Print Friendly and PDF

Mostra del Cinema di Venezia. Venice Immersive 2025, nuova era dell’intrattenimento

Venice Immersive 2025, il futuro di intrattenimento ibrido e interattivo Venice Immersive 2025, il futuro di intrattenimento ibrido e interattivo
Venice Immersive 2025, il futuro di intrattenimento ibrido e interattivo
Venice Immersive 2025, il futuro di intrattenimento ibrido e interattivo
Con Apple e Google, i grandi studios approdano nel settore virtuale, portando i media immersivi fuori dalla nicchia nerd e gaming, e dando il via alla corsa agli investimenti di Hollywood verso un futuro di intrattenimento ibrido e interattivo

La 9ª edizione di Venice Immersive (27 August – 6 September 2025), la sezione della Mostra del Cinema di Venezia dedicata ai media immersivi – Virtual Reality, Extended Reality, Augmented Reality, Mixed Reality, 360° Video Haptics, Volumetric Video, installazioni, Immersive Storytelling, Mixed Media Performance, etc. – segna una svolta significativa sul piano industriale, confermando il crescente interesse dell’industria hollywoodiana verso il potenziale dell’intrattenimento di massa del futuro, sempre più immersivo e interattivo. Ne parlano gli storici consulenti artistici per Venice Immersive Liz Rosenthal e Michel Reilhac.

Quali saranno le novità di questa edizione?
Liz Rosenthal: Questa è l’edizione più grande di sempre per Venice Immersive. Abbiamo selezionato 67 progetti — un numero record. La crescita non è solo nei numeri: abbiamo ampliato lo spazio espositivo sull’isola del Lazzaretto Vecchio, riconfigurandone completamente l’assetto. Per la prima volta useremo anche nuove aree, tra cui la grande sala conferenze, che finora serviva per i talk, e che ora diventa una vera e propria sala di proiezione e installazione. Anche il mercato è stato ripensato e spostato in un nuovo spazio, per renderlo più funzionale. Molti dei progetti di quest’anno sono su scala maggiore, con esigenze tecniche e scenografiche molto complesse. Quindi sipuò dire che anche lo spazio — come i contenuti — stia evolvendo.

 

Venice Immersive 2025
Venice Immersive 2025

Michel Reilhac: Vorrei aggiungere che abbiamo un progetto fuori concorso, realizzato in collaborazione con la Biennale Danza, che è ospitato all’Arsenale: un’altra novità assoluta. Si tratta di un’opera su grande scala, creata da Wayne McGregor, coreografo e direttore della Biennale Danza e del Dance College.
Quest’opera utilizza una tecnologia molto sofisticata sviluppata a Hong Kong proprio per questo lavoro che la rende particolarmente immersiva e coinvolgente per gli spettatori.

Come si sono evoluti il linguaggio e le tecnologie dei media immersivi nell’ultimo anno?
Michel Reilhac: L’intelligenza artificiale è sempre più onnipresente. La troviamo un po’ ovunque, ma non la consideriamo necessariamente un miglioramento di per sé. La vediamo come uno strumento e osserviamo come gli artisti la utilizzano per ottenere risultati impeccabili — opere in cui l’IA non si percepisce. Abbiamo visto molti lavori con un uso intenso di IA, ma ne abbiamo selezionati solo alcuni in cui sentivamo che l’intelligenza artificiale diventava invisibile, servendo l’interazione, l’estetica o la narrazione.

Un esempio?
Michel Reilhac: Possono essere esperienze molto diverse tra loro. Per esempio, c’è Empathy Creatures. Racconta la storia dell’amicizia che sviluppi con un piccolo uccello, semplicemente essendo gentile con lui — ed è completamente guidato da un’IA. Detto così può sembrare semplice, ma è incredibilmente fluido ed emotivo, soprattutto nel modo in cui si sviluppa il legame con l’uccello.
In un uso completamente diverso dell’IA, c’è Asteroid, un’opera di fantascienza diretta da Doug Liman — il regista hollywoodiano, per esempio, di The Bourne Identity e Mr. & Mrs. Smith.

