
La città adriatica, già sede del MACTE, si candida a Capitale Italiana dell’Arte Contemporanea 2027 con un progetto che unisce storia industriale e avanguardia culturale
C’è una linea invisibile che attraversa Termoli, disposta sull’asse tra il meridiano 15° e il 42° parallelo: una linea ideale che potrebbe trasformarsi in un asse culturale, ed ecco che la città molisana lancia la sua candidatura a Capitale Italiana dell’Arte Contemporanea 2027.
La presentazione ufficiale del progetto con il sindaco Nico Balice e il presidente della Regione Francesco Roberti, “non è una semplice operazione di marketing territoriale”, si legge nel comunicato, ma anzi: è il coronamento di un percorso iniziato negli anni Cinquanta, quando l’allora amministrazione comunale creò il Premio Termoli, originando una delle collezioni d’arte contemporanea più interessanti del Centro-Sud, oggi custodita al Museo MACTE.
«L’arte qui non è mai stata decorazione, ma strumento per leggere la realtà» spiega Paolo De Matteis Larivera, presidente della Fondazione MACTE, insistendo anche sulla città come crocevia di una realtà complessa: già storica sede della Fiat, oggi Termoli vive anche dell’assenza di quella che doveva essere la Gigafactory di Automotive Cells Company, oggi sospesa dai piani. E proprio questa stratificazione sociale e produttiva diventa materia viva nel dossier di candidatura, curato da un team guidato da Gianfranco De Gregorio con la supervisione di Silvano Straccini, già direttore di Pesaro Capitale della Cultura 2024. Trenta progetti multidisciplinari e il coinvolgimento di scuole, università e oltre 40 enti del territorio, per creare residenze d’artista transfrontaliere, con Albania e Croazia come primi partner, alle rassegne audiovisive, il tutto disposto lungo due direttrici che “tagliano” idealmente la città.
Così, almeno in parte – perdonate il gioco di parole, l’arte contemporanea segna per Termoli quella possibilità di rigenerazione che l’industria non è più in grado di garantire.













