
Un percorso espositivo disposto su tre sedi celebra fino al 12 ottobre l’artista umbro Romano Notari
Pittore dalla vena intensa e lirica, ha partecipato nel corso della sua lunga carriera a quattro Biennali di Venezia, due Quadriennali di Roma e tre Biennali d’Arte di Milano. Oltre a numerose altre rassegne in Italia e all’estero. L’Ente Giostra dell’Arme di San Gemini rinnova la tradizione delle grandi mostre d’arte promosse annualmente con la direzione di Piero Zannori con un nuovo, importante appuntamento dedicato a Romano Notari. La mostra, Romano Notari della luce e del colore, propone un percorso diffuso nel borgo, che invita a riscoprire un artista di grande valore nazionale, poco conosciuto nella sua terra d’origine.
Un percorso che ne testimonia il rilievo nel panorama artistico del secondo Novecento, ma che non gli aveva ancora valso un’esposizione organica e complessiva in Umbria, regione dove visse e lavorò per tutta la vita. La mostra intende colmare questa lacuna offrendo per la prima volta una visione d’insieme della sua produzione, attraversata da una tensione visionaria e da un uso del colore – soprattutto nei toni dell’arancio, del giallo e del rosso – come materia viva, simbolica della vita e pulsante.

Una spiritualità luminosa
Il percorso espositivo si dispone su tre sedi: Palazzo Vecchio dove è allestita la sezione principale che ripercorre la carriera di Notari dagli esordi fino agli ultimi lavori. Al piano terra è presente un’installazione dedicata al suo rapporto con lo spazio e con l’oggetto quotidiano – si ricorda in questo senso la partecipazione dell’artista alla nota rassegna Lo Spazio dell’Immagine del 1967 -, composta da trumeau e delle sedie d’artista che evocano la sua Casa d’arte di Campello sul Clitunno, luogo in cui l’ambiente diventa esso stesso opera d’arte. Al piano superiore, nella Sala degli Affreschi, sono esposte opere emblematiche come Fiore della Passione, La stanza dei processi aperti: metamorfosi d’amore accanto a una rara scultura in ceramica.
Le sale adiacenti ospitano tempere e dipinti di grande forza espressiva, come Amore obliquo e lavori appartenenti al ciclo degli Illuminanti, in cui la luce si fa principio rivelatore e spirituale. Al Museo dell’Opera di Guido Calori trova posto un nucleo di opere a tema sacro, tra cui i Dischi spiritualizzati e composizioni polittiche che affrontano il mistero del divino in chiave moderna. Qui emerge con forza quella religiosità “ambigua” che caratterizza tutta la sua pittura, una fede tradotta in immagini che trasgrediscono l’iconografia classica per aprirsi a una spiritualità luminosa, dove l’erotismo stesso diventa simbolo di vita e rigenerazione.

Figure metamorfiche
Infine, la Sala Culturale di Stazione di Posta accoglie la sezione dedicata alle opere su carta – chine, tempere e pastelli, molte delle quali inedite – che rivelano un altro aspetto della sua inesauribile inventiva. Qui la linea si fa più immediata e nervosa, le forme si sciolgono in figure metamorfiche ed enigmatiche, sospese tra sogno e visione.
Curata da Massimo Duranti e Andrea Baffoni, in collaborazione con la Fondazione Romano Notari recentemente istituita dai figli, e Rachele Chiarelli, la mostra – visitabile fino al 12 ottobre – è accompagnata da un catalogo edito da Gangemi Editore International, con testi di Massimo Duranti, Andrea Baffoni, Eleasa Notari, apparati a cura di Rachele Chiarelli e la riproduzione di tutte le opere in mostra.