 

Venice Immersive 2025
Venice Immersive 2025

Liz Rosenthal: Doug Liman ha diretto grandi produzioni. In generale, una tendenza che abbiamo notato nella selezione di quest’anno è che molti più progetti utilizzano il linguaggio del cinema. Ci sono sempre più opere spettacolari, alcune su scala molto ampia, come Asteroid o Submerged, che è realizzato anch’esso con una produzione importante. Il regista è Edward Berger, quello di Conclave, e questo è il suo primo lavoro in VR.
Michel Reilhac: Submerged è un progetto finanziato da Apple: è il primo video immersivo narrativo prodotto e sostenuto dalla società di Cupertino. È stato lanciato alla fine dello scorso anno e noi abbiamo deciso di presentarlo fuori concorso durante la nostra kermesse. Come diceva Liz, rientra in quel filone di storytelling cinematografico narrativo che è emerso con forza nella selezione 2025.
È molto interessante vedere quanto la narrazione sia al centro dell’esperienza. Fino a poco tempo fa c’era una tendenza a privilegiare l’interattività e il gameplay nella narrazione; oggi si percepisce un cambiamento evidente. Anche perché i reparti “contenuti” dei produttori di visori stanno spingendo molto l’idea di “cinema immersivo” o “cinema aumentato”, pur usando termini diversi.
Un caso particolarmente interessante è Asteroid: oltre all’uso dell’IA è il primo progetto a essere mostrato pubblicamente sul nuovo visore Google Samsung, il Moohan. Il lancio avverrà proprio a Venezia con questo progetto. Credo che sia la prima volta che viene mostrato. Il fatto che Google abbia scelto Venezia come piattaforma è molto significativo. La storia è un’avventura spaziale di genere e include l’IA Gemini per l’interazione vocale. L’esperienza prevede una parte filmica, dopo la quale si interagisce con uno dei personaggi principali: il protagonista è DK Metcalf, star della NFL. La componente IA consente di interagire con lui per aiutarlo a tornare sulla Terra. La trama vede astronauti — e alcune celebrità — su un asteroide composto da metalli preziosi, in lotta tra loro, fino a quando solo una donna sopravvive e riesce a tornare. Alla fine si scopre che DK Metcalf non è morto, ma disperso sull’asteroide, e l’utente lo aiuta a rientrare sulla Terra.

 

Venice Immersive 2025
Venice Immersive 2025

Pensate che questo coinvolgimento dell’industria cinematografica sia una risposta alla crisi del cinema? All’inizio si pensava che l’immersivo potesse rappresentare il futuro del cinema, poi molti lo hanno considerato una forma d’arte a sé. Ora, invece, sembra che i due ambiti siano molto più interconnessi. L’immersiveness sarà l’evoluzione del cinema tradizionale?
Michel Reilhac: Credo sia presto per interpretarlo in questi termini. Siamo cauti, ma notiamo un interesse crescente da parte di registi, produttori e studi verso la narrazione immersiva. Dire che lo fanno esclusivamente in risposta a una crisi del cinema sarebbe prematuro. È ancora necessario osservare l’evoluzione e capire se questa tendenza si consoliderà. Credo che anche gli studi stiano valutando attentamente la risposta del pubblico a questi progetti.
Liz Rosenthal: Asteroid e Submerged sono produzioni hollywoodiane di alto livello, quasi esperimenti di ricerca e sviluppo. È la prima volta che vediamo una cosa del genere e, dal punto di vista della community immersiva, è davvero entusiasmante. Portano un livello di spettacolarità, intrattenimento e impatto visivo dirompente.
Michel Reilhac: L’uscita dell’Apple Vision Pro lo scorso anno ha segnato una svolta significativa: un visore ad alta risoluzione ha reso possibile la realizzazione di contenuti live action o CGI di altissima qualità, cosa che prima non era fattibile. Questo progresso tecnologico ha aperto nuove possibilità nel campo dell’intrattenimento immersivo.
Un esempio di questa evoluzione è la serie documentaria Adventure, prodotta da Apple e progettata specificamente per il Vision Pro. Ogni episodio offre un’esperienza coinvolgente, come nel caso di Adventure: Ice Dive, in cui il freediver Ant Williams tenta di stabilire un record mondiale nuotando sotto il ghiaccio in Islanda. Questa produzione utilizza la tecnologia Apple Immersive Video, che combina video 3D registrati in 8K con un campo visivo a 180 gradi e audio spaziale, trasportando gli spettatori al centro dell’azione.
In parallelo, Apple ha introdotto Submerged, il primo cortometraggio narrativo realizzato con Apple Immersive Video, scritto e diretto dal regista premio Oscar Edward Berger. Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, il film racconta l’esperienza di un equipaggio di un sottomarino tedesco sotto attacco. Questa produzione segna un passo importante nell’evoluzione del cinema immersivo, offrendo una narrazione complessa e avvincente.
Questi sviluppi indicano un cambiamento significativo nel panorama cinematografico, con l’industria che esplora nuove modalità di storytelling attraverso la tecnologia immersiva. La combinazione di avanzamenti tecnologici e narrazione cinematografica sta aprendo nuove strade per l’esperienza visiva e narrativa.

