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“Altri venti” da attraversare. Bruna Esposito a Roma

Bruna Esposito, Altri Venti - Scirocco, 2025. Foto Giorgio Benni
Bruna Esposito, Altri Venti – Scirocco, 2025. Foto Giorgio Benni
Anziché su un albero, in alto, distante e distaccata, Bruna Esposito (Roma, 1960) ha costruito un’essenziale e asciutta capanna in un giardino, vicina, accogliente e invitante. Non in uno qualunque. Ma un giardino, quello dell’Ospitale Santa Francesca Romana, che, sin dalla sua creazione (nel 1300), per volontà, appunto, di Santa Francesca Romana, dell’allora potente famiglia dei Ponziani, aveva la finalità di ricevere i pellegrini, poveri e malati, di cura e di accoglienza. E, tuttora, è un luogo di ospitalità e integrazione, perché qui, infatti, realtà differenti – una casa di riposo, un ristorante sociale, mercatini solidali, eventi culturali e un piccolo museo – armoniosamente coesistono.

Un progetto, “Altri Venti, che Bruna Esposito ha ideato nel 2020 e che, col supporto dello Studio Stefania Miscetti, ha realizzato quest’anno. Come è solita fare, attraverso le sue installazioni, Bruna Esposito crea degli spazi da abitare, da fruire. Ma non da attraversare velocemente, perché sottintendono una pausa, una sosta, di riflessione, di meditazione, di osservazione, di pausa. Quindi, oltre agli elementi tangibili (nei quali coniuga sempre le antinomiche peculiarità di ciascun elemento: leggero/pesante, oscuro/luminoso; raffinato/grezzo; organico/inorganico), con i quali, in un preciso equilibrio formale, costruisce le sue installazioni, nei suoi lavori sono sempre presenti elementi impalpabili (dai colori alle essenze), che vanno a sollecitare gli altri sensi (dalla vista all’olfatto). Sottintendendo anche un altro inavvertibile elemento: il tempo. Quello necessario per esperire il suo lavoro, calandosi in una dimensione altra.

A tutto ciò, si aggiunge, anche in questo caso in maniera allusa, la sua netta posizione ambientalista, che detta la rotta di tutta la sua produzione artistica. Quella sensibilità indispensabile per un’armoniosa convivenza tra tutti i diversi esseri viventi, nel profondo rispetto dell’ambiente circostante. Un’attenzione e una cura, fatta di piccoli gesti quotidiani che, sommati e perpetrati, lentamente, possono portare a radicali cambiamenti, di pensiero e di comportamento. Protesi a una necessaria tutela ambientale, sempre più urgente e necessaria.

Bruna Esposito, Altri Venti – Scirocco, 2025. Foto Giorgio Benni

Temi presenti anche nell’installazione Allegro ma non troppo (2017), presentata nello Studio Miscetti: delle amache, pendenti dal soffitto, riempite con leggeri materiali tra loro eterogenei (vuoi carta, vuoi aghi di pino), mosse anche dal più flebile soffio. Ad indicare la certa transitorietà, la mutevolezza, l’impermanenza, di qualsiasi cosa, a partire proprio dalla vita stessa. E lavori come Una cipolla dorata (2019) o In teca (2011), cos’altro rappresentano se non tali idee?

Tuttavia, anche il vento è un tema caro e ricorrente. Basti ricordare la bellissima installazione Ponte a Sonagli (2015 – i quattrocento metri del ponte che unisce Bagnoregio a Civita sono stati riempiti da scope di saggina, sistemate al contrario, sulle due ringhiere ai lati del ponte, tra i cui rametti sono stati inseriti piccoli campanelli che, al minimo alito di vento, delicatamente suonano), o Venti di rivolta o rivolta dei venti (2009 – un’installazione realizzata con tre ventilatori da soffitto che arrivano quasi al pavimento e che, con differenti velocità, vorticosamente muovono numerose palline di scarabeo stercorario).

Bruna Esposito, Altri Venti – Scirocco, 2025. Foto Giorgio Benni

Come anticipato, questo lavoro nel giardino è il secondo della serie Altri Venti, dedicata ai venti del Sud. Preceduta da Ostro, allestita nello Studio Miscetti, questa è dedicata allo Scirocco. Riproponendo l’esortazione a prestare maggiore attenzione all’ambiente, in questa serie c’è l’esplicito invito ad una maggiore consapevolezza dell’utilizzo delle risorse energetiche sostenibili.

Ecco, allora, la minimale capanna costruita con fusti di bambù, nella quale ritroviamo, appeso al soffitto, un ventilatore, attivato dall’energia solare, che offre un costante refrigerio con la sua perpetua rotazione. Al suo interno, sopra a un tappeto in fibra vegetale, sono posti tre sgabelli in legno e un’elica navale: i primi per esortare a una sosta, la seconda per evocare il viaggio e la relativa trasformazione. Nonché dei ventagli, che esortano a ritornare all’uso di oggetti semplici e quotidiani. Senza però dimenticare che tutto è URGENTE (come attesta la scritta sul dorso di ciascun ventaglio).

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