
Fino al 14 ottobre un’installazione dedicata alla più recente ricerca pittorica della giovane artista palermitana Giusi Sferruggia
Apre al Museo Riso Macchia Mediterranea, installazione dedicata alla più recente ricerca pittorica della giovane artista palermitana Giusi Sferruggia, a cura di Marcello Carriero. L’opera, scelta da un corpus che attraversa installazione, performance, fotografia e pittura, traduce in forma visiva il legame profondo con la Sicilia e con il suo paesaggio mediterraneo, sospeso tra luce e fragilità.
Nei dipinti, la materia fluida e le tonalità cangianti evocano il mare come spazio di unione e memoria, dove la brillantezza dei riflessi convive con la densità degli abissi. Realizzata in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Palermo, l’installazione rientra tra gli eventi di preview della biennale iDesign, la design week palermitana che tornerà con la sua XIII edizione nell’autunno 2026. Sotto, il testo di presentazione di Carriero…
L’opera esposta allo spazio vetrina di Palazzo Belmonte Riso, Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo si intitola Macchia mediterranea ed è stata eseguita ed installata da Giusi Sferruggia (Palermo 1992). Questo titolo ha due significati. Il primo rimanda alla tecnica usata dipingere questo mare tremolante di luce, una pittura basata sull’uso del colore ad acqua di cui l’artista controlla l’espansione e i toni. Questa tecnica è dedotta dalla lezione di una grande pittrice del XX Secolo, Helen Frankenthaler (New York City, 12 dicembre 1928 – Darien, 27 dicembre 2011) protagonista assoluta del passaggio dall’espressionismo astratto al color field. Sferruggia, però modula il colore ritmando i segni in modo da restituire una fibrillazione ottica che simula il tremolio dell’acqua marina al sole. Elaborando la superficie con elemento ripetuti Sferruggia analizza il rapporto dialettico tra supporto e spazio pittorico entrando in relazione con il riduzionismo minimalista e analitico di Agnes Martin (Macklin, 22 marzo 1912 – Taos, 16 dicembre 2004). Tali precedenti storici sono alla base della scelta operativa di questa giovane pittrice siciliana. Giusi Sferruggia, allieva di Fulvio di Piazza al biennio di pittura dell’Accademia di belle arti di Palermo, sposta l’attenzione per i dettagli del suo maestro verso un’analisi del linguaggio pittorico senza però scadere nell’algore geometrico. Sferruggia mantiene, infatti, il legame con una sua, intima, piccola sensazione generata dalla percezione del mondo. Delicatamente riposta in una restituzione analogica, questa sensazione, nella tela di Giusi Sferruggia, si ravviva nel rimando alla distesa marina del mediterraneo che brilla di piccole unità cromatiche. Questo mare lambisce ed unisce le coste che s’affacciano su un bacino carico di memorie antiche e recenti, di fascinazioni mitologiche che narrano odissee e drammi recenti, dove la tragedia del naufragio dell’umanità è un esiziale coincidenza amplificata dai conflitti recenti. Una traccia corrusca che interrompe e sospende il sistematico procedere del corpo a corpo con la superficie, un piccolo segno di pietà verso corpi altri, un gesto minimo di grande consapevolezza. La macchia mediterranea di Giusi Sferruggia è così riassumibile nell’allineamento del tempo di intima operatività con l’irruzione brutale del contingente. Ecco perché l’opera di Sferruggia invece di puntare su un’immagine risolutiva, riassuntiva e didattica, ci spinge piuttosto verso, una lenta riflessione sul presente tramite l’autoriflessione della pittura.