 

Venice Immersive 2025
Venice Immersive 2025

L’industria significa investimenti e denaro. Questo nuovo capitolo segnerà la fine dell’indipendenza e della libertà creativa?
Michel Reilhac: Come diceva Liz, una delle sfide di quest’anno è che molte installazioni richiedono spazi molto ampi. Questo perché, oggi, ciò che genera reddito nell’ambito immersivo è l’intrattenimento basato sulla location: installazioni su larga scala che permettono a numerosi spettatori di fruire contemporaneamente dell’esperienza. Alcuni progetti, come quello di Blanca Li, possono ospitare fino a 200 persone in una sola sessione. Questi formati sono redditizi, perché consentono di vendere molti biglietti e replicare l’esperienza più volte al giorno. Di conseguenza, molti creatori si stanno adattando a queste nuove esigenze.

E la qualità delle esperienze ne risente?
Liz Rosenthal: Un effetto negativo che abbiamo riscontrato è che spesso questo porta a una diminuzione della qualità delle installazioni, poiché devono essere adatte a un pubblico familiare. Stiamo osservando la situazione con attenzione. Come Venice Immersive, puntiamo su contenuti artistici di alto livello e siamo molto selettivi con i progetti basati sul LBE (Location-Based Entertainment).
Michel Reilhac: Molti dei progetti ricevuti quest’anno erano simili tra loro, basati su una guida automatica che accompagnava l’utente durante l’esperienza, il quale, in questi avatar 3D (in gergo, point cloud) aveva un ruolo passivo. Erano esperienze troppo generiche, perciò non le abbiamo selezionate. Al contrario, abbiamo scelto formati multiplayer nuovi, più artistici, stimolanti e innovativi, che offrono interazioni significative e narrative originali.
Liz Rosenthal: Come appunto la già citata installazione di Blanca Li, la nostra più grande, presentata in anteprima internazionale all’IRCAM di Parigi (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique (IRCAM) del Centre Pompidou): nel formato completo può ospitare fino a 200 spettatori con visore, con performer dal vivo che danzano su impalcature. È una performance in realtà mista, dove danzatori virtuali e reali si fondono negli stessi ambienti. L’opera è concepita per poter fare tournée come uno spettacolo teatrale.
Michel Reilhac: Tornando alla tua domanda: il fatto che finora non ci fosse denaro e ora stia iniziando a entrare, con nuovi attori che si affacciano – gli studios stanno testando le acque – fa pensare che qualcosa stia cambiando. Non è ancora radicale, ma il cambiamento si percepisce. Quegli studios che ora si concentrano sulle installazioni LBE per più utenti stanno adottando un approccio più tradizionalmente commerciale, pensato per un pubblico familiare.

 

Venice Immersive 2025
Venice Immersive 2025

Come selezionate i collaboratori per esperienze in realtà virtuale, considerando i potenziali rischi legati alla vulnerabilità degli utenti? Inoltre, alla luce degli attacchi informatici recenti, come quello subito dalla Biennale di Venezia (rivendicato sul Dark Web dal gruppo INC Ransomware), quali misure adottate per proteggere e garantire la sicurezza degli utenti?
Liz Rosenthal: Il controllo in un’esperienza collettiva è molto rigoroso. Il biglietto acquistato viene verificato più volte, su ingressi consecutivi obbligati e gli operatori accompagnano gli utenti all’interno della sala. Una volta dentro, ci sono tecnici ovunque che controllano che tutto funzioni correttamente. Direi che ci sono persino meno rischi che in un attacco terroristico in un cinema o in un teatro proprio per i severi controlli che si effettuano prima dell’accesso.

