
Cartagine, un tempo tra le città più straordinarie del mondo antico, fu rasa al suolo dai Romani nel 146 a.C. Oggi, le sue rovine, patrimonio mondiale dell’UNESCO, affrontano un nemico nuovo: il cambiamento climatico. Mare in aumento, vento salino e erosione minacciano i resti della città, che resistono da più di 2.000 anni.
Alle Terme di Antonino, uno dei tre più grandi complessi termali romani e l’unico in Africa, colonne maestose sono transennate per proteggerle dall’erosione. Sul vicino , l’antico cuore commerciale della città, pezzi di terra crollano già in mare. “I monumenti subiscono la pressione del tempo Porto Punico e del clima” dice Lorenzo Nigro, direttore della Missione Archeologica dell’Università La Sapienza. “Servono sorveglianza costante e interventi immediati”.
La minaccia è reale e crescente anche per l’UNESCO. Audrey Azoulay, direttore generale dell’agenzia, l’ha ribadito alla 47ª sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale: il cambiamento climatico è tra i pericoli più gravi per i siti storici. Secondo un rapporto congiunto con il World Resources Institute, il 73% dei siti UNESCO è altamente esposto a rischi legati all’acqua: siccità, stress idrico e inondazioni.
Uno studio pubblicato su Nature Climate Change nel 2022 ha analizzato 284 siti lungo la costa africana. Già oggi 56 sono minacciati da erosione e inondazioni, numero destinato a triplicare entro il 2050 se le emissioni di gas serra continueranno a crescere. L’innalzamento del mare è alimentato dallo scioglimento dei ghiacciai e dall’espansione termica dell’acqua. Tra i siti più vulnerabili: l’Isola di Kunta Kinteh in Gambia, tappa storica dello scambio tra Africa ed Europa, e il porto commerciale di Sabratha in Libia, con il suo anfiteatro del II secolo. Fondata dai Fenici, Cartagine fu una potenza del Mediterraneo: ricca, temuta sul mare e sul campo di battaglia. Annibale attraversò le Alpi con i suoi elefanti da guerra, ma non riuscì mai a conquistare Roma. Tre guerre puniche, 43 anni di conflitti in 118, culminarono nell’assedio della città e nella morte o schiavitù di oltre 100.000 abitanti. Cartagine fu poi ricostruita dai Romani e distrutta di nuovo dagli Arabi nel VII secolo.
Oggi, i resti affrontano un nemico silenzioso ma potente: il clima. “Servono interventi urgenti”, avverte Nigro. “Intorno alle Terme di Antonino e ai Porti Punici dobbiamo combinare più strategie: protezione, consolidamento e, dove necessario, parziale reinterramento dei resti.” Gli esperti sottolineano che ridurre le emissioni può salvare il patrimonio. “La risposta al cambiamento climatico conta anche per i siti storici” spiega Nicholas Simpson dell’Università di Città del Capo. “Se le emissioni passano da alte a moderate entro il 2050, i siti esposti possono diminuire del 25%.”
Nigro chiude con un messaggio chiaro: “Il patrimonio culturale è in prima linea nella crisi climatica. Servono investimenti nella ricerca, nel monitoraggio, nella formazione e nei piani di emergenza. Proteggere Cartagine significa proteggere la memoria, l’identità e lo sviluppo sostenibile di tutti noi”.










