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Alessandra Ferrini e un viaggio nel tempo. Che sembra ritornare

Alessandra Ferrini, Sight Unseen , 202 0, video still, courtesy of the artist
Alessandra Ferrini, Gaddafi in Rome: Anatomy of a Friendship, 2024, two-channel installation, video still, courtesy of the artist.
Fino al prossimo 12 ottobre, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, è in corso la mostra personale di Alessandra Ferrini, “I saw a dark cloud rise”, affidata alla curatela di Bernardo Follini. Il tema? La violenza coloniale che caratterizzò, nei primi decenni del secolo scorso, la storia e le vicende che sfociarono poi con l’occupazione italiana della Libia.

Alessandra Ferrini, classe 1984, non è nuova a collaborazioni con la Fondazione Sandretto, con la quale ha in passato attivato diversi contributi in varie occasioni (tra questi: Biennale di Democrazia, Polo del 900, Istoreto). Il lavoro presentato per questo progetto espositivo si sviluppa su due sale. La prima funge da introduzione storica e informativa sulle dinamiche storiche e politiche che portarono all’occupazione della Libia, mentre la seconda presenta un’installazione video a tre canali di forme e dimensioni tra loro diverse. L’opera è stata commissionata e prodotta dalla stessa Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.

Alessandra Ferrini, Sight Unseen, 2020, video still, courtesy of the artist

L’artista sviscera l’argomento della guerra e dell’epoca coloniale in profondità, soffermandosi in modo particolare sui prodromi di quella che poi fu la propaganda fascista del ventennio. Apprendiamo, così, retoriche, dettagli e particolari anche curiosi, che però nel contesto assumono un risvolto decisamente inquietante.
Veniamo a conoscenza, per esempio, che in occasione della guerra italo-turca del 1911-12 fu utilizzato per la prima volta un sistema wireless, a cui, però, si attribuì una sorta di ispirazione addirittura divina (Guglielmo Marconi ebbe l’intuizione, pare, proprio osservando gli ex-voto del Santuario di Oropa, nel biellese, dove attualmente è ancora posta una lapide in memoria dell’evento). Ne emerge, insomma che, in quel periodo, i temi storici del Risorgimento, o le neonate poetiche futuriste, diventavano, nella mani della propaganda proto (e poi) fascista, strumenti di esaltazione di un mito nazionale già potenzialmente velenoso e foriero di future violenze e disgrazie. Tutto questo avveniva ricorrendo, per altro, a tecnologie per l’epoca estremamente sofisticate, così come sofisticati erano i metodi propagandistici di cui ci si avvaleva.

Alessandra Ferrini, Unsettling Genealogies, 2024, video installation, photo by Serge Domingie, courtesy of Museo Novecento

La mostra di Alessandra Ferrini, che affianca ora le esposizioni inaugurate in precedenza di Teresa Solar Abboud e Jem Perucchini, si qualifica, così, come un piccolo viaggio nel tempo e nello spazio che funge da stimolo alla riflessione su temi di carattere politico, sociologico e storico oggi di grande attualità.
Il lavoro mostra, inoltre, un focus particolarmente attento all’aspetto estetico dell’ideologia e della promozione della guerra, sia nel senso della sua traduzione in immagini volte a catturare e dirigere intenzionalmente l’attenzione, sia nel senso del rapporto con le estetiche artistiche, in particolar modo futuriste, allora nascenti, e del modo in cui queste venivano percepite anche dalla popolazione.

Alessandra Ferrini, Sight Unseen, 2020, video installation, photo by Sebastiano Pellion di Persano, courtesy of Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

Il confronto con il passato diventa qui, in tal modo, un dialogo a più voci, che fornisce strumenti utili anche all’interpretazione e alla decodifica consapevole del presente, italiano e non, in un gioco di confronti in cui prendono forma preoccupanti analogie, come inevitabili (per fortuna) differenze.

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