
Phillips ha avviato un’azione legale contro David Mimran, produttore cinematografico e figlio dell’imprenditore francese Jean Claude Mimran, accusandolo di non aver rispettato un impegno da 15,3 milioni di dollari per un dipinto di Jackson Pollock venduto lo scorso novembre a New York.
“Adoro il dipinto e intendo acquistarlo, ma con un po’ di ritardo. Non è insolito in questo mercato, e la maggior parte delle case d’asta lo sa bene”. Così ha provato a difendersi dalle accuse, David Mimran, collezionista accusato da Phillips di non aver saldato la garanzia che si era impegnato a porre su un dipinto di Jackson Pollock. Leggerezza a cui la casa d’aste ha risposto con tutti altri toni, come riportato da Artnet News: “È sconcertante che Mimran pensi di potersi comportare come un miliardario all’asta, per poi tirarsi indietro appellandosi alla mancanza di fondi”, ha dichiarato ad ARTnews. “Se davvero non aveva intenzione – o possibilità – di spendere, non avrebbe dovuto partecipare”.
L’uno minimizza, l’altra stressa una diatriba da primissimo mondo ma che insinua una falla nell’ormai oliato sistema delle garanzie, sempre più comune nelle trattative d’asta. La questione, in sintesi, è la seguente: in un mercato incerto e cauto, le case d’asta ricorrono sempre più spesso a soggetti terzi che si impegnano a comprare a un prezzo pattuito, solitamente vicino alla stima minima, un determinato lotto andato invenduto. Si tratta solitamente di opere di primissima fascia, valutate milioni di dollari, per cui le maison preferiscono cautelarsi anche in caso di mancate offerte live.
Ed era andata così anche a novembre 2024, quando un dipinto di Pollock – un iconico dripping del 1948, uno dei pochi in bianco e nero – è rimasto senza offerte al termine dell’asta di Phillips a New York. Ed ecco che si è così attivata la garanzia di Mimran, che avrebbe quindi dovuto comprare l’opera per 15,3 milioni di dollari (la stima era di 14 milioni). Nonostante i sei mesi di tempo utili a versare la somma, ad oggi la casa d’aste non ha ricevuto il pagamento, e quindi non ha consegnato l’opera. Stallo che non fa assolutamente l’interesse della maison, che ha scelto di fare causa al collezionista rivolgendosi alla Corte Suprema dello Stato di New York.
Un caso non certo isolato ma nemmeno all’ordine del giorno nel mondo delle aste di prima fascia, che ripongono inevitabilmente molta fiducia nei loro migliori collezionisti, come indica il ricorso sempre più frequente alle garanzie. Esternalizzare il rischio finanziario è fondamentale in un settore dai bassi volumi e dall’alta aleatorietà. Episodi come questo ne mettono in dubbio l’efficacia e indeboliscono le certezze di un sistema di equilibri delicati.













