artistiche locali, nel tentativo di riscrivere la narrativa urbana.
Nasce così la Barcelona Art Season, un’iniziativa che mira a trasformare la città in un vero e proprio polo dell’arte globale, attirando viaggiatori alla ricerca di esperienze culturali di qualità. “Cerchiamo visitatori disposti a viaggiare per l’arte”, spiega Mateu Hernández, CEO di Turisme de Barcelona. Il messaggio è chiaro: “Venite per Miró-Matisse, restate per tutto il resto”.
E il calendario degli eventi è in effetti notevole: Sean Scully a La Pedrera, Zurbarán al MNAC, Ubü the Painter al Museo Picasso. E ancora: “Exchanges: Miró and the United” States alla Fondazione Miró. Una strategia studiata per far emergere la città anche al di fuori dei periodi di alta stagione turistica, spostando i riflettori “dai monumenti ai musei”.
Barcellona è la quinta città più visitata d’Europa, ma questo primato ha un rovescio della medaglia. Nell’estate del 2024, le piazze si sono riempite di manifestanti esasperati dallo tsunami turistico: 15,5 milioni di visitatori a fronte di 1,7 milioni di residenti. Il grido di protesta — “Turisti a casa!” — è risuonato forte, portando l’amministrazione a congelare le licenze per gli affitti brevi e avviare un piano per eliminarle gradualmente entro il 2028. Nel frattempo, gli affitti continuano a salire alle stelle. A El Poblenou, ex quartiere operaio ora preso d’assalto dai creativi internazionali, il canone medio è aumentato del 76,5% in dieci anni. Risultato: vivere in città è diventato quasi impossibile, soprattutto per chi guadagna uno stipendio vicino al salario minimo.

Per sostenere il rilancio culturale, il Comune e il governo catalano hanno stanziato fondi importanti: 100 milioni di euro per il restyling del MNAC e 5 milioni per l’ampliamento del Museo d’Arte Contemporanea (MACBA). L’obiettivo? Creare un ecosistema artistico attrattivo e competitivo con quello delle capitali europee. Ma, a sorpresa, Barcellona guarda non a Madrid o Londra, bensì a… Miami. “La città era nota per Miami Vice, feste e droghe. Poi è arrivata Art Basel e ha cambiato tutto”, spiega Hernández. Il parallelo è audace, ma efficace: l’arte come chiave per una metamorfosi urbana.
La scommessa è che il turismo culturale non solo sia più sostenibile, ma anche più rispettoso. Elisenda Poch, coordinatrice del CCCB, lo dice chiaramente: “I turisti che vengono per l’arte sono più genuinamente interessati al contesto. Meno invasivi, più consapevoli”. Il CCCB è uno degli esempi virtuosi. Con oltre la metà dei visitatori provenienti dalla città o dal resto della Spagna, è riuscito a mantenere un legame solido con il quartiere — El Raval, storicamente vulnerabile all’impatto del turismo massivo — pur partecipando a dialoghi internazionali. Nonostante un leggero calo nei numeri complessivi (-0,7% nel 2024), la durata media dei soggiorni è aumentata (+3%) e la spesa totale dei turisti ha toccato i 10 miliardi di euro, con un +8,7% nella spesa media per visitatore. Un chiaro segnale che puntare sulla qualità paga.
Con il nuovo slogan “Això és Barcelona” (Questa è Barcellona), la città lancia il suo messaggio al mondo: non basta più visitare, ora è il momento di scoprire.