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I gioielli di Sophia Vari. Da simboli della Grecia antica a icone contemporanee

Sophia Vari, Compositions, acquarelli su carta. Installation view, BABS Art Gallery, Milano Sophia Vari, Compositions, acquarelli su carta. Installation view, BABS Art Gallery, Milano
Sophia Vari, Compositions, acquarelli su carta. Installation view, BABS Art Gallery, Milano
Sophia Vari, Compositions, acquarelli su carta. Installation view, BABS Art Gallery, Milano
Gioielli, sculture e alcuni acquarelli su carta di Sophia Vari in mostra fino al 12 settembre presso BABS Art Gallery di Milano

Le sue origini elleniche – nacque a Vari, un villaggio non lontano da Atene – traspaiono dalle sue opere scultoree e dai gioielli che modellava in forme astratte. Talvolta di ispirazione architettonica, opulente, spesso magniloquenti. Non si stenta a individuare il ricciolo di un capitello ionico nell’orecchino, una tranche di colonna corinzia nel pendente. Nelle sue opere su carta Sophia Vari – all’anagrafe Sophia Cannellopoulos (1940-2023) – optò invece per la bidimensionalità, rappresentando forme geometriche piane. O simulando ritagli di cartoncino, cartone o pergamena, stratificati gli uni sugli altri, a prova della lezione cubista ricevuta negli anni parigini. Di cui ella enfatizzava però quell’ombra sottile sotto i margini, sufficiente a conferire loro corporeità.

 

Anello, Aethra, 1990, legno d’ebano e oro giallo, pezzo unico - EA-1. Photo Paolo Soave
Anello, Aethra, 1990, legno d’ebano e oro giallo, pezzo unico – EA-1. Photo Paolo Soave

Fu però soprattutto dai tanti viaggi compiuti per il mondo che l’artista greca desunse una più ampia conoscenza dell’arte antica, dall’Egitto al Centro e Sud America. Le cui civiltà Maya e Olmeca la impressionarono grazie anche alla mediazione del marito venezuelano, lo scultore Fernando Botero, che fu per anni di stanza anche in Italia.

La modellazione dell’argilla le appariva come un atto naturale e la accompagnò nella maggior parte dei suoi percorsi creativi. Anche nell’ambito della produzione di gioielli dove spesso il metallo prezioso fuso – oro e argento – è abbinato per contrasto al nero ebano o ad altri legni esotici. Come nell’anello Aethra (1990), nella Carya-Minaudiére, una clutch-sculpture del 2010, nel pendente del collier Clytia (2013), negli orecchini Médée II (2022). Tutti pezzi esposti oggi a Milano, presso BABS Art Gallery (fino al 12 settembre), nella personale “L’armonia della forma”. Che include sia gioielli che sculture, nonché alcuni acquarelli su carta della serie Compositions degli anni 2000.

 

Collana, Ariane, 2012, argento, edizione di 6 + 2 PA - II-II p.a. Photo Paolo Soave
Collana, Ariane, 2012, argento, edizione di 6 + 2 PA – II-II p.a. Photo Paolo Soave
Il linguaggio della sensualità

L’ispirazione classica riecheggia in particolare nei titoli dei monili che sono omaggio a personaggi femminili dell’antichità: Aethra, l’Oceanide che fu madre di Teseo; Carya, la principessa greca trasformata in albero di noce dal Dio Dioniso; Clytia, la Ninfa; Medea la celebre figura tragica. Posti in dialogo negli spazi della galleria milanese con due sculture – quella in bronzo verde con patina gialla, Untitled, e quella in bronzo con patina rossa, intitolata Minerve –, i gioielli condividono con esse il linguaggio della sensualità, del piacere tattile che si sprigiona dalla materia e dalle sue forme, vigorose e morbide al tempo stesso.

Strette in ardite sintesi plastiche – ripiegamenti, nodi o intrecci – o aperte in molteplici nastri fluttuanti nello spazio tra cui occhieggiano piccole sfere, le loro fascinazioni estetiche sembrano racchiudere messaggi da mondi e tempi lontani, ma gli archetipi, si sa, riemergono e si impongono con la forza della memoria ancestrale dando origine a nuovi miti, in un incessante viaggio fra passato e futuro.

 

Anello, Autolycs, 2019, marmo nero, edizione 1-3, firmato “Vari” all’interno. Photo Paolo Soave
Anello, Autolycs, 2019, marmo nero, edizione 1-3, firmato “Vari” all’interno. Photo Paolo Soave

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