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In UK “l’arte sta scomparendo dalle scuole”. E in Italia invece?

I sostenitori del rapporto hanno partecipato alla presentazione del rapporto ieri al Parlamento. Da sinistra a destra: Ruth Cadbury, parlamentare; Exodus Crooks, artista; Cat Eccles, parlamentare e presidente del Gruppo Parlamentare Interpartitico; Larry Achiampong, artista; Charlotte Warne Thomas, artista; Sutapa Biswas, artista; Eva Langret, direttrice di Frieze London, Matt Crossick I sostenitori del rapporto hanno partecipato alla presentazione del rapporto ieri al Parlamento. Da sinistra a destra: Ruth Cadbury, parlamentare; Exodus Crooks, artista; Cat Eccles, parlamentare e presidente del Gruppo Parlamentare Interpartitico; Larry Achiampong, artista; Charlotte Warne Thomas, artista; Sutapa Biswas, artista; Eva Langret, direttrice di Frieze London
I sostenitori del rapporto sul futuro delle arti. Da sinistra a destra: Ruth Cadbury, parlamentare; Exodus Crooks, artista; Cat Eccles, parlamentare e presidente del Gruppo Parlamentare Interpartitico; Larry Achiampong, artista; Charlotte Warne Thomas, artista; Sutapa Biswas, artista; Eva Langret, direttrice di Frieze London, Matt Crossick
Un grido d’allarme si leva dal cuore della cultura britannica. Un nuovo rapporto, sostenuto da importanti artisti come Tracey Emin e Larry Achiampong, e da numerosi parlamentari, invita il governo del Regno Unito a correre ai ripari: servono investimenti urgenti nelle arti visive e un’inversione dei tagli che negli ultimi anni hanno impoverito l’offerta educativa.

Presentato ieri al Parlamento, il documento “Framing the Future: The Political Case for Strengthening the Visual Arts Ecosystem” chiede la creazione di un fondo di 5 milioni di sterline per garantire spazi di studio accessibili agli artisti e sostiene la necessità di rilanciare l’educazione artistica, oggi sempre più marginalizzata. Il rapporto, redatto da Eliza Easton per conto di una coalizione di enti come Contemporary Visual Arts England (CVAN) e Design and Artists Copyright Society (DACS), traccia quattro linee d’azione: dal sostegno diretto a piccoli spazi e gallerie indipendenti, alla creazione di un fondo nazionale per gli investimenti culturali, fino al rafforzamento dell’educazione artistica per le nuove generazioni.

Framing the Future: The Political Case for Strengthening the Visual Arts Ecosystem

“La creatività è un patrimonio nazionale, ma senza supporto rischia di svanire”, avverte Tracey Emin. Achiampong rincara la dose: “Le arti stanno scomparendo, soprattutto nelle scuole pubbliche: un privilegio riservato ormai solo a chi può permetterselo”.

Con la Spending Review di giugno all’orizzonte, il mondo dell’arte britannico guarda al governo, chiedendo azioni concrete: incentivi fiscali, una tassa turistica per finanziare la cultura, meno burocrazia per il mercato dell’arte. Una sfida cruciale per un settore che, oltre a plasmare l’identità culturale, contribuisce significativamente all’economia nazionale.

Lo scenario britannico tuttavia non è isolato. Anche in Italia, infatti, la centralità dell’educazione artistica appare sempre più sfumata, nonostante una tradizione culturale senza pari.

Già nel secolo scorso, il grande storico dell’arte Roberto Longhi ammoniva: “familiarizzare con il linguaggio dell’arte dovrebbe avvenire fin dall’infanzia, come accade per la lingua letteraria”. Un monito rimasto largamente inascoltato. Ancora oggi, infatti, la Storia dell’arte rimane una materia ancillare, introdotta tardi e con poche ore settimanali, anche nei licei.

La battaglia per l’insegnamento dell’arte affonda le radici nel Novecento: dibattiti accesi, articoli come quello pubblicato nel 1899 da Enrico Panzacchi sul Corriere della Sera, riflettevano già allora l’urgenza di radicare la conoscenza artistica nei programmi scolastici. Tuttavia, nonostante la Riforma Gentile del 1923 avesse ufficialmente inserito la disciplina nei licei classici, l’arte è rimasta spesso come una Cenerentola tra le materie scolastiche, come la definì lo storico dell’arte Adolfo Venturi.

Oggi, le linee guida del Ministero parlano chiaro: sviluppare il pensiero critico, contestualizzare storicamente le opere, avvicinare i giovani al patrimonio culturale. Ma nella pratica? Nei tecnici e nei professionali l’arte viene ancora esclusa o marginalizzata, persino in settori dove sarebbe naturale, come il Made in Italy o lo spettacolo.

La riforma Gentile nelle scuole. Fonte: Getty Images

Associazioni come ANISA continuano a denunciare i tagli e l’insufficiente valorizzazione della disciplina. E se nel 2014 un protocollo d’intesa fra i Ministeri prometteva più attenzione al patrimonio culturale, la sua attuazione è rimasta parziale. Solo nel 2024, con la commissione istituita dal Ministro Giuseppe Valditara, e guidata da Loredana Perla, sembra intravedersi una possibilità di rilancio: nuove linee guida per dare finalmente più spazio all’arte e alla musica a scuola.

Una sfida fondamentale, perché — come ci ricorda Susanne Adina Meyer, storica dell’arte e docente di museologia, critica artistica e del restauro, citando il poeta Enrico Panzacchi“per amare bisogna conoscere”: senza educazione artistica, si perde il legame profondo con il nostro patrimonio e, con esso, il senso stesso di appartenenza culturale.

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