
Il presidente degli Stati Uniti ha chiesto una revisione delle attività di otto musei dell’istituzione, ma il segretario Lonnie G. Bunch III ha rivendicato l’autonomia dell’ente, ricordando che “la nostra indipendenza è fondamentale”.
In due lettere, una inviata alla Casa Bianca il 2 settembre e l’altra al personale il giorno successivo, Bunch ha spiegato che lo Smithsonian continuerà la propria revisione interna, già avviata per verificare eventuali distorsioni nei contenuti espositivi. “La nostra programmazione sarà sempre basata sui fatti e libera da partigianerie”, ha ribadito, sottolineando che ogni decisione rimane sotto l’autorità dell’istituzione.
La Casa Bianca aveva annunciato a metà agosto l’avvio di una “revisione interna completa” su collezioni, mostre, programmi educativi e processi decisionali dei musei federali, tra cui il National Museum of American History, il National Museum of Natural History, la National Portrait Gallery e l’Hirshhorn Museum. Trump, in un post sui social, aveva accusato lo Smithsonian di “parlare solo di schiavitù e oppressione”, trascurando – secondo lui – i successi e la grandezza del Paese.
Il confronto arriva in un momento delicato: lo Smithsonian riceve circa la metà del suo bilancio annuale di un miliardo di dollari dal Congresso, ma non è formalmente un’agenzia federale. A governarlo è un Consiglio di Reggenza di 17 membri, che include parlamentari, il presidente della Corte Suprema John Roberts e il vicepresidente J.D. Vance.

Le tensioni si sono accentuate nei mesi scorsi con i tentativi di Trump di rimuovere la direttrice della National Portrait Gallery, Kim Sajet, dimessasi a maggio, e con il caso dell’artista Amy Sherald, che ha ritirato una mostra dopo presunte pressioni a censurare un’opera raffigurante una persona transgender nei panni della Statua della Libertà.
Per ora la Casa Bianca non ha replicato alla posizione di Bunch, ma lo scontro tra indipendenza culturale e controllo politico promette di restare aperto













