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Tutto il peso del cielo. In Umbria la mostra di Alex Urso. E una performance…

Alex Urso, Tutto il peso del cielo, Chiesa del Beata Lucia, Narni, installation view, Photo credit Tanit Alex Urso, Tutto il peso del cielo, Chiesa del Beata Lucia, Narni, installation view, Photo credit Tanit
Alex Urso, Tutto il peso del cielo, Chiesa del Beata Lucia, Narni, installation view, Photo credit Tanit
Alex Urso, Tutto il peso del cielo, Chiesa del Beata Lucia, Narni, installation view, Photo credit Tanita Gennari
Prosegue fino all’8 giugno a Narni la personale di Alex Urso dedicata ai bambini di un ex brefotrofio. Un dialogo tra memoria e spazio, tra presenza e assenza

Alex Urso entra nelle stanze del Beata Lucia di Narni (Terni) con dolcezza, senza pretendere di sapere, ma con l’ostinazione di conoscere quanto pesi il cielo dentro alle mura di un brefotrofio. Ci restituisce una mostra di straordinaria delicatezza ma altrettanta potenza, un’indagine catartica e raffinata sull’identità che viaggia tra passato e futuro. I protagonisti sono gli esseri umani, nella loro forma primordiale di bambini, abitanti di questo luogo sospeso nel limbo semantico casa-non-casa: i bambini “projetti”, ossia reietti, orfani.

L’infanzia “rubata”

Il pensiero dell’infanzia ci intenerisce, è capace di rievocare pensieri di dolcezza, suoni di risate, l’odore del nostro gioco preferito; come esseri umani, siamo orientati a considerare il bambino archetipo della felicità e della leggerezza, intesa nella sua accezione calviniana come straordinaria capacità di vivere senza macigni sul cuore. È altrettanto evocativo, ma indubbiamente meno piacevole, pensare alle vite dei bambini che non sono stati voluti, che sono stati esposti alla ruota della vita ancora in fasce, scartati dalla possibilità di poter camminare sentieri senza buche. Ed ecco che, proprio in questa antinomia dell’esistenza, si inseriscono la leggerezza ed i macigni di Urso.

Nella mostra (curata da Lorenzo Rubini e visitabile fino all’8 giugno) il bambino diventa uccello, simbolo di libertà e fragilità, ma anche di bellezza e poesia. È un bambino che vola sopra le cime degli alberi e si fa trasportare dal vento, che sa di potersi spingere oltre i confini del cielo e delle proprie paure, noncurante del peso che lo spinge verso terra.

 

Alex Urso, Tutto il peso del cielo, Chiesa del Beata Lucia, Narni, installation view, Photo credit Tanita Gennari

È anche lui libero, come un uccellino, ma libero di volare oltre le mura della casa-non-casa. Oltre quelle mura c’è il firmamento che non conosce, un intreccio di rotte che continuano la loro corsa parallelamente alla sua. Un giorno, però, quel cielo che sembrava affidabile, diventa meno sicuro. L’uccellino viene colpito da un sasso lanciato da una fionda e cade a terra, abbandonato al suolo della vita, senza conoscere i mezzi per rialzarsi. Quel sasso risuona come la risata di un bambino che si interrompe alla vista di qualcosa di spaventoso. È la vita di ieri che si scontra con quella del domani, si trasforma nel giorno in cui il bambino conosce la presenza di quel cielo lontano senza però conoscerlo davvero.

L’installazione per il Beata Lucia di Narni

L’elemento etereo dell’aria si confronta con il materialismo della terra, troppo dura per essere attraversata, troppo sporca per poter diventare nutrimento e fonte di risposte. Alex Urso compie un’opera coraggiosa e salvifica perché garantisce la dignità ed il diritto all’infanzia, restituisce la dimensione leggera alle esistenze pesanti senza mai indebolire le due parti. Utilizza un bilanciere onesto, composto dall’essenza biologica dell’essere bambino e dalla componente tragica che il destino riserva a certe creature.

L’essere orfani è una sovrapposizione quantistica: una condizione così fragile da rendere impossibile l’identificazione dello stato di un (s)oggetto, ossia continuare a vivere nel senso naturale del termine, volare nel cielo dell’esistenza pur riconoscendo un peso che spinge verso terra: volare senza riuscire a farlo mai veramente. Quel peso è rappresentato dal masso della storia che non è conosciuta e che impedisce di essere la libera versione di sé stessi. È un masso costruito da tante domande, piccole tessere che compongono un puzzle che, forse, non sarà mai completo e che al posto dei pezzi mancanti incastrerà insicurezze, vergogna, senso di inadeguatezza e ingiustizia profonda, ma soprattutto la colpa di essere così leggeri da non aver avuto un peso sufficiente per essere trattenuti nella rete dei destini di sangue.

 

Alex Urso, Tutto il peso del cielo, Chiesa del Beata Lucia, Narni, installation view, Photo credit Tanita Gennari

Quel bambino crescerà, forse si ricongiungerà con quella famiglia vera che il cielo aveva messo in lista di attesa proprio per lui, sarà amato e si perdonerà persino, un giorno. Quel masso diminuirà in volume, eroso dal tempo e dalla memoria ma ricordarlo presente, gli restituirà la stessa pesantezza. Grazie agli occhi di Alex Urso, che hanno saputo vedere fin dove l’esperienza non può arrivare, se ci chiedessimo che peso abbia questa esistenza, ci risponderemmo forse che vivere porta con sé tutto il peso del cielo.

La performance del 25 maggio

Per espandere ulteriormente i significati del progetto, domenica 25 maggio alle ore 18, la danzatrice e coreografa Veronica Vagnoni presenterà al pubblico una performance inedita ideata in un dialogo con le opere in mostra. La performance concluderà simbolicamente il percorso espositivo, aprendo nuove letture e sensibilità attorno ai temi della personale.

Tutto il peso del cielo
Alex Urso
a cura di Lorenzo Rubini
26 aprile – 8 giugno 2025
Chiesa dell’ASP Beata Lucia
Piazza Galeotto Marzio, Narni (TR)

 

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