
Il titolo s’ispira alla nascita del Comitato artistico stesso, composto da Antonella Casazza, Loredana Galante e Marta Mez
Ultimi due giorni per visitare l’esposizione “Fatalità”, nella Sala del San Leone, facente parte del complesso di S. Agostino a Pietrasanta. Una mostra del cosiddetto “Comitato artistico” o “Venus il comitato”, composto da Antonella Casazza, Loredana Galante e Marta Mez. Il titolo s’ispira alla nascita del Comitato artistico stesso, che ha preso vita per un’evocazione casuale d’intenti. La mostra è una scommessa sinergica che vuole indagare e restituire uno spettro di declinazioni concettuali ed estetiche, un’esperienza artistica attinente alle donne tra artiste che lavorano con differenti media e stili, linguaggi e poetiche.

Opere di pittura, scultura, fiber art, collage, performing art e fotografia delle tre artiste vogliono restituire la complessità dell’universo femminile attraverso un progetto in cui il filo conduttore sia la ricerca artistica ma anche l’intreccio di rapporti umani, dunque un intento aggregativo: in una mostra di sole donne ci sono degli elementi comuni dettati da un’inclinazione, da attributi sensibili, da una categoria con specifiche propensioni, attitudini, peculiarità biologiche, ed esse possono essere alla base di una creazione di valore, di una gradazione contributiva riconoscibile nella società odierna.

La mostra vede il testo critico di Giuditta Elettra Lavinia “GEL” Nidiaci: “L’irriducibilità delle interpretazioni delle opere di Casazza, Galante e Mez è un progresso verso una non-verità, una tensione positiva che si rifiuta di essere forzatamente unilaterale: le porte che il “comitato” apre sono varchi che restano aperti, uno dopo l’altro, senza una fine e con un fare che potremmo definire sia femminista che materno, certamente accogliente verso il pubblico cui si mostrano: non si tratta di due volte, ma di cento e mille, e con questo procedimento lo spettatore, imbattutosi per caso in questo fortunato incontro di menti artistiche, non riesce soltanto a superare le proprie esperienze originarie, mediante lo smussamento e l’evocazione sbarazzina, ma anche a gustare ripetutamente del “fare come se” ma anche del “fare sempre di nuovo””.














