
Fino al 7 giugno l’Istituto Italiano di Cultura di Città del Messico ospita “La partición de la Lombrina”, progetto dell’artista Lea Mugnaini, che tenta di stabilire un nuovo vocabolario di forme archetipiche poste in relazione tra loro
Lea Mugnaini parte dall’esplorazione della relazione dinamica forma/struttura, e delle reciproche interferenze dello sguardo al momento dell’attivazione di queste stesse dinamiche. L’artista lavora strutturando le sue opere intorno ad un lessico essenziale, basato su elementi formali primari – successivamente alterati e riassemblati, ovvero ricomposti. Naturale e artificiale sono perciò due paradigmi che Mugnaini esplora per poterli risignificare in unità, attraverso la scultura, per esempio, ma anche attraverso la pratica disegnativa/progettuale. Scomponendo gli elementi in forme essenziali e primordiali, e ricomponendoli in una forma alterata e rinnovata, l’artista si relazione con l’ambiente circostante partendo dal potenziale sintetico dell’astrazione. Muovendosi tra disegno e scultura, il lavoro di Mugnaini cerca così di stabilire un nuovo vocabolario di forme archetipiche poste in relazione tra loro.

A partire dalla science fiction, l’artista ricompone, attraverso il suo sguardo, un dizionario di forme – geometriche, organiche, mutevoli – che sembrano seguire i cicli trasformativi della materia, e degli esseri che compongono gli infiniti universi di cui è fatta la Galassia. A Città del Messico, per l’Istituto Italiano di Cultura, con la curatela di Karla Niño De Rivera Torres, Mugnaini ha presentato il risultato della sua residenza presso l’Istituto, in una mostra, “La partición de la Lombrina”, in cui il dialogo tra gli spazi e i lavori esposti – distribuiti in tre aree dell’Istituto: il chiostro interno, la biblioteca e lo spazio espositivo principale – intesse un circuito di relazioni che appaiono come parte culminante dello sviluppo processuale della ricerca, quando non della ricerca tout court: quale rapporto stabilisco con ciò che mi circonda? Quale relazione si configura nello scambio con la parte infinitesimale di ciò che mi sta attorno, e con quella macroscopica?
Il biomorfismo che caratterizza ciascuno dei lavori – prediligendo forme morbide e organiche – emerge, come ben sottolinea il testo curatoriale, da una sorta di inconscio collettivo, condiviso, che fonde mitologie del passato con riferimenti provenienti da diverse culture. A partire da questo spunto, come sottolinea Karla Niño De Rivera Torres “The result is a cast of characters that act as archetypal vessels, carriers of multiple meanings”.
Attraverso disegni ritagliati (incisioni su foglia d’argento ossidata naturalmente), modelli in plastilina e sculture in bronzo, Mugnaini costruisce universi paralleli in grado di dare vita a creature che confondono i confini tra naturale e umano. Queste entità ibride, nate dall’incontro tra forme, popolano una realtà alternativa in cui esplorare i confini tra il biologico e l’artificiale, tra ciò che è riconoscibile e ciò che appare estraneo.















