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Addio al Nobel Mario Vargas Llosa, gigante della letteratura latinoamericana

Lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa a Madrid, in Spagna, il 7 ottobre 2009. Credits: Pierre-Philippe Marcou
Lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa a Madrid, in Spagna, il 7 ottobre 2009. Credits: Pierre-Philippe Marcou
Se n’è andato uno degli ultimi grandi titani della narrativa del Novecento. Mario Vargas Llosa, scrittore peruviano, premio Nobel per la Letteratura nel 2010

Lo scrittore è morto a Lima all’età di 89 anni. La notizia è stata diffusa con una nota dai figli Álvaro, Gonzalo e Morgana, che hanno ricordato il padre come un uomo dalla vita “lunga, varia e fruttuosa” e un autore destinato a sopravvivere attraverso la sua opera. Tra i nomi imprescindibili del boom letterario latinoamericano, Vargas Llosa ha firmato capolavori come La festa della capra, Conversazione nella cattedrale e La guerra della fine del mondo, romanzi che hanno attraversato i confini del Perù per parlare al mondo intero.

“Non ci sarà alcuna cerimonia pubblica. Rispetteremo il suo desiderio: i suoi resti saranno cremati. Vogliamo salutarlo in famiglia, con discrezione”, hanno dichiarato i figli.

Vargas Llosa sapeva fin da giovane che avrebbe dedicato la sua vita alla scrittura. E così fece, con una disciplina ferrea, quasi militare, che lo accompagnò fino all’ultimo. Ma fu anche una figura divisiva, intellettualmente coraggiosa, capace di spaccare l’opinione pubblica come pochi scrittori occidentali dopo Jean-Paul Sartre — il suo primo grande modello, nonostante in seguito ne abbia criticato l’impianto ideologico.

La sua fu una penna militante, sempre immersa nella realtà. Non a caso, nel 1990 si candidò persino alla presidenza del Perù. Fu sconfitto da Alberto Fujimori, ma quell’esperienza restò una pietra miliare nella sua vicenda pubblica.

Nel corso della sua carriera Vargas Llosa ha prodotto un corpus letterario imponente: 20 romanzi, 10 opere teatrali, 14 volumi di saggi, racconti, cronache, memorie e centinaia di articoli. Una produzione monumentale che oggi rappresenta un’eredità culturale per l’intera umanità.

Nato il 28 marzo 1936 ad Arequipa, nel sud del Perù, Jorge Mario Pedro Vargas Llosa visse lì solo un anno. L’infanzia proseguì in Bolivia, dove il piccolo Mario trovò un’oasi di pace nella casa del nonno. Poi però il sucessivo ritorno in Perù, nella città di Piura, segnò una cesura netta: lì, tra caldo soffocante e notti di rivelazioni dolorose, scoprì che il padre che credeva morto era invece vivo — e pronto a riprendersi il suo ruolo, con severità e autoritarismo.

“È possibile che la mia vocazione di scrittore sia nata proprio in quel momento”, confessò in seguito Vargas Llosa.

Perché fu da quel trauma e da quella lotta interna che scaturì una delle voci più lucide, complesse e passionali della letteratura ispanoamericana. La scrittura fu per lui infatti fu un atto di ribellione, ma anche di amore per la libertà, per la verità, per le sfumature della condizione umana.

Con la sua morte, si chiude un capitolo importante della letteratura. Ma le sue storie – con la loro audace e fresca voce – non smetteranno di parlare al mondo.

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