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A Cannes il ritratto animato di Marcel Pagnol. Intervista a Sylvain Chomet

Sylvain Chomet, Marcel et Monsieur Pagnol, presentato a Cannes Sylvain Chomet, Marcel et Monsieur Pagnol, presentato a Cannes
Sylvain Chomet, Marcel et Monsieur Pagnol, presentato a Cannes
Sylvain Chomet, Marcel et Monsieur Pagnol, presentato a Cannes
In una intervista fiume Sylvain Chomet racconta ad Artlife la storia di un cartone raffinatissimo destinato ad adulti e bambini – A Magnificent Life

Il film di Sylvain Chomet, “Marcel et Monsieur Pagnol”, è un’opera animata che esplora la vita e l’eredità del celebre scrittore e regista francese Marcel Pagnol. Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2025, il film combina elementi biografici con una narrazione poetica, offrendo uno sguardo intimo sulla mente creativa di Pagnol.

Ambientato nel 1955, il film segue Marcel Pagnol, un drammaturgo e cineasta di successo, mentre affronta una crisi creativa. Quando il direttore del magazine Elle gli chiede di scrivere una serie di articoli sulla sua infanzia, Pagnol si trova a confrontarsi con ricordi sfuggenti e dubbi sulle sue capacità. In questo momento di incertezza, appare una versione giovane di sé stesso, “il piccolo Marcel”, che lo guida attraverso i ricordi più significativi della sua vita, aiutandolo a riconnettersi con le sue radici e la sua passione per la narrazione.

Sylvain Chomet, autore acclamato per Le triplettes de Belleville e L’illusionniste, torna all’animazione con questo progetto, utilizzando uno stile visivo distintivo che fonde elementi vintage e poetici. Il film è stato realizzato con una combinazione di animazione digitale e tradizionale, mantenendo l’attenzione sui dettagli e sull’espressività dei personaggi. La colonna sonora è stata composta dall’italiano Stefano Bollani, mentre il rapper SCH ha contribuito con una canzone originale per i titoli di coda, creando un ponte tra la Marsiglia di Pagnol e quella contemporanea.

Marcel et Monsieur Pagnol è una coproduzione franco-belga-lussemburghese, con la partecipazione di What The Prod, Mediawan, Bidibul Productions e Walking The Dog. Il film è distribuito in Francia da Wild Bunch e negli Stati Uniti da Sony Pictures Classics, con una data di uscita prevista per il 15 ottobre 2025. In Italia ancora non è noto chi distribuirà il film, ma nella produzione figura anche Netflix.

Come è nato A Magnificent Life?
Il progetto non è nato perché una mattina mi sono svegliato dicendo: “Farò un biopic su Marcel Pagnol”. Otto anni fa, Nicolas Pagnol — suo nipote — insieme ai produttori Ashargin Poiré e Valérie Puech mi contattarono per chiedermi se mi piacesse Marcel Pagnol. E naturalmente ho risposto di sì, con entusiasmo! L’idea iniziale era quella di un documentario con sezioni animate che illustrassero momenti della sua vita. Ma io trovavo quel tipo di documentari ibridi un po’ incongruo: preferivo l’idea di un documentario puro, costruito solo con materiali d’archivio. Mi convinsero però ad animare due scene, una con Raimu, Fernandel e Pagnol, per cercare fondi e attirare altri produttori. E successe qualcosa di interessante: solo le scene animate suscitavano vera emozione. Tutti erano commossi nel vedere Pagnol, Raimu e Fernandel “tornare in vita”! Allora ho deciso di usare ciò che avevo imparato da quel lavoro per scrivere un vero e proprio film biografico interamente animato. Da lì ho realizzato un pilot, che ha catturato l’interesse di Aton Soumache e Lilian Eche. Hanno creduto nel progetto, trovato i finanziamenti… ed eccoci oggi in selezione ufficiale a Cannes. Mi piaceva davvero Marcel Pagnol, e più approfondivo la sua vita, più mi ci affezionavo. Anche il mio rapporto con Nicolas è stato da subito molto amichevole. Avevo detto che non avrei mai fatto un film del genere su Pagnol se non fosse stato coinvolto qualcuno della sua famiglia — una persona onesta, con cui poter stringere un vero legame. E in fondo, è proprio così che tutto è cominciato.

 

Sylvain Chomet, Marcel et Monsieur Pagnol, presentato a Cannes
Sylvain Chomet, Marcel et Monsieur Pagnol, presentato a Cannes

Qual è la sfida più grande in un progetto come questo?
Nell’animazione, la sfida più grande è sempre trovare i fondi per finanziare il film. A livello tecnico, era fondamentale per me che ogni dettaglio fosse preciso. Il film si svolge tra il 1805 e il 1874, un periodo in cui il mondo cambiava rapidamente: la moda, le automobili, il design… Volevo che fosse chiaro quanto il mondo stesse evolvendo — e questo vale anche per Marcel. È stata una sfida enorme.
L’altra grande difficoltà è stata rendere il film parlato. Era essenziale che tutto fosse ben recitato, che i personaggi avessero una recitazione convincente. Non è un cartone animato in cui i personaggi si inseguono: sono esseri umani che parlano, essenzialmente.

Anche il tono che hai dato al film mi è sembrato molto diverso rispetto ai tuoi precedenti.
Sì, i miei film precedenti erano muti. Tutto doveva essere espresso attraverso i gesti e il linguaggio del corpo. Qui invece parlano, hanno vere conversazioni. Anche se sono francesi, sono di Marsiglia — e i marsigliesi, un po’ come gli italiani, usano molto le mani quando parlano. Dovevamo rendere bene questo aspetto. Era importante che, ad esempio, i parigini non gesticolassero quanto i marsigliesi.

