
La Project Room di Ca’ Pesaro ospita un recente ciclo di opere realizzato dall’artista friulana a Parigi
Percezione e immaginazione si confondono nel lavoro di Eleonora Rinaldi (Udine, 1994) in mostra nella Project Room di Ca’ Pesaro. Uno spazio dedicato alle mostre temporanee che si conferma come punto di riferimento nel panorama artistico contemporaneo. Come sottolinea la direttrice Elisabetta Barisoni nel catalogo, la pittura di Rinaldi riverbera una serie di corrispondenze con il realismo magico, il surrealismo e il simbolismo. Rintracciabili nella sintesi delle forme, nell’indagine dell’inconscio e nell’uso del colore, ponendosi così in un ideale dialogo con una importante parte della collezione di Ca’ Pesaro.
L’artista torna a Venezia, dopo la laurea all’Accademia di Belle Arti, con un recente ciclo di opere realizzato a Parigi dal forte impatto emotivo, invitando il fruitore ad abbandonarsi alle proprie sensazioni sullo sfondo di un paesaggio onirico, perfettamente evocato dal titolo della rassegna: Órama, dal greco visione o sogno.

In un’atmosfera che ricorda quelle esplorate da Alice nel “paese delle meraviglie” colori di un’eccentrica vividezza animano scenari notturni con figure senza peso, approdate direttamente sulla tela dal mondo delle idee. Questi soggetti sembrano rimandare a celebri esempi della storia dell’arte, come la figura femminile sulle ginocchia in Le repos éclairé (2025) che ricorda la bagnante di Le déjeuner sur l’herbe (1863) di Édouard Manet, a sua volta un’elaborazione di composizioni di Tiziano e Raffaello in un vortice di riferimenti che tende ad estrarre le figure dal contesto contingente per ricondurle all’inconscio collettivo.

Sguardo femminile
Impossibile poi non pensare alla rigida posa di Tehamana nell’opera Manao tupapao (Lo spirito dei morti veglia) (1892) di Paul Gauguin osservando L’idée du Déluge (2025) di Rinaldi. Gauguin aveva eseguito quest’opera dopo aver realizzato una copia dell’Olympia (1863) di Manet. Due lavori accomunati dallo scandalo destato dalla presentazione di una nudità non giustificata da temi mitologici.
La pittrice friulana si riappropria allora di uno sguardo femminile sul corpo nudo, dove il soggetto, rappresentato di spalle su di un cuscino, invita lo spettatore non tanto a guardarlo ma a identificarsi con esso ed entrare nella sua visione onirica, accompagnato da delicati soffioni, un groviglio di serpenti e l’ombra di una farfalla, tutti elementi dal ricco portato simbolico spesso associato alla trasformazione.

Le forme nelle opere di Eleonora Rinaldi vengono definite da bordi luminosi, è come se la lussureggiante vegetazione tentasse di comunicare tramite bagliori colorati che si riflettono sui corpi e che possono far pensare alle magiche atmosfere del film Avatar (2009), dove James Cameron fonde naturale e artificiale in una utopia panteista. Anche nel caso di Le fleur fanée (2025), a dispetto del titolo, la natura mostra una vitalità estrema con le sue linee flessuose. Di gran lunga superiore alle figure umane, colte in un immobilismo statuario.
Così anche l’angelo dalle gambe pesanti in The watchers (2025). Dove piuttosto che l’essere evanescente in sé si potrebbe riconoscere l’immagine di una scultura che lo rappresenta. In definitiva, come suggeriscono i curatori Francesco Liggieri e Christian Palazzo, Órama è “un esercizio di visione” che si svolge a contatto con la natura vista come luogo della rivelazione.

Eleonora Rinaldi. Órama
Fino al 27 settembre 2025
A cura di Francesco Liggieri e Christian Palazzo
Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Project Room
Santa Croce 2076 – 30135 Venezia