Abbiamo parlato delle esperienze LBE e di come siano un formato più commerciale, ma tornando alle esperienze individuali con visore… stavamo discutendo del ruolo degli studios…
Liz Rosenthal: Credo ci sia anche una spinta da parte dei produttori di visori. Oggi è possibile creare contenuti cinematografici in alta risoluzione, cosa che prima i limiti tecnici dei visori non permettevano, e questo cambia tutto. Inoltre, il design dei visori per la realtà mista e le nuove possibilità offerte dal video hanno aperto scenari interessanti. Apple, Meta e Google sono molto coinvolti nel settore e cambiano strategia rapidamente, sempre alla ricerca di ciò che può funzionare. I visori restano comunque un prodotto difficile da proporre al grande pubblico: il consumatore medio fatica ancora ad accettarli. Per questo puntano a coinvolgere grandi registi di richiamo, sperando che ciò contribuisca a promuovere i dispositivi e conferirgli prestigio.

 

Venice Immersive 2025
Venice Immersive 2025

Fin dalla prima edizione avete dichiarato che la vostra indagine riguarda l’immersività come arte immersiva. Quali sono i criteri con cui selezionate le opere?
Michel Reilhac: La qualità narrativa — quindi la qualità della storia — è un criterio fondamentale per noi. Crediamo che le arti immersive possano parlare alla nostra anima e al nostro cuore allo stesso modo dei film o dei libri. Siamo usciti dalla fase iniziale: oggi le opere sono più complesse e sofisticate nel modo di raccontare. Vediamo progetti che si affidano molto a estetica, immagini, suono e atmosfera per trasmettere un senso della storia, senza seguire necessariamente il modello tradizionale con un eroe.
Liz Rosenthal: Il modo in cui un progetto racconta la sua storia è fondamentale. Ma lavoriamo in un medium spaziale: cosa significa ‘narrazione’ in un mondo che si può esplorare? Consideriamo formati molto diversi, quindi i criteri variano. Alcune opere sono vere esperienze artistiche sperimentali, e lì il metro di giudizio cambia. Altri progetti includono gameplay o giochi narrativi, ma non selezioniamo tutti i giochi. Cerchiamo esperienze che abbiano un impatto emotivo e immersivo, senza dare alla tecnologia il ruolo principale: tutto deve ruotare attorno alla storia e all’esperienza dell’utente.
Michel Reilhac: Nè io né Liz scegliamo qualcosa solo perché ha una tecnologia interessante, o perché usa l’AI. Deve avere un impatto emotivo, questo è davvero importante. E ci vuole tempo perché un artista sviluppi un linguaggio con una nuova tecnologia. Vediamo finalmente progetti incredibilmente maturi e sofisticati.
Liz Rosenthal: Parlavamo prima di seamlessness, l’armonia. Con l’intelligenza artificiale, molti lavori che abbiamo visto non funzionano proprio perché l’AI è messa al centro. Si nota troppo, o è integrata male, e così la narrazione si spezza. Alcuni progetti visti a Cannes (immersive n.d.r.) erano lenti o deboli tecnicamente: la tecnologia finiva per rovinare la storia. L’invisibilità dell’hardware e del software è cruciale.

 

Venice Immersive 2025
Venice Immersive 2025

Michel Reilhac: E poi c’è un altro criterio importante: il sostegno a culture e paesi sottorappresentati. Quest’anno, ad esempio, abbiamo supportato progetti dall’Arabia Saudita. Pensiamo sia essenziale dare spazio a creatività che vengono da luoghi meno rappresentati. E siamo felici che quest’anno la maggioranza dei progetti selezionati siano firmati da donne: più donne che uomini.
Liz Rosenthal: Sì: 20 su 30.

Qual è stata l’opera più particolare che avete scelto? E perché la definite così?
Liz Rosenthal: È un termine che si presta a molte interpretazioni. Possiamo parlare di provocazioni? Una delle opere più provocatorie è Dark Rooms, che racconta in modo molto estetico e sensibile la storia di quattro persone con identità di genere e pratiche sessuali non conformi. È un’esperienza multiplayer per tre persone: entri nei loro spazi, ascolti le loro storie, i percorsi personali, il modo in cui hanno scoperto la propria identità o le proprie preferenze. E li incontri nel loro dark room. Molti la troveranno provocatoria, ma noi siamo felici che ci sia un’opera capace di spingersi oltre i confini. È anche molto sensuale. È importante vedere un lavoro che osa, in un contesto in cui la censura — soprattutto quella morale — è sempre stata forte.
Michel Reilhac: Sì, quello che dice Liz è fondamentale. Finora il mondo delle arti immersive è stato controllato da grandi piattaforme come Meta ed è stato vittima di forte censura morale. È stato difficile vedere opere provocatorie che trattino sessualità, politica o opinioni radicali, come ogni forma d’arte contemporanea dovrebbe poter fare. Per questo lavori come Dark Rooms sono salutari per tutto il settore.

