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Il fantastico discreto. Sebastiano Pellion in mostra da Aspesi

Sebastiano Pellion, Endless Titles, Aspesi, Torino Sebastiano Pellion, Endless Titles, Aspesi, Torino
Sebastiano Pellion, Endless Titles, Aspesi, Torino
Sebastiano Pellion, Endless Titles, Aspesi, Torino
Con la mostra Endless Titles Pellion invita il pubblico a giocare con le parole e le immagini, in un dialogo continuo tra fotografia e linguaggio

Ogni ritratto, nelle fotografie di Sebastiano Pellion, noto e amato nel cosmo contemporaneo per le sue installation view di cui si servono artisti galleristi e istituzioni italiani e internazionali, nasce da una forma classica di discrezione. In queste immagini, scattate aldilà del suo lavoro di documentazione di opere d’arte, spesso prima o dopo aver realizzato le immagini “che devono essere fatte”, emerge una distanza sapiente, quella che Cortazar chiamava un’intercapedine della realtà, e che qui porta a una sorta di “fantastico discreto”.

In una cucina di famiglia a Castagneto, un asino entra in scena, attratto da una carota. È un incontro domestico, surreale e tenero: l’animale, il fotografo, la luce del mattino che filtra. Tutto accade con naturalezza, come in una fiaba senza morale. Con Anthony McCall, la situazione è opposta: una scultura di luce, precisa, sospesa. Le mani dell’artista entrano nel fascio luminoso come per misurarne il respiro. Pellion scatta nel momento in cui l’idea diventa corpo – e il corpo diventa misura dell’assoluto.

In una cava di terra a Cambiano, vicino Torino, Alis e Filiol lavorano per giorni la materia. Quando tutto è compiuto, Pellion li ritrae accanto alla loro opera: un gesto di restituzione, in cui la scala umana diventa unità di misura dell’arte. A Rio de Janeiro, nel 2012, entra nello studio di Tunga. C’è la luce tropicale, la polvere di colore, la curiosità reciproca. Più tardi vanno insieme a vedere una mostra di Luigi Ghirri. È un pomeriggio che resta impresso non tanto per le immagini quanto per il ritmo del tempo, che sembra dilatarsi.

 

Sebastiano Pellion, Endless Titles, Aspesi, Torino
Sebastiano Pellion, Endless Titles, Aspesi, Torino
Intimità e distanza

Con Steven Shearer, artista canadese alla Biennale di Venezia 2011, il gioco è quello dell’assenza. “Fai pure un ritratto, ma non voglio che si veda la faccia”. Ne nasce un’immagine che parla di discrezione, di sottrazione. Forse di vergogna. A Roma, nello studio di Luigi Ontani, la leggerezza prende la forma di una poesia visiva: un equilibrio tra intimità e distanza. Una recita gentile del sonno come teatro di nuovo tipo.

Poi ci sono le coincidenze, gli scherzi del destino. Una banana in una natura morta contemporanea riporta alla mente quella di Cattelan. Pellion sorride, come chi riconosce una citazione che il caso ha deciso di ripetere. E ancora, una testa di pagliaccio trovata in un giardino abbandonato, lanciata in aria e colta nel suo volo: un istante sospeso tra ironia e malinconia.

 

Sebastiano Pellion
Sebastiano Pellion
Una parabola

Infine, una lunga giornata nello studio del belga Koen Vanmechelen e del suo Cosmopolitan Chicken Project. Galli di tutto il mondo si incrociano per generare una razza nuova, più ibrida, più resistente. Dai loro scarti nascono funghi, dai funghi altra vita. Nello scattare quest’uomo monumentale, così simile a Velazquez, Pellion ascolta, osserva, fotografa: più che un esperimento, sembra una parabola sull’origine mista del mondo, sulla continuità tra arte e natura.

Il fantastico discreto è una porta molto nascosta in cui infilarsi quando ci si vuole sottrarre alla pandemia di sguardi in cui viviamo tutti, nutrendola di continuo.

 

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