
Un libro per ricostruire oltre 50 anni di visioni ed idee di arte ambientale nel volume di Rita Pamela Ladogana (Postmedia Books, 2025) ed analizzare i rapporti che legano insularità, partecipazione, identità, committenza, multiformità di esperienze ed interventi tra le due isole del Mediterraneo.
Isole, arte, spazio pubblico: Interventi di arte ambientale in Sardegna e in Sicilia è il titolo dello studio di Rita Pamela Ladogana che indaga, attraverso archivi, interviste e documenti, connessioni e differenze tra le operazioni culturali nel contesto urbano che si sviluppano nelle due isole maggiori dagli anni ‘60 ad oggi. Un insieme di operazioni e pratiche eterogenee di arte nello spazio sociale, naturale e paesaggistico, che si intrecciano con autori e promotori, collettività e realtà fisica, con progetti intellettuali, istanze ideali, politiche e poetiche esposti attraverso alcuni casi significativi.
L’analisi parte da Paese Museo a San Sperate: piccolo borgo agricolo del sud Sardegna che nei primi anni ‘70 diviene un vivace luogo di muralismo e attività artistiche, teatrali e musicali. Questo avviene ad opera dello scultore Pinuccio Sciola – ispirato dal fenomeno del movimento del Sessantotto e dal contatto con l’esperienza dell’arte messicana di Siqueiros – e dalla partecipazione della comunità locale, attraverso una decisa volontà di coinvolgimento e un richiamo alla comune appartenenza ad una cultura subalterna, ponendosi dunque come progetto di decentramento culturale e di una crescita intellettuale della società.

Il volume passa poi ad analizzare due casi degli anni ’80: da una parte Legarsi alla montagna di Maria Lai, dall’altra Il Grande Cretto di Alberto Burri. Entrambe le opere sono accomunate da simili intenti – una riconciliazione tra realtà umana e contesto naturale, tra comunità e territorio, e la valorizzazione di memorie collettive condivise e vicine esperienze – ponendo a confronto una creazione effimera e anti-monumentale come quella di Ulassai e una enorme scultura di land art, ricordo inamovibile e perpetuo a Gibellina. Dallo studio emerge però che, se in Ogliastra l’operazione – ispirata da un’antica leggenda del paese e, come segnala Ladogana, dalle installazioni di Christo e Jeanne-Claude – ha pienamente successo, nella Valle del Belìce il gigantesco cretto di cemento è portatore di controversie, tra dubbi sulla riuscita etica ed estetica e il dibattito rispetto al ricordo del terremoto, al passato e al futuro.

L’opera siciliana introduce così un caso emblematico di progettazione artistica nello spazio urbano: Gibellina Nuova, frutto della ricostruzione del precedente centro, distrutto dal sisma del ’68 e posto a una decina di km di distanza. Il comune ebbe per merito del sindaco Ludovico Corrao – che intravede nell’arte contemporanea uno strumento di riscatto capace di superare il trauma dello spaesamento e di connettere l’abitato con gli abitanti e creare senso di appartenenza – importanti interventi urbanistici coinvolgendo artisti e architetti. Nonostante i presupposti, varie sono state le critiche: i limiti della pianificazione, la disorganicità rispetto al tessuto cittadino, il modesto contatto con la collettività, l’autoreferenzialità degli artisti. Il testo sottolinea aspetti negativi – nel divario tra esperimento intellettuale, volontà culturale e la realtà comunitaria – e positivi nell’integrazione tra politica, arte ed architettura.
Da qui il libro passa ad analizzare alcuni interventi scultorei, nel contesto naturale e in quello urbano, portati avanti tra fine XX secolo e inizi XXI che emergono nelle due isole come importanti casi di committenza site-specific, privata e pubblica. Un significativo caso di mecenatismo è Fiumara d’Arte, il museo all’aperto – voluto e sostenuto dal siciliano Antonio Presti sin dal 1986 – sviluppato nei comuni della Val di Tusa, percorsa dal torrente che sfocia nel Tirreno nell’estremo occidentale della provincia di Messina. Il progetto, nato come atto di resistenza culturale in opposizione alla speculazione edilizia, è portato avanti per riscattare una zona rurale dalla sua marginalità attraverso i linguaggi della land art, pensati come strumenti di rigenerazione territoriale, in grado di attivare virtuosi processi sociali. Questo avviene in stretto dialogo con gli abitanti dell’area e con l’esterno, e ha come obiettivo ristabilire una vicinanza positiva tra uomo e natura con un privato mecenate che supplisce fragilità ed assenza politica.

Caso di eccellenza istituzionale è invece quello di Su Logu de s’iscultura (in sardo “Il luogo della scultura”), parco d’arte contemporanea voluto dal lungimirante sindaco di Tortolì Franco Ladu a partire dal 1995. L’idea di legare lo spazio sociale quotidiano della comunità con l’arte, nata dal costruttivo attivismo dell’associazione Porto Frailis e affidata sin dalla sua progettazione alla curatela di Edoardo Manzoni – già direttore dal ’63 della storica galleria La Polena di Genova – viene recepita dall’amministratore illuminato e ampliata. Il comune sardo si vede così arricchito con continuità, nel centro e nelle frazioni, da un museo a cielo aperto di scultura, trasformando una proposta singola in un progetto permanente che possa dialogare con il territorio e con la sua storia, e con una costante e vivace partecipazione della collettività locale, coinvolta non solo nell’ideazione ma anche in mostre, convegni, conferenze, attività ed eventi, nel lavoro degli artisti e nella costruzione delle opere. Benché interrotto nel 2012 con la scomparsa del curatore Edoardo Manzoni e limitato da fragilità gestionali ed esiguità delle risorse, Su Logu de s’iscultura resta un esempio illuminato di integrazione tra comunità, arte, azione pubblica.
In qualche modo simile al piano ogliastrino, ma pensato come un singolo episodio, è il programma del 1995 La pietra & il ferro di Ozieri, mentre un esempio di spazio dedicato alla scultura creato da un artista è il Giardino Sonoro di Pinuccio Sciola, un caso unico di arte ambientale monografica, cresciuto in maniera organica attraverso l’attività dell’autore.
Il volume infine analizza alcuni progetti significativi e recenti di Community Based Art: da una parte il lavoro del collettivo artistico sardo Giuseppefraugallery – che nel Sulcis, in una realtà segnata da un clima post-industriale, con una marcata ottica di attivismo sociale tra formazione, lotta allo spopolamento e dialogo con la comunità ha aperto la Scuola Civica d’Arte Contemporanea – dall’altra le siciliane Farm Cultural Park, centro culturale condiviso e spazio di confronto a Favara, e il Progetto Isole, laboratorio partecipativo incentrato su identità linguistica e rigenerazione urbana.
Il libro di Rita Pamela Ladogana (Postmedia Books, 2025) restituisce la complessità di oltre 50 anni di arte ambientale tra Sicilia e Sardegna facendo emergere sfide e risorse dei contesti isolani, tra insularità e isolanità, la potenza e le criticità dell’uso dell’arte come strumento politico, di riscatto e di rigenerazione. Lo studio così riesce a portare alla luce come le diverse condizioni e dimensioni insulari abbiano orientato rapporti, progetti, realizzazioni nella realtà sociale e nel tessuto pubblico, muovendosi tra committenza, comunità, spazio fisico e contesto umano.