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Il potere evocativo della materia. Louise Nevelson a Palazzo Fava

Louise Nevelson, Senza titolo, 1964 c., Legno dipinto di nero (foto © Alessandro Zambianchi. Courtesy Gió Marconi, Milano) Louise Nevelson, Senza titolo, 1964 c., Legno dipinto di nero (foto © Alessandro Zambianchi. Courtesy Gió Marconi, Milano)
Louise Nevelson, Senza titolo, 1964 c., Legno dipinto di nero (foto © Alessandro Zambianchi. Courtesy Gió Marconi, Milano)
Louise Nevelson, Senza titolo, 1964 c., Legno dipinto di nero (foto © Alessandro Zambianchi. Courtesy Gió Marconi, Milano)
“Sono stata la prima riciclatrice. La prima donna a fare scultura con ciò che altri chiamavano spazzatura.” Così si definiva Louise Nevelson, artista visionaria e rivoluzionaria, protagonista per la prima volta a Bologna con una mostra a lei interamente dedicata

Dopo il successo dell’esposizione su Ai Weiwei, Palazzo Fava riapre i suoi spazi all’arte contemporanea con un’inedita rassegna dedicata a Louise Nevelson, in programma dal 30 maggio al 20 luglio. Curata da Ilaria Bernardi per l’Associazione Genesi – realtà fondata nel 2020 da Letizia Moratti per promuovere, attraverso l’arte contemporanea, il dialogo tra culture, la difesa dei diritti umani e la sostenibilità ambientale – l’iniziativa arriva a Bologna grazie al sostegno di Genus Bononiae e Opera Laboratori.

 

Louise Nevelson, Palazzo Fava, Bologna
Louise Nevelson, Palazzo Fava, Bologna

Un appuntamento che assume un significato ancora più simbolico, celebrando non solo il debutto di Louise Nevelson nel capoluogo emiliano, ma anche i 120 anni dal suo trasferimento dall’Ucraina agli Stati Uniti: un passaggio cruciale che segnerà per l’artista l’inizio di un percorso di emancipazione e affermazione internazionale.

Nata nel 1899, Louise Nevelson è stata una delle figure più potenti e anticonformiste del panorama artistico del XX secolo. La sua arte si è imposta a partire dagli anni Quaranta grazie a un linguaggio visivo assolutamente personale, fondato sull’assemblaggio di materiali di recupero — soprattutto legno — e sull’uso monocromo di nero, bianco e oro.

 

Louise Nevelson, Palazzo Fava, Bologna
Louise Nevelson, Palazzo Fava, Bologna

Nevelson interpretava la scultura come atto spirituale e simbolico, dove la donna diventava l’ultima depositaria del rapporto mistico tra natura e forma primitiva. In un mondo dell’arte ancora dominato dagli uomini, la sua voce è emersa con forza. Lo dimostrano i riconoscimenti internazionali ottenuti già in vita come la Biennale di Venezia nel 1962, Documenta di Kassel nel 1964 e la retrospective al Whitney Museum di New York nel 1967.

Da lì, una lunga serie di personali e premi in tutto il mondo che hanno consacrato la sua carriera. La mostra bolognese anticipa idealmente la grande retrospettiva in programma a fine 2025 al Centre Pompidou di Metz, offrendo un percorso filologico attraverso le opere che hanno segnato in profondità l’identità artistica di Nevelson.

A ospitare l’esposizione è il piano nobile di Palazzo Fava, con le sue cinque sale tra cui celebri Sala Albani e Sala dei Carracci. Quest’ultima affrescata dai fratelli Ludovico, Annibale e Agostino Carracci fu definita dallo storico Roberto Longhi come ‘ un romanzo storico’ in grado di oltrepassare le secche del manierismo. L’allestimento crea un intenso dialogo tra l’arte rinascimentale e le composizioni contemporanee dell’artista, trasformando lo spazio in un’esperienza immersiva e densa di significato.

 

LouiseNevelson, Palazzo Fava, Bologna
Bologna, Louise Nevelson, Palazzo Fava

Il percorso si sviluppa come segue. Nella Prima sala protagoniste le celebri sculture autoportanti in legno dipinto di nero, simili a grandi librerie totemiche, racchiudono oggetti di varia natura. Sono vere e proprie architetture dell’anima, evocative e misteriose. Nella Seconda sala troviamo le cosiddette “porte” del 1976, assemblaggi verticali di assi di legno a cui sono incastonati frammenti di sedie, schienali, gambe, trasformando oggetti quotidiani in arte. Alla Terza sala le sculture nere piatte, realizzate con elementi tipografici, diventano forme astratte e silenziose, quasi pagine tridimensionali da leggere con lo sguardo.

Nella Sala Albani si esplora il rapporto profondo tra la pratica del collage e la scultura. In mostra anche acqueforti inedite del 1953, mai esposte prima, e serigrafie del 1975. Infine Sala dei Carracci, l’ultima sala della mostra, accoglie le opere dorate, rare e potenti. In cui l’oro prende il posto del nero e illumina l’universo spirituale dell’artista con una nuova intensità.

L’esposizione non è solo un omaggio all’arte di Louise Nevelson, ma anche un’occasione per riflettere su due grandi temi che attraversano il nostro presente: i diritti delle donne e la memoria. Nevelson è stata una figura profondamente anticonvenzionale, una donna che ha scelto di non piegarsi ai ruoli che la società dell’epoca le imponeva, affermando con forza la propria autonomia creativa e personale. In un mondo dell’arte dominato dagli uomini, ha conquistato spazio e visibilità con una voce forte, indipendente, capace di ridefinire il concetto stesso di scultura.

 

LouiseNevelson, Palazzo Fava, Bologna (foto Fabio Mantegna)
Louise Nevelson, Palazzo Fava, Bologna (foto Fabio Mantegna)

Allo stesso tempo, il suo lavoro è una continua meditazione sul tempo, sulla traccia delle cose, sulla storia impressa negli oggetti. Ogni sua opera nasce da materiali già vissuti, da legni dimenticati, da oggetti di scarto che l’artista raccoglie e trasforma in composizioni cariche di senso. In questo gesto di rigenerazione, Nevelson restituisce dignità e significato a ciò che era stato abbandonato. Costruendo una memoria materica e universale, che si fa forma e spiritualità. La sua arte diventa così un ponte tra passato e presente, tra ciò che è stato e ciò che può ancora essere.

A completare l’esperienza espositiva, una pubblicazione dedicata e la presenza dei volontari del Gruppo FAI Ponte tra culture di Bologna. Che accompagneranno i visitatori con storie, riflessioni e racconti legati all’inclusione e all’identità.

Con questa mostra, Genus Bononiae e Opera Laboratori ribadiscono la vocazione di Palazzo Fava come spazio di dialogo tra epoche, linguaggi e visioni del mondo. Louise Nevelson, con il suo sguardo potente e il suo linguaggio fatto di ombre, memorie e rigenerazione, ci invita a entrare nel suo mondo. Un mondo che, come diceva lei stessa, è “molto migliore di quello che ho visto là fuori”.

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