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Biennale Arte 2026. In minor keys, what a wonderful world…

La presentazione del progetto “In Minor Keys”, di Koyo Kouoh, per la Biennale 2026 La presentazione del progetto “In Minor Keys”, di Koyo Kouoh, per la Biennale 2026
La presentazione del progetto “In Minor Keys”, di Koyo Kouoh, per la Biennale 2026
La presentazione del progetto “In Minor Keys”, di Koyo Kouoh, per la Biennale 2026
Tonalità minori: queste reggono “In Minor Keys”, il progetto curatoriale della scomparsa Koyo Kouoh che vedrà forma nella Biennale 2026

In un clima di partecipata commozione si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della 61ma Biennale Arte di Venezia. L’improvvisa e prematura scomparsa della direttrice Koyo Kouoh ha lasciato tutti sgomenti. Ma il suo progetto, come da lei ideato e concepito, vivrà grazie al sostegno della famiglia e la collaborazione della Biennale di Venezia. Che ha deciso di realizzarlo con il contributo della squadra della direttrice: Gabe Beckhurst Feijoo, Marie Helene Pereira, Rasha Salti, Siddhartha Mitter e l’assistente Ropy Tsapayi.

“In Minor Keys” è il titolo, scelto da Koyo Kouoh, che da senso al progetto: un invito a sintonizzarsi su una tonalità minore. Che metaforicamente allude al blues, alla musica nata nella Cotton Belt degli stati meridionali degli USA, dando voce alle comunità di schiavi afroamericani. E via via trasformandosi fino a diventare jazz, rhytm and blues, rock and roll e pop, e divenire così patrimonio condiviso. L’arte è dunque chiamata, come la blue note, a disarticolare la “missione civilizzatrice” del capitalismo globalizzato delle culture “minori” cannibalizzate dalla folle corsa dettata dall’avidità.

Possibilità di cambiamento

Ecco che nelle tonalità minori, sottovoce, si nascondono le condizioni e le possibilità di cambiamento. Una rivendicazione “dolce” di black culture con il suo pantheon culturale di riferimento. A partire da Édouard Glissant, grande scrittore e intellettuale franco-antillano, che aderì al movimento letterario della négritude che si proponeva di affrancare la propria cultura rivendicandone le peculiarità. Insomma, tutto parte da lontano, ed ora la rotazione della terra e della storia ci presentano il conto ben aldilà delle nostre responsabilità. Perché, al netto delle nefandezze nostre, non è mai esistita una società umana pre-capitalista paradisiaca.

Le dinamiche tra popoli e culture di qualsivoglia latitudine sono sempre state improntate da rapporti di forza e sopraffazione, come del resto nella tanta mitizzata natura. L’ideologia che oppone un Sud felice, popoli pacifici e martirizzati, a un Occidente predatore e prevaricatore, è una semplificazione che alimenta il senso di colpa e l’odio che l’uomo bianco prova per sé.

Se la poetica citazione da James Baldwin C’è una ragione, dopotutto, se esistono persone che vogliono colonizzare la Luna, e altre che danzano dinnanzi a essa come un’antica amica, ci impone una riflessione. Senza ricordare Leopardi, è altrettanto vero che quelli che vanno sulla Luna ci hanno regalato il vaccino antipolio, per esempio. Dunque, le cose sono molto più complesse dalla narrazione corrente. Per rimanere alle tonalità ok, la black music è fighissima, quella Rap un po’ meno, Mozart inarrivabile.

Musicali saluti
L.d.R.

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