Print Friendly and PDF

Autonomia del gesto. Perché l’artista deve fare ciò che vuole

Penzo+Fiore_Diary Study_ongoing project_denkstahl.com_2009-2025
Penzo+Fiore, Diary Study, ongoing project, denkstahl.com, 2009-2025
L’artista ha il compito di rivendicare la libertà non come privilegio, ma come responsabilità. Non come disinteresse, ma come forma di rigore. Non come auto affermazione, ma come gesto necessario per tenere aperto uno spazio critico. Perché l’opera autentica non rassicura: eccede, contraddice, disorienta

«Avete sempre fatto quello che avete voluto.»
La frase, pronunciata durante un incontro di lavoro, sembrava inizialmente una critica. Col tempo si è rivelata, invece, una definizione precisa della postura autoriale che abbiamo sempre rivendicato. Non come scelta autocelebrativa, ma come atto di responsabilità: la volontà, per un artista, non è estro, ma traiettoria, rischio, tensione con il reale.
In un’epoca dominata dai linguaggi dell’engagement, della co-creazione, dell’impatto sociale, l’idea stessa di autorialità artistica sembra sotto osservazione. Spesso fraintesa come potere o verticalità, viene ridotta a un privilegio individuale da contenere o distribuire. Ma è proprio l’autonomia del gesto (irriducibile, soggettivo, non negoziabile) a rendere possibile l’opera. L’arte non è un servizio né una soluzione. È un atto che apre uno spazio, anche conflittuale, in cui il pensiero si misura con la materia e con l’altro.
Non si tratta di difendere l’arbitrio. Il gesto libero è tutt’altro che casuale. È il prodotto di una postura, di un’interrogazione continua, di un posizionamento spesso scomodo. Quando Marcel Duchamp espone un orinatoio, o Lucio Fontana lacera la tela, non lo fanno per provocazione, ma per interrogare lo statuto stesso dell’opera. Allo stesso modo, artisti contemporanei come Tino Sehgal, che rifiuta ogni documentazione delle proprie performance, o Santiago Sierra, che mette in scena il lavoro e lo sfruttamento, producono atti non replicabili, non rassicuranti. E come tali pongono domande, non offrono risposte.

Penzo+Fiore, Diary Study, ongoing project, 2009-2025

Il gesto autoriale non chiede consenso. Esige fiducia. Chi commissiona un’opera (sia esso un ente pubblico, una fondazione o un collezionista) non dovrebbe cercare garanzie, ma strumenti di lettura. Saper riconoscere una poetica, assumersi il rischio di una visione, lasciare spazio all’inaspettato. Un’opera d’arte non si affida a un algoritmo, né a un algoritmo umano fatto di preferenze, target, linguaggi neutri e narrazioni addomesticate.
Il rischio, oggi, è che l’autorialità venga percepita come un ostacolo alla partecipazione. Come se la libertà dell’artista fosse in contrasto con il coinvolgimento del pubblico. In realtà, è proprio l’integrità del gesto a generare ascolto. È nel rigore dell’intenzione che può aprirsi uno spazio non paternalistico, non didattico, non semplificato. Uno spazio di frizione, necessario.
Pensiamo al teatro, alla musica, alla letteratura. Nessuno chiederebbe a un romanziere di sottoporre la trama a un comitato prima di scrivere. Nessuna sinfonia nasce da un focus group. L’opera emerge da un’urgenza che precede il consenso, e solo così può generare senso. L’autore non deve interpretare il desiderio altrui, ma attraversarlo con la propria voce.

Penzo+Fiore, Diary Study, ongoing project, 2009-2025

In un sistema dell’arte sempre più permeato da dispositivi progettuali, metriche di valutazione, indicatori di impatto e parole chiave preconfezionate, il rischio è che l’artista diventi un esecutore ben informato, ma disinnescato. L’arte, se vuole ancora toccare il presente, non può essere completamente prevedibile. Deve poter sbagliare, disturbare, attraversare zone di ambiguità.
L’artista ha il compito di rivendicare questa libertà non come privilegio, ma come responsabilità. Non come disinteresse, ma come forma di rigore. Non come auto affermazione, ma come gesto necessario per tenere aperto uno spazio critico. Perché l’opera autentica non rassicura: eccede, contraddice, disorienta.
E perché l’arte, oggi più che mai, ha bisogno di poter dire ciò che vuole. Anche quando nessuno ha chiesto di sentirlo.

Commenta con Facebook