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Biennale Architettura 2025. Il paradiso del diavolo

Padiglione Centrale, Biennale Architettura 2025 Padiglione Centrale, Biennale Architettura 2025
Padiglione Centrale, Biennale Architettura 2025
Padiglione Centrale, Biennale Architettura 2025
Una dissacrante riflessione sulle dinamiche che regnano nella Biennale (Architettura, ora) politicamente corretta

Son tornate a fiorire le rose… ma non hanno profumo per me… Sono infatti qui a parlavi, riluttante, della Biennale Architettura 2025. Riluttante non solo per la mia ormai tragica pigrizia ma, soprattutto, per via dell’incredibile escalation che l’importante manifestazione ha via via assunto nell’affrontare i temi del climate change (e fotti) e dello slittamento antropologico nel corso degli ultimi anni e di cui vi ho puntualmente raccontato.

Così recalcitrante che le mie gambe, parafrasando l’inarrivabile Gino De Dominicis, si sono rifiutate di andare a Venezia a presenziare a quell’incredibile teatro dell’assurdo che certifica, almeno per me, lo smarrimento del Senno che, come Astolfo, andrò a ritrovare sulla luna, magari sull’Ippogrifo di Elon il Ketaminico. In occasione della conferenza stampa già vi avevo anticipato la missione escatologica che viene ad assumere l’architettura prefigurando un destino anti specista al disgraziato genere umano.

Causa ambientale

E se pensate che sto delirando vi ricordo le dichiarazioni che la dottoressa Paola Antonelli – senior curator del dipartimento di architettura e design e direttrice di ricerca e sviluppo del M.O.M.A di N.Y. ora nominata nella Giuria internazionale della B.A. 2025 – rilasciò in occasione della mostra da Lei curata, Broken Nature: Designer Takes on HUMAN Survival presso La Triennale, nel lontano marzo del 2019. Ecce Verbum: “anche a chi crede che la specie umana si estinguerà in un futuro, il design gli offre gli strumenti per progettare una fine più elegante, ci può aiutare a far sì che la prossima specie dominante ci ricordi con rispetto, come esseri dignitosi, responsabili e intelligenti”.

Affidereste l’educazione dei vostri pargoli a chi ha nella zucca simili idee? Tutta ’sta storia del Green e dell’ibridazione intra specie e IA mi ricorda un bel libro di J.G. Ballard, Il paradiso del Diavolo. Vi si narra di una svalvolata ambientalista che, piazzatasi in un atollo del Pacifico per salvare l’albatro a rischio estinzione, diventa un riferimento internazionale per i sostenitori della causa ambientale. La tentazione di creare il paradiso in terra si trasforma in un incubo in primis per la specie umana. Insomma “la parte più sana della società”, i migliori, quelli che hanno la verità in tasca, danno segni di totale follia. La via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.

Il tempo della storia

Questo il mood, la maionese è impazzita e il pesce puzza dalla testa. Incredibilmente sono le menti più brillanti e posizionate nei posti apicali a propalare queste “verità” apodittiche. I postulati scientifici e le granitiche certezze culturali sulle quali si fonda la narrazione dell’antropocene stanno svaporando insieme ai fumi che hanno ottenebrato le menti e, finalmente altre “verità” assumono dignità intellettuale. La revisione dei modelli previsionali sul clima, della reale incidenza della CO2, delle cause dei cicli di riscaldamento globale, insieme ad altri numerosi fattori, confutano la corrente e diffusissima narrazione green circa il ruolo nefasto e malefico dell’Homino Bianco.

Capisco che una manifestazione così complessa come la Biennale abbia un tempo di gestazione lungo e che quindi possa arrivare “tardi” rispetto alla cronaca incalzante ma, paradossalmente, proprio perché la mission della Biennale è, o dovrebbe essere, di intercettare quel che ancora non si percepisce ma che già sobbolle, ecco che l’insistenza e l’accelerazione sui temi antropo-ambientalisti declinati al limite del paranoide, suona un po’ discrasica.

Santa Madre Chiesa, si parva licet, ci ha dimostrato in questi giorni, come si possano conciliare i tempi lunghi, in quel caso dell’eterno, e il tempo della storia. La stramaledetta narrazione che vede l’homo occidentalis, bianco, predatore dell’orbe terraqueo tutto e degli esseri umani in quanto minoranze – linguistiche, religiose, etniche e culturali – sta finalmente rivelandosi per quel che è: ideologia in purezza (copy Riccardo Ruggeri, Zafferano news).

Cantate lungo lo cammino, grande è la meta, ite in fila longobarda, omini di poca fede…

Paradisiaci saluti

L.d.R.

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