Print Friendly and PDF

Chi conosce Frida Kahlo, l’icona che ancora parla al mondo?

Frida Kahlo. Courtesy of Getty Images
Frida Kahlo. Courtesy of Getty Images
Settant’anni dopo la sua scomparsa, il mondo non ha ancora smesso di innamorarsi di Frida Kahlo. C’è qualcosa in lei che continua a parlare al presente: uno sguardo che sfida, un dolore che vibra sulla tela, un’immagine che non smette di trasformarsi. Frida è ovunque, eppure ci sfugge sempre un po’. Forse perché dietro l’icona si nasconde ancora una donna da scoprire. E oggi, più che mai, mostre, studi e racconti tornano a interrogarla.

Nel 2026, la Tate Modern di Londra celebrerà il mito con “Frida Kahlo: The Making of an Icon”, una mostra monumentale che raccoglierà oltre 130 opere, fotografie, cimeli e documenti d’archivio. Un percorso immersivo che promette di svelare nuove sfaccettature della pittrice messicana, andando oltre la leggenda e ricostruendo il fenomeno culturale che ha reso Frida un’icona eterna.

Non è la prima volta che il mondo dell’arte esplora la vita personale dell’artista: già nel 2018, il V&A di Londra aveva dedicato a Kahlo una mostra sui suoi abiti e oggetti intimi, mentre l’Art Institute di Chicago ha recentemente indagato il suo soggiorno parigino del 1939. Parallelamente, biografie, film premiati, documentari e persino esperienze immersive hanno cercato di catturare la complessità di una donna che ha trasformato il dolore in pittura e la vita in arte.

Il 2024 ha segnato anche un passaggio cruciale: le opere di Kahlo sono entrate nel pubblico dominio in gran parte del mondo. Un evento che spalanca le porte a nuovi progetti creativi ispirati al suo lavoro. D’altronde, Frida continua a parlarci — e ora può farlo anche attraverso la visione di artisti contemporanei.

Ma dietro l’icona c’è la carne e il sangue di una donna che ha sofferto profondamente. Nuove analisi mediche, come quella del Guttmann Institute, offrono una lettura più precisa delle sue condizioni: non solo fratture multiple e dolori cronici dopo un terribile incidente stradale a 18 anni, ma una possibile sindrome della cauda equina, una grave patologia neurologica. La sua arte, densa di simbolismo e sofferenza, ne esce ulteriormente illuminata, come se quei dipinti così viscerali ci parlassero ancora più direttamente del suo vissuto.

Un visitatore ammira il dipinto La colonna spezzata dell’artista messicana Frida Kahlo al museo Martin-Gropius-Bau di Berlino nel 2010. Credits: John Macdougall. Courtesy of Getty Images.

È anche per questo che oggi si torna a chiedersi: conosciamo davvero Frida Kahlo? Non l’icona stampata sulle borse, né la martire romantica, ma la persona dietro l’immagine. Mostre recenti come “Frida: Beyond the Myth” al Dallas Museum of Art — ora in tournée al Virginia Museum of Fine Arts — hanno provato a rispondere a questa domanda con delicatezza e profondità. Tra opere, fotografie e lettere, i curatori hanno ricostruito la sua storia passo dopo passo, restituendoci un ritratto più intimo, umano, sorprendente.

Ma mentre i musei cercano di restituirci una Frida più autentica, fatta di chiaroscuri e complessità, la sua figura continua a suscitare tensioni nel mondo contemporaneo. A maggio, Madonna ha dichiarato di aver “provato i suoi vestiti e gioielli” durante una visita in Messico. L’affermazione — poi smentita dal Museo Frida Kahlo, che ha chiarito che la cantante non aveva mai messo piede nella Casa Azul — ha scatenato un’ondata di critiche sul privilegio e sull’appropriazione dell’intimità dell’artista. Un episodio che conferma quanto Frida sia ancora oggi un simbolo conteso, potente, vivo.

I visitatori ammirano una riproduzione de ” La Tavola Ferita” di Frida Kahlo durante una mostra del 2017 su Kahlo e Diego Rivera al Centro Culturale ZAMEK di Poznań, in Polonia. Foto: AFP/Janek Skarzynski.

Anche la sua opera continua a custodire enigmi. “La tavola ferita” (1939), una delle sue tele più ambiziose e dense di significato, è scomparso dopo essere stato donato all’Unione Sovietica. Troppo surrealista per i gusti del regime, non fu mai restituito, e il suo destino rimane un mistero.

Nonostante sia spesso associata al Surrealismo, Kahlo non si è mai riconosciuta in quel movimento. Pur condividendo con i surrealisti la fusione tra sogno e realtà, respingeva le etichette. In una lettera al fotografo Nickolas Muray, scritta nel febbraio 1939 dopo una mostra a Parigi, raccontava con sarcasmo il fastidio provato per l’ambiente intellettuale parigino, criticando gli artisti che affollavano i caffè “a parlare per ore di teorie”. Rivolse parole pungenti anche ad André Breton, padre del movimento, che l’aveva invitata a esporre alla mostra “Mexique”. Kahlo rimase amareggiata dal modo in cui le sue opere erano state presentate, mescolate a oggetti folkloristici che, a suo giudizio, ne sminuivano il valore.

A restituirci oggi la voce più vera di Frida ci prova anche il documentario Frida, presentato al Sundance 2024 e diretto da Carla Gutiérrez. Attraverso le sue parole — tratte da lettere, saggi e diari — e l’animazione poetica di due artiste messicane, il film costruisce un ritratto emotivo e vivido, fedele allo spirito indomito dell’artista. Una donna vulnerabile, ma mai domata.

Frida Kahlo. Courtesy of Amazon Studios.

E se da una parte c’è chi la celebra, dall’altra c’è chi la sfrutta. La Frida Kahlo Corporation, guidata dalla nipote Isolda Pinedo Kahlo, continua a lottare contro la contraffazione e l’uso non autorizzato della sua immagine. Ma le controversie legali spesso si scontrano con la percezione collettiva di Frida come bene comune, figura popolare e ispirazione universale, amata anche da artigiani e artisti indipendenti che, a loro dire, “lei stessa avrebbe sostenuto”.

Frida Kahlo non appartiene più a un museo, a una nazione, a una definizione. È diventata qualcosa di più: un simbolo senza tempo, una voce che parla ancora, ora che le sue opere sono libere, ora che la sua verità si fa più chiara. E che ci sfida, ogni volta, a guardarla davvero negli occhi.

Commenta con Facebook