
Alla Fondazione Accorsi Ometto di Torino, la mostra “Carol Rama. Geniale sregolatezza“, dedicata all’opera della grande artista torinese a dieci anni dalla sua scomparsa
Curata da Francesco Poli e Luca Motto, la mostra ripercorre tutto il cammino artistico e di ricerca di Carol Rama, dagli acquerelli erotici degli anni trenta fino agli ultimi anni. Si tratta di una mostra molto ben articolata, forse la più esaustiva e completa sul lavoro dell’artista mai realizzata fino ad ora.
Il percorso espositivo conta un centinaio di opere, suddivise in diverse sezioni. Si parte dagli acquerelli già citati, per arrivare alle opere in chiave espressionista degli anni quaranta. Segue una sezione dedicata alle opere astratte e poi informali degli anni cinquanta e un’altra dove trovano spazio i bricolage, nei quali l’artista mescola a tele e colori materici elementi di oggetti della vita quotidiana, come occhi di bambola, tappi di gomma, siringhe e altro, approdando così a risultati di grande effetto estetico e simbolico. Si passa poi alle gomme degli anni settanta, dove gli pneumatici sgonfi sono apposti su tele monocrome di grandi dimensioni. Il viaggio attraverso le opere di Carol Rama si conclude poi con il ritorno al figurativo degli anni ottanta e novanta, in opere dalla forte portata simbolica, in cui l’artista dà vita a un proprio mondo onirico e fantastico popolato da persone, animali, ma anche angeli e creature nate dalla sua prolifica fantasia. La mostra si conclude con una sezione dedicata alle opere sul morbo della mucca pazza, particolarmente intense e dal linguaggio crudo, atto a colpire l’immaginario di chi guarda.


Completa la mostra una serie di dodici fotografie di Bepi Ghiotti, che la ritrasse nel suo studio tra il 2012 e il 2015, poco prima della sua morte. La sezione s’intitola Inside Carol Rama e costituisce un elemento importante della mostra, perché permette di gettare uno sguardo sul personaggio e sull’ambiente in cui viveva e lavorava.
Carol Rama è un indiscusso personaggio fortissimo, che fu capace di mettere d’accordo più tendenze e diverse sensibilità nei confronti dell’arte contemporanea, pur senza mai rinunciare al suo personalissimo linguaggio dal tono quasi di sfida, spesso e volentieri provocatorio, drammatico ma anche, insieme, ironico. Pur attraversando le diverse correnti a lei coeve, dall’espressionismo all’informale, Carol Rama seppe infatti sempre “fare suo” e tradurre ciò che vedeva e viveva in un linguaggio estremamente riconoscibile, tagliente e dalla forza tutta femminile, spietata e insieme carica di sentimento, capace di affascinare i fruitori travolgendoli con una miriade di riferimenti e complesse costruzioni formali, sempre tese tra il giocoso, l’ironico e la cruda visione della realtà, del corpo, della sensibilità umana.
Artista internazionale, che dal suo studio di via Napione a Torino arrivò a conquistare tutto il mondo e poi a ricevere il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia del 2003, Rama aveva l’apparenza di essere lei stessa una creatura onirica, quasi stregonesca nel senso buono della Baba yaga ispiratrice. Fu una donna che corre con i lupi, parafrasando il titolo di un noto libro di qualche anno fa. Senza mai essere ridondante o retorica, anzi, privilegiando sempre un linguaggio asciutto, che non fece mai sconti, diede vita a un immaginario geniale, tutto suo, che rende le sue opere ancora sempre molto amate dal pubblico e dagli esperti.