Ma hai provato a fare il film senza parole, e poi ti hanno spinto a inserire i dialoghi, oppure è stata una tua scelta?
No, no, no. Fin dall’inizio sapevo che sarebbe stato un film parlato. Sarebbe stato impossibile raccontare Marcel Pagnol senza usare le parole. Tutta la sua opera è fatta di dialoghi — ha scritto tantissimo per il teatro e per il cinema. Parlava continuamente. Sarebbe stato folle fare un film muto su di lui. Avrebbe potuto funzionare per Jacques Tati, che era essenzialmente un mimo, ma non per Pagnol. Se mi chiedessero di fare un film muto su Fellini, direi di no, non avrebbe senso.

Pagnol ti ha influenzato come autore oppure hai semplicemente accettato la sfida perché era un nome importante?
No, non l’ho fatto per la fama. Sì, è diventato una leggenda, ma la gente non sa quanto fosse moderno e quanto abbia contribuito al cinema. Ho accettato la sfida perché mi piaceva davvero. In molti aspetti della sua vita mi sono riconosciuto. Ad esempio, nel processo creativo, non sei mai sicuro di ciò che stai facendo finché qualcun altro non ti guarda e ti dice: “Sì, funziona”. Anche lui era sempre nel dubbio — e questo è salutare per chi crea. Devi mettere in discussione ciò che fai. Non sei Dio. Sei un essere umano che prova a fare qualcosa per altri esseri umani. Questo mi ha colpito. Era influenzato dai suoi amici, dalle sue amanti… Per esempio, fu la sua domestica a suggerirgli di ambientare una pièce a Marsiglia. Quando ho iniziato questo progetto, otto anni fa, avevo un’età diversa. Ma oggi ho la stessa età che aveva Marcel all’inizio del film: 61 anni. E poi c’è il suo rapporto con la madre. Molti bambini vedono la madre come una dea — soprattutto in Italia. Anche mia madre era molto creativa: dipingeva, faceva tante cose. Volevo sempre impressionarla. Così ho iniziato a disegnare, a mostrarle i miei disegni — e lei mi incoraggiava. Anche per Marcel era così. La differenza è che lui ha perso la madre a 15 anni, proprio quando un ragazzo diventa uomo. È stata una perdita enorme. E forse, anche i suoi rapporti futuri con le donne erano influenzati da questa assenza.

 

Sylvain Chomet, Marcel et Monsieur Pagnol, presentato a Cannes
Sylvain Chomet, Marcel et Monsieur Pagnol, presentato a Cannes

Visto che ti paragoni a lui, cosa pensi lascerai in eredità?
La mia eredità? Non lo so, non ci penso. Non sono ancora morto (ride, n.d.r.). Ovviamente. Beh, vorrei lasciare qualcosa di cui essere orgoglioso. È importante. Ogni film che faccio non è guidato da logiche commerciali.

Come dice il nonno a Marcel.
Esatto. Non conta il lavoro che fai, ma come lo fai, e quanto amore ci metti. Voglio lasciare pochi film, ma che possano cambiare la vita delle persone. Come ho fatto con Les Triplettes o L’illusionniste. Voglio toccare il cuore degli spettatori. Credo che, specialmente con questo film — ma anche con Les Triplettes — ognuno possa ritrovarsi in qualcosa. Ogni spettatore ha una storia diversa. Penso che parlerà al cuore delle persone per ragioni differenti: per Marsiglia, per il rapporto padre-figlio… C’è una scena molto forte in cui il padre non crede in lui, poi alla fine gli dice: “Bravo, figlio mio”. È molto emozionante. I padri osservano sempre i figli, danno consigli. Se scegli una carriera artistica, si preoccupano che tu possa rovinarti la vita. Quel momento in cui il padre lo riconosce è davvero toccante.

Ieri abbiamo visto il film di Richard Linklater su Godard, Nouvelle Vague, che parla anch’esso del processo creativo. Pensi che ci siano dei paralleli con il tuo lavoro? E cosa può essere interessante per le nuove generazioni in operazioni come queste?
È importante. Sai, c’è anche un riferimento a À bout de souffle nel mio film. C’è una scena in cui Pagnol parla con il presidente della Paramount, Bob Kane, che dice: “Oh mio Dio, Rénoir… non voglio sentire cosa ne pensa Rénoir”, e l’altro risponde: “Kiss kiss Rénoir”, che richiama l’ultima battuta di À bout de souffle (“Kiss kiss, de Gaulle”). Sì, certo. Quindi, tornando alla domanda: cosa possono trarne i giovani? Credo che ci siano almeno due o tre possibili risposte. Alcuni, toccati dal film, potrebbero dire: “Voglio fare animazione”. Altri: “Voglio scrivere, voglio esprimermi con le parole”. E altri ancora: “Voglio scoprire i film di Marcel Pagnol, leggere i suoi libri”. Sarebbe fantastico. E credo che capiranno anche quanto il nostro tempo sia lento e poco stimolante, oggi, in termini di creazione e invenzione. Cosa abbiamo adesso? iPhone 16, 17… è sempre un telefono. Il telefono è stato inventato un secolo fa. Ma nella vita di Pagnol tutto correva: il primo film, l’aereo, l’automobile, la radio, la televisione… In vent’anni cambiava tutto. Potevi essere un imprenditore, eri libero di creare. Oggi non è più così. All’epoca c’era molta più libertà creativa.

Ultima domanda. Pensi che la tua presenza qui a Cannes ti porterà nella stagione dei premi?
Se intendi Golden Globes, Oscar, ovviamente spero di sì. Ma non dipende da me — se ne occuperà il produttore. Il mese prossimo andremo ad Annecy (Festival et du Marché – Mifa – international du film d’animation d’Annecy, n.d.r), ed è già un grande traguardo. Vedremo.

 

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