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“Dopo la rivoluzione, chi raccoglierà la spazzatura?” Un documentario ci offre la risposta

Mierle Laderman Ukeles, Touch Sanitation Performance , 1979–80. Foto Robin Holland/©Mierle Laderman Ukeles/Per gentile concessione dell'artista e della Ronald Feldman Gallery, New York
Mierle Laderman Ukeles, Touch Sanitation Performance , 1979–80. Credits: Robin Holland/©Mierle Laderman Ukeles. Courtesy l’artista e la Ronald Feldman Gallery, New York
In un’epoca in cui il dibattito sull’efficienza governativa taglia i fondi ai servizi pubblici e mette in discussione il valore del lavoro quotidiano, arriva puntuale un documentario che rovescia i riflettori: “Maintenance Artist”, dedicato all’arte silenziosa e rivoluzionaria di Mierle Laderman Ukeles. Presentato in anteprima al Tribeca Film Festival, il film è un ritratto profondo e necessario di un’artista che ha fatto del “prendersi cura” un atto politico e creativo.

Ukeles, pioniera della cosiddetta Maintenance Art – opera teorica e performativa che ha rivoluzionato il modo in cui si percepisce il lavoro di cura, manutenzione e le attività quotidiane considerate “invisibili”– ha costruito la sua pratica su una domanda provocatoria che risuona ancora oggi: “Dopo la rivoluzione, chi raccoglierà la spazzatura il lunedì mattina?”.
Concepita nel suo celebre manifesto del 1969, la Maintenance Art nasce dall’esperienza personale dell’artista: madre, moglie, e creativa in una società che invisibilizzava le donne e il loro lavoro domestico. In questo nuovo film, scritto e diretto da Toby Perl Freilich, seguiamo Ukeles in un viaggio lungo decenni tra faccende domestiche, cura dei figli e politica culturale. Una donna che ha trasformato il gesto umile del pulire in performance pubblica e gesto artistico.

Il documentario si sofferma su momenti chiave della sua carriera: dagli anni alla Pratt Institute al leggendario Touch Sanitation Performance (1979–80), quando ha stretto la mano a più di 8.000 operatori del Dipartimento Sanitario di New York, ascoltando e documentando il loro lavoro. In un’epoca in cui si celebrava l’estro individuale, lei portava l’attenzione sul collettivo, sul quotidiano, sull’invisibile. Ukeles non si è mai limitata ai musei: ha lavorato con le istituzioni municipali, le discariche e persino con il Queens Museum. La sua opera Landing: Cantilevered Overlook, pensata per il parco nato sulle ceneri della discarica Freshkills, è l’esempio tangibile di un’arte pubblica che si misura con la burocrazia, le crisi ecologiche e la lenta macchina del cambiamento urbano.

©Mierle Laderman Ukeles. Courtesy of Ronald Feldman Gallery, New York

“Maintenance Artist” riesce a trasmettere il peso, ma anche la tenacia, del percorso di Ukeles. Nei suoi archivi, nelle sue parole, nelle sue mani che stringono quelle dei lavoratori, c’è il battito silenzioso di una città. E un messaggio potente: “non esiste arte senza manutenzione”. Il documentario non si sofferma molto sull’eredità contemporanea dell’artista. Viene solo accennato quanto Ukeles abbia influenzato iniziative come il programma “Public Artist in Residence” di New York o progetti simili a Los Angeles, e anche il suo rapporto con la famiglia rimane in secondo piano, lasciando alcune domande aperte.
Ma forse è proprio questa essenzialità a colpire di più: Ukeles è ancora presente, attiva, impegnata. E in un’epoca in cui le grandi città discutono su risorse e priorità, la sua arte ci ricorda che la manutenzione non è solo una necessità quotidiana, ma un atto profondamente politico e umano.

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