
Una scoperta archeologica recente offre nuovi dettagli sul legame tra Stonehenge e il Galles, e solleva ipotesi sul ruolo dei bovini nella costruzione del celebre monumento neolitico
Oltre un secolo fa, gli archeologi rinvennero una mandibola di bovino vicino all’ingresso meridionale di Stonehenge, a Wiltshire, Regno Unito. Datata tra il 2995 e il 2900 a.C., la mandibola apparteneva agli inizi stessi del sito, ma il suo significato era rimasto un mistero. Recenti analisi isotopiche condotte dalla British Geological Survey, da Cardiff University e dal University College London hanno rivelato informazioni sorprendenti sulla dieta, gli spostamenti e le condizioni di vita dell’animale. I ricercatori hanno misurato isotopi di piombo, carbonio, ossigeno e stronzio su uno dei molari della mandibola, registrando segnali chimici del secondo anno di vita dell’animale
I risultati mostrano che il bovino era originario del Galles sud-occidentale, rafforzando l’ipotesi che le “bluestones” di Stonehenge – pietre di piccole dimensioni provenienti dalle Preseli Hills in Galles, utilizzate nel primo cerchio di Stonehenge e trasportate a mano o con mezzi rudimentali a centinaia di chilometri di distanza – provenissero effettivamente da quella regione. Gli isotopi indicano inoltre cambiamenti stagionali nella dieta: alimentazione boschiva in inverno e pascolo estivo, suggerendo spostamenti stagionali o trasporto del foraggio. Un picco insolito di piombo indica che l’animale era probabilmente gravida o in fase di allattamento durante la formazione del molare. Questo dettaglio fornisce uno spaccato sulle condizioni di vita dei bovini 5.000 anni fa.
Secondo Jane Evans, autrice principale dello studio pubblicato sul Journal of Archaeological Science, i dati aprono anche alla possibilità che i bovini siano stati impiegati per il trasporto delle pietre del primo cerchio di Stonehenge, contribuendo a risolvere il lungo dibattito su come le bluestones siano arrivate sul sito: via terra con slitte o via mare e fiumi con zattere.
“La storia di una singola mandibola ci racconta un viaggio straordinario”, conclude Evans, “e dimostra quanto ancora possiamo imparare sulle persone e gli animali che hanno costruito Stonehenge”.













