
Un centro d’arte contemporanea acclamato a livello internazionale, eppure, oggi, l’UCCA Centre for Contemporary Art si trova ad affrontare una delle crisi più complesse dalla sua fondazione
Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, i dipendenti del prestigioso museo non avrebbero ricevuto lo stipendio completo per sei mesi, da gennaio a giugno 2025. Le difficoltà economiche si estenderebbero anche alla filiale di Shanghai, l’UCCA Edge, dove tutto è fermo dalla chiusura, a giugno, di una mostra co-organizzata con il Ministero della Cultura dell’Arabia Saudita.
Fondata nel 2007 dai collezionisti belgi Guy e Myriam Ullens, e oggi guidata da Philip Tinari, UCCA è considerata una delle più autorevoli istituzioni indipendenti nel panorama dell’arte cinese. Sotto la sua direzione, il centro ha attirato l’attenzione globale grazie a mostre ambiziose e collaborazioni internazionali. Negli ultimi anni, la rete si era ampliata: oltre alla storica sede di Pechino, sono nate filiali a Beidaihe (2018), Shanghai (2021) e Yixing (2024). Ma l’espansione, in un contesto economico sempre più fragile, sembra oggi aver raggiunto un punto critico.
La situazione dell’UCCA riflette una crisi più ampia che sta colpendo diversi musei privati in Cina. Secondo il SCMP, oltre alla sospensione degli stipendi, l’istituzione ha avuto difficoltà a riscuotere i pagamenti da partner internazionali, con un effetto domino sui programmi futuri.
A Pechino, il proprietario dello spazio nel distretto 798 — da sempre cuore pulsante della scena artistica — sarebbe diventato più rigido sui pagamenti d’affitto, aumentando la pressione economica sulla struttura. Intanto, il rallentamento dei consumi e il calo delle vendite di biglietti hanno ulteriormente indebolito la tenuta finanziaria del museo. “È stato un anno difficile per tutti i musei in Cina”, ha dichiarato Tinari al South China Morning Post in un’intervista via e-mail. “I visitatori e gli sponsor sono più cauti, e l’economia dei consumi si muove più lentamente. Ma stiamo lavorando per trovare soluzioni sostenibili a lungo termine”.

Il caso UCCA non è isolato. Nel giugno scorso ha chiuso i battenti anche il Jupiter Museum of Art a Shenzhen, seguito a ruota dal TAG Art Museum di Qingdao. Secondo quanto riportato, anche l’Ennova Art Museum di Langfang risulta “dormiente da mesi”. Dal 2010, in Cina si era assistito a un boom di musei privati, alimentato da incentivi pubblici per sviluppatori e dalla crescita esponenziale dei collezionisti locali. Tra il 2016 e il 2020, in media, veniva inaugurato un nuovo museo ogni due giorni. Ma oggi, quel modello sembra aver perso slancio.
Aumenti dei costi operativi, tagli ai budget aziendali, flessione dei consumi culturali: questi i fattori che stanno spingendo molte istituzioni sull’orlo della sospensione o della chiusura. Anche Wang Wenyu, curatore del Red Brick Art Museum, ha confermato al SCMP che nei mesi invernali si è registrato un netto calo di pubblico, tale da compromettere la capacità di garantire gli stipendi nei primi mesi del 2025.
L’UCCA è forse il caso più simbolico di questa crisi: per la sua storia, per il suo prestigio, ma oggi il museo deve reinventarsi per sopravvivere: trovare nuovi modelli di finanziamento, rafforzare i legami internazionali e adattarsi a un pubblico più selettivo e cauto. Riuscirà a farcela? La risposta, forse, non dipende solo dal museo, ma da come la Cina stessa deciderà di ripensare il suo ecosistema culturale in un’epoca di forti trasformazioni.













