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Il Grand Egyptian Museum: una rinascita faraonica nel cuore del deserto

L'atrio, chiamato Grande Sala, è dominato da una colossale statua di Ramses II, rimasta per mezzo secolo in una rotatoria nel centro del Cairo prima di essere faticosamente trasportata nella nuova sede del museo nel 2006.
Avvicinandosi all’ingresso principale del museo. (Nella piazza si trova un obelisco eretto su una base di granito, che consente di ammirare il cartiglio – un ovale contenente il nome reale in geroglifici – di Ramses II)
A pochi passi dalle leggendarie piramidi di Giza, tra i venti caldi del deserto e la luce abbacinante del sole egiziano, sorge un’opera architettonica che ha sfidato il tempo, le rivoluzioni e perfino le pandemie. Non è un monumento antico, ma qualcosa di straordinariamente moderno: il Grand Egyptian Museum, il più ambizioso progetto museale del XXI secolo.

Annunciato oltre trent’anni fa e atteso con trepidazione da tutto il mondo, questo museo non è solo una vetrina della civiltà egizia: è un atto d’amore verso una delle culture più affascinanti della storia umana.

Proposto per la prima volta nel 1992 dall’allora presidente Hosni Mubarak, il Grand Egyptian Museum ha conosciuto un percorso di realizzazione che ha poco da invidiare alle antiche imprese faraoniche. Tra crisi economiche, instabilità politiche, la Primavera Araba, la pandemia e i conflitti regionali, i lavori hanno subito rallentamenti che hanno alimentato un’aura quasi mitologica attorno all’edificio.

Il paragone con le piramidi è inevitabile: la Grande Piramide di Giza fu completata in circa 25 anni; il museo, dopo oltre 20 anni di lavori, si appresta solo ora a svelarsi pienamente al mondo.

Motivi geroglifici e pietra traslucida ornano l’esterno dell’edificio.

Progettato dallo studio Heneghan Peng Architects di Dublino, il museo è un capolavoro architettonico dal forte impatto visivo: linee pure, superfici scolpite dalla luce, una geometria che richiama i canoni dell’antico Egitto pur parlando un linguaggio assolutamente contemporaneo. Il suo ingresso piramidale, tutt’altro che discreto, introduce i visitatori a un viaggio nel tempo.

Ad accogliere gli ospiti nell’atrio principale è la maestosa statua di Ramses II, alta oltre 9 metri, ricollocata con grande perizia dopo aver dominato per decenni una rotatoria nel centro del Cairo. Poco oltre, la Grand Staircase conduce tra colonne, statue e sarcofagi che sembrano scandire una liturgia visiva destinata a culminare in un’emozione: la vista perfettamente incorniciata delle piramidi di Giza attraverso una parete di vetro a tutta altezza.

Le 12 gallerie principali del museo – 11 delle quali già accessibili – offrono un’esplorazione cronologica e tematica dell’antico Egitto, dalla preistoria all’epoca romana. Più che una semplice esposizione, l’allestimento è un racconto avvincente, costruito con rigore scientifico e sensibilità estetica.

Un ingresso piramidale conduce al grande atrio.

Tra le innumerevoli meraviglie: una parrucca di 3.100 anni fa fatta di capelli umani intrecciati; un coccodrillo mummificato di dimensioni sorprendenti; la suggestiva distesa di ushabti, piccole statuette blu che fungevano da servitori nell’aldilà.

E poi c’è l’attesa per le gallerie dedicate a Tutankhamon – oltre 5.000 oggetti provenienti dalla tomba del celebre “faraone bambino” – che promettono di diventare l’epicentro emozionale del museo. Il loro allestimento è previsto per l’estate, con una cerimonia d’apertura fissata, per ora, al 3 luglio.

Il Grand Egyptian Museum non è l’unico attore sulla scena museale del Cairo. A completare il triangolo d’oro della cultura ci sono lo storico Museo Egizio di Piazza Tahrir, in stile Beaux-Arts, e il più recente Museo Nazionale della Civiltà Egizia, inaugurato completamente nel 2021, noto soprattutto per l’esposizione delle mummie reali.

Ma è indubbio che il nuovo museo, con la sua imponenza fisica e concettuale, rappresenti oggi un unicum. Non solo per la vastità della collezione o per l’audacia dell’architettura, ma per il suo valore simbolico: un ponte tra il glorioso passato dell’Egitto e il suo desiderio di raccontarsi al mondo in chiave contemporanea.

L’atrio, chiamato Grande Sala, è dominato da una colossale statua di Ramses II, rimasta per mezzo secolo in una rotatoria nel centro del Cairo prima di essere faticosamente trasportata nella nuova sede del museo nel 2006.

Dopo anni di attese, delusioni e promesse rinviate, passeggiare tra le sue gallerie è come attraversare una soglia temporale. Non solo si esplora la storia, la si abita. Il silenzio ovattato delle sale, la luce dorata che accarezza le pietre antiche, la vista delle piramidi sullo sfondo… Tutto concorre a un’esperienza che va oltre la visita museale. È una forma di pellegrinaggio estetico e spirituale.

Forse, come accadde millenni fa per i grandi monumenti dell’Antico Regno, anche questo museo doveva maturare con lentezza. Perché alcune opere – le più grandi – esistono fuori dal tempo. Come il Grand Egyptian Museum.

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