
Credits: Steven Molina Contreras
Una donna nera alta 3,6 metri campeggia nel cuore di Times Square. È fiera, impassibile, con le mani sui fianchi. Non si muove, ma muove il dibattito culturale come poche altre opere d’arte negli ultimi anni. Perché fa così paura questa scultura?
La statua si intitola Grounded in the Stars ed è opera dell’artista britannico Thomas J. Price. Da quando è stata installata a Times Square, è diventata bersaglio di critiche feroci, meme razzisti e polemiche infuocate sui social. Su X (ex Twitter), alcuni post l’hanno definita “il simbolo di una società malata” e un “segno della morte della civilt mià occidentale”. Parole forti, che fanno sembrare questa figura in bronzo molto più di una semplice scultura. Ma cosa rappresenta davvero? E soprattutto, perché suscita una reazione così visceralmente negativa?
A infastidire, probabilmente, non è tanto cosa rappresenta la statua, ma chi. La figura ritratta da Price non è una celebrità, né un’eroina storica. È una donna nera comune, vestita con abiti ordinari, scarpe da ginnastica consunte, la maglietta che sale un po’ troppo sulla vita. Una presenza quotidiana resa monumentale. Un corpo che non chiede di essere approvato: ma esiste, punto.
Accanto a lei, svettano le statue ben più canoniche di due uomini bianchi: il prete cattolico Francis P. Duffy e il drammaturgo George M. Cohan. Le loro sono presenze permanenti. Grounded in the Stars, invece, verrà smantellata il 17 giugno. Il messaggio è chiaro. Questa non è la solita statua. Non celebra potere, conquista o gloria militare. Celebra la presenza. La normalità. E proprio per questo è rivoluzionaria.
Le critiche più dure arrivano dal mondo conservatore. David Marcus, editorialista di Fox News, ha scritto che l’opera rappresenta “i nodi mentali in cui la sinistra si è autoimprigionata”. Altri post razzisti l’hanno associata – con immagini AI e fotomontaggi volgari – a stereotipi offensivi, addirittura arrivando a ridicolizzarla.

Thomas J. Price da oltre dieci anni scolpisce figure nere impegnate in gesti quotidiani: controllano il telefono, aspettano, camminano. I loro sguardi sono neutri, assenti, mai compiacenti. Non cercano lo spettatore. Esistono anche – e soprattutto – senza di lui. Il suo stile, sobrio e diretto, richiama tanto le statue egizie quanto il fotorealismo americano degli anni ’60, in particolare le opere di Duane Hanson. Ma mentre Hanson immortalava operai e passanti con resina dipinta a mano, Price usa il bronzo, materia nobile e “da monumento”. Una scelta tanto simbolica quanto estetica.
Dal 2020, poi – anno delle proteste di Black Lives Matter e dell’abbattimento di molte statue coloniali e confederate, le opere di Price sono state interpretate come “contro-monumenti”: risposte visive a una tradizione celebrativa dominata da figure bianche, spesso compromesse con la schiavitù e il razzismo sistemico.
Lo stesso Price ha dichiarato: “Sappiamo come dovrebbero apparire [i monumenti], e questa statua non appare così”.

Ed è proprio questo che manda su tutte le furie molti commentatori di destra. Lo scorso gennaio, Donald Trump ha rilanciato il progetto per un National Garden of American Heroes, un parco con 250 statue “realistiche” di figure storiche americane. Un modo per conservare, scolpiti nella pietra, valori e narrazioni del passato. Per finanziare l’impresa, l’ex presidente ha proposto di tagliare fondi al National Endowment for the Arts e alle Humanities.
Ma la storia cambia. E cambiano anche i volti che scegliamo di scolpire nel bronzo. Grounded in the Stars è una sfida lanciata a chi preferirebbe che certe presenze restassero invisibili. È una donna che non abbassa lo sguardo. Non sorride. Non chiede il permesso di esistere.
In un editoriale, David Marcus ha chiesto provocatoriamente: “Se dobbiamo avere la donna nera arrabbiata, possiamo almeno riavere Teddy Roosevelt?”. Si riferiva alla statua dell’ex presidente rimossa nel 2022 dal Museo di Storia Naturale di New York, per via del suo simbolismo razzista. La risposta a quella domanda è lì, davanti a tutti, in mezzo alla piazza più affollata del mondo. Non si muove. Ma fa muovere pensieri, emozioni e coscienze. E forse è proprio questo che spaventa di più.













