
La mostra What Stands Behind the Flowers celebra l’entrata in collezione di Nature Studies, il ciclo di 46 disegni botanici di Hilma af Klint
Dopo le rassegne ospitate al National Museum of Modern Art di Tokyo, al Guggenheim Museum di Bilbao e alla Tate Modern di Londra, il MoMA dedica a Hilma af Klint una mostra che celebra la recente acquisizione di Nature Studies. Un ciclo di 46 disegni botanici inediti, eseguiti a matita e acquerello e realizzati tra la primavera e l’estate del 1919 e del 1920. Il risultato di tre anni di studio su un portfolio mai prima esposto, What Stands Behind the Flowers indaga l’universo pittorico dell’artista e mistica svedese, figura anticipatrice dell’astrazione, in un momento di svolta della sua ricerca.
Nel 1917, dopo aver terminato la serie Paintings for the Temple (1906–1915), af Klint pare progressivamente distaccarsi da una pratica artistica guidata unicamente da messaggi ricevuti durante le sedute medianiche. Ritorna così ad esplorare il mondo naturale, come già negli anni della sua formazione, ma con un’impostazione più rigorosa e consapevole. La raccolta di campioni botanici e lo studio diretto delle piante orientano la sua ricerca verso una forma di osservazione attenta, in cui il disegno diviene strumento di studio e interpretazione della realtà.

Tuttavia, andando oltre la tradizione dell’illustrazione botanica, af Klint affianca alle sue raffigurazioni floreali un linguaggio astratto, fatto di reticoli, spirali, griglie e sequenze numeriche, attraverso il quale tenta di dare forma alle energie spirituali coinvolte o, come scrive nei suoi taccuini, a “ciò che si cela dietro i fiori”. Più che annotazioni grafiche, questi diagrammi costruiscono una vera e propria cosmologia, dove l’osservazione quasi ossessiva del mondo naturale si intreccia con una riflessione più ampia sulla doppia natura della vita, sovrapponendo forme e significati e generando una sintassi di figure geometriche astratte che fanno da contraltare, a volte da complemento, alle raffigurazioni botaniche.
Dialettica complessa
La fedeltà al dato naturale e la forza evocativa delle tavole astratte generano una dialettica complessa, tanto estetica quanto concettuale, che mette in discussione la presunta immediatezza della figurazione naturalistica: un girasole comune (Helianthus annuus) è tradotto in cerchi concentrici, un narciso poetico (Narcissus poeticus) è affiancato da una rotazione di colori primari attenuati, mentre gemme ramificate si accompagnano a “scacchiere di puntini e tratti”.

Per orientare la decifrazione di questo vocabolario di segni, af Klint redige meticolosamente tre taccuini di lavoro, visibili in mostra, in cui raccoglie le sue riktlinjer (“linee guida”): un quaderno in lingua svedese allegato a Nature Studies e due versioni in tedesco, probabilmente composte in un secondo momento. In queste pagine, ogni diagramma è riprodotto con estrema precisione e corredato da brevissime didascalie, che conferiscono alle piante tratti caratteriali, stati d’animo, persino un principio vitale o un’energia psichica, dalla “vivacità impetuosa” della nocciola comune (Corylus avellana), al “desiderio di nascondere un benessere egoista” del ribes spinoso (Ribes uva-crispa), trasformando la lettura formale in un’autentica ricerca simbolica.
Atlanti semiotici
Quasi contro ogni aspettativa, si viene a scoprire che il vero cuore della mostra non risiede nel suo contenuto spirituale, e neppure nel ricco intreccio di fonti che ha alimentato la ricerca di af Klint, bensì in quella precisione meticolosa che è una costante dell’artista. Questi taccuini, presentati come autentici atlanti semiotici, codificano l’astrazione non solo come strumento analitico ma anche come forma di pensiero, traducendo in sistemi rigorosi ciò che per sua natura sfugge ad ogni definizione.

Come suggerisce Jodi Hauptman, Senior Curator per il Dipartimento di Disegni e Stampe, l’allestimento del MoMA mette in evidenza come, dietro al mondo esoterico di Hilma, si celi una sorprendente chiarezza strutturale e un latente scrupolo metodologico: i diagrammi astratti obbediscono a una sintassi visiva, capace di organizzare l’invisibile e di restituirci un nuovo modo di leggere il mondo naturale. “L’immagine”, osserva lo storico dell’arte Keith Moxey, “è il luogo in cui mondi materiali e spirituali si scontrano”.
Le tavole di af Klint sembrano incarnare proprio questa visione, collocandosi in quel “terreno di mezzo” evocato da David Abram, dove percezione sensoriale e intuizione si fondono, unendo la concretezza del dato visivo all’intensità dell’esperienza interiore. Riprendere oggi quel “dubbio onesto” tipico del pensiero vittoriano – che mette in discussione sia la religione istituzionale sia il naturalismo scientista – ci aiuta a vedere nei Nature Studies uno spazio di dialogo autentico tra scienza, spirito e immaginazione.














