
In un tempo in cui l’eccesso d’informazione ha reso la nostra soglia di attenzione sempre più fragile e superficiale, dove le immagini scorrono a un ritmo incessante e l’atto del guardare ha spesso perso profondità, “Une simple histoire” si propone come un controcanto delicato ma necessario.
Una mostra che non urla, non si affolla di concetti o sovrastrutture, ma affida il suo messaggio a un tono basso, poetico, meditativo. E proprio per questo, riesce a toccare corde profonde.
Protagonisti di questo progetto – on display fino al 20 giugno 2025 presso la Andrea Festa Fine Art di Roma e a cura di Domenico de Chirico – sono Leo Orta, artista francese la cui ricerca si muove al confine tra scultura, design e filosofia ecologica, e Gao Xintong, giovane pittrice cinese che, attraverso una raffinata sintesi di tradizione orientale e visioni contemporanee, indaga il paesaggio interiore, il tempo, il vuoto, la spiritualità.
Le loro opere – così diverse per linguaggio, materiali e riferimenti – dialogano sorprendentemente in una tensione condivisa: quella di dare forma all’invisibile, restituendo al pubblico un’esperienza che non si limita alla visione, ma coinvolge il corpo, la memoria, lo spirito. Nelle sculture materiche e mutanti di Orta si percepisce il respiro della terra, la fragilità del vivente, il bisogno urgente di riconciliazione tra essere umano e ambiente. Nelle tele fluttuanti di Gao, invece, il gesto pittorico si fa vibrazione, energia, paesaggio mentale: una forma visiva di meditazione, dove il pieno e il vuoto non si oppongono, ma si completano.

“Une simple histoire” non è solo una mostra, ma un’esperienza di attraversamento. Una pausa. Un momento per fermarsi a contemplare senza l’ossessione di comprendere tutto, per lasciarsi coinvolgere da forme che parlano la lingua dell’essenziale, dell’intimo, del non detto. È un invito a ritrovare un modo di osservare più profondo, che passa dal sentire prima ancora che dal capire.
E così, in un’epoca che premia la velocità e il clamore, questa mostra sceglie la via meno battuta: quella della discrezione, del silenzio che risuona, della semplicità che — lungi dall’essere ingenua — si rivela come la forma più radicale e generosa di resistenza. Un racconto quieto e intenso, che ci ricorda che a volte, per vedere davvero, occorre chiudere gli occhi e ascoltare.