 

 

E quali altre opere particolari potreste segnalare?
Sono due le opere che considero “strane” — anche se è un concetto molto relativo. The Exploding Girl, presentata anche a Cannes è un’esperienza che ritengo piuttosto estrema. Racconta la storia di una ragazza che esplode più volte al giorno. Le immagini sono grezze, violente, pessimiste, ma così folli e audaci nella rappresentazione della violenza da risultare davvero eccitanti. È provocatoria in un modo che non vedevo da tempo.
L’altra, completamente diversa, è Wall Town Wonders, che mi ha conquistato: ci giocherei per ore. Si tratta di un gioco in realtà mista: ti metti davanti a una parete reale della tua stanza e interagisci con minuscoli personaggi che vivono al suo interno. Li aiuti a costruire una città: case, strade, connessioni. Arriva persino una mongolfiera portando nuovi abitanti. Sul pavimento puoi creare un lago dove vanno a pescare, riportando poi il pesce nel villaggio.
Man mano che giochi, costruisci un mondo sospeso nel muro. Ciò che lo rende sofisticato è la narrativa vera e propria, con personaggi e storie articolate. È raro trovare qualcosa di così complesso nella realtà mista. E fisicamente ti muovi nello spazio: ti abbassi, prendi i personaggi con le mani, li sposti dove vuoi. È folle e meraviglioso.

 

 

 

Qual è il segreto della vostra co-curatela così longeva?
Michel Reilhac: In nove anni non abbiamo mai litigato, almeno non in pubblico. Certo, a volte abbiamo opinioni diverse su un’opera — direi nel 10-15% dei casi — ma non ci sono mai stati conflitti. Anzi, quei momenti sono preziosi perché ci costringono a discutere e a riflettere sul nostro ruolo di curatori: non si tratta solo di scegliere ciò che ci piace, ma di rappresentare varietà e diversità. Quando non siamo d’accordo, cerchiamo di capire cosa l’altro vede e da lì troviamo un punto d’incontro.
Liz Rosenthal: È vero. Quando uno di noi crede molto in un progetto, deve spiegare bene il perché: questo processo è prezioso, perché ti costringe a interrogarti su cosa rende quell’opera importante per Venice Immersive.
Se fossimo sempre d’accordo, sarebbe un problema. La nostra forza sta negli approcci diversi allo storytelling e alla rappresentazione del mondo.
Un esempio? The Exploding Girl. Non è un’esperienza che io ho amato — né io né Michel l’abbiamo amata — ma ne riconosciamo il valore. Rientra in un filone tematico molto presente quest’anno: opere che esplorano salute mentale, depressione, nichilismo. È provocatoria e significativa, ed è importante includerla.
Essere curatori significa anche questo: riconoscere il valore di opere che forse non sceglieremmo a titolo personale, ma che arricchiscono la pluralità della selezione.

E che rapporto avete con La Biennale e con il Presidente Pietrangelo Buttafuoco e il Direttore Alberto Barbera?
Michel Reilhac: Federica, abbiamo una posizione privilegiata. Riceviamo pieno sostegno dalla Biennale di Venezia. Pochissimi luoghi al mondo permettono di fare quello che facciamo qui, e con questo livello di qualità.
Il budget, pur non essendo pubblico, è alto: ogni anno ricostruiamo tutto da zero sull’isola — infrastruttura, climatizzazione, comfort per gli spettatori — rispondendo a ogni richiesta degli artisti per mostrare al meglio le loro opere.
Tutto ciò è possibile grazie alla fiducia della Presidenza della Biennale, del Direttore Generale e del Direttore Artistico Alberto Barbera. Siamo riconosciuti a livello internazionale, ma anche perché lavoriamo in un contesto unico, che permette di realizzare cose impensabili altrove.

Commenta con Facebook