
Al Cornetto Acustico si riscopre l’universo di combinazioni cifrate – complesse, sovrapposte e sperimentali – di Giampaolo Todde con “Quando il Segno si fa Immagine”: una immersione in un mondo di linguaggi, in opposizione solo apparente, che trovano sintesi nella ricerca di un artista ermetico
A Cagliari riemerge la profondità creativa di Giampaolo Todde con la mostra “Quando il Segno si fa Immagine”, a cura di Gianni Murtas, che restituisce la figura quasi outsider di un autore e la sua opera, visibile fino al 22 novembre nello spazio dell’associazione culturale di Via San Giovanni 219.
L’arte di Todde è un enigma di linguaggi. Nel corso degli anni ‘70 l’autore passa dai suoi iniziali modi – vicini a un linguaggio figurativo segnato da impressioni quasi divisioniste e solidi armonici – a influenze del verbo pop e semicelate presenze neocostruttiviste in accostamento, un insieme fuso con un uso capillare della grafica della stampa e del collage, di piani specchianti, poesia visiva e concreta. Attraverso queste arriva a fine decennio alla maturità artistica, caratterizzata da una reiterata incessante analisi della forma e del movimento, incline a suggestioni optical. Il tutto si lega in un insieme efficace, omogeneo, composto con metodo e carattere. Scrive il curatore Gianni Murtas: «le tecniche impiegate risentono di un fare complesso. Una volta abbandonate le soluzioni pittoriche tradizionali nel passaggio dal figurativo all’astratto, Todde alterna […] facendo confluire nei suoi lavori operazioni tendenzialmente opposizionali. Il risultato è un calibratissimo gioco di segni ottenuti con tecniche differenti: regolati da una geometria rigorosa si avvicendano pittura e collages, vernici a spruzzo e pennarelli che via via estendono il loro intervento su tutte le superfici; qualche volta vengono usati sul legno o sul plexiglas, più spesso su cartoncini dal fondo nitido e marcatamente bidimensionale o su carte più leggere dove l’uso dell’aerografo produce raffinati effetti pittorici».

Nelle opere si manifestano infatti codici multipli di una ricerca sempre proiettata verso una sperimentazione continua. Nelle figure – simili a manifesti nei gesti e nella estetica della rappresentazione – compaiono strutture, superfici mosse, scalate e in aggetto. I listelli che queste presenze popolano si dispiegano su laminati metallici, opachi o lucidi, su intelaiature di filo che si fanno rete e scansione di livelli. Da qui gli ambienti visivi vengono inondati da pattern di testo fatti di pagine di quotidiani e di titoli di riviste patinate. Le parole e le lettere si fondono, tra frammenti di frasi significanti e un gioco di giustapposizioni che sono cromatiche e segniche, tra addensamenti e rarefazioni di tessuti grafici.
Da queste tempeste testuali, quasi informali in apparenza, emerge la parola che assume via via autonomia e inaspettata centralità. Essa si pone protagonista degli studi e occupa la scena con l’aspetto di cifre verbali in opposizione e sovrapposizione. E attraverso giochi di giustapposizioni, dove suoni e segni grafici si incontrano, prendono spazio altri linguaggi. Tra le lettere compaiono segmentazioni oblique, trame irregolari, colori complementari, accostamenti additivi e sottrattivi, soffuse immagini velate. Le composizioni si situano entro un geometrismo serrato e in una fitta e reiterata trama di ripetizioni, densissima, che ripercorre i contorni della lettera e studia la morfologia del tracciato visivo sonoro e le sue peculiarità estetiche tra grazie, finezze, tratti, terminazioni. I caratteri tipografici si dispiegano tra diradazioni di inchiostro e colori multipli che degradano dall’uno all’altro e lentamente si cede al movimento delle particelle lessicali. Il loro moto, inizialmente lento e concluso, accelera e sempre più velocemente traslano, ruotano, scompaiono e ricompaiono, come sequenze e vibrazioni. E in questo moto sulla carta diventano nello spostamento – attraverso cui entrano in cinetica risonanza – sostanza quasi astratta. Un ludico uso di questi elementi li rende oggetti per una analisi dello spazio della rappresentazione cercando la loro distribuzione armonica nelle superfici e nei campi cromatici di poligoni e altre suddivisioni del piano. Tutto ciò è reso possibile da un uso metodico e concretamente creativo di sagome, mascherine, stencil e modelli che diventano parte integrante della ricerca della forma portata avanti dall’artista, grafica, visiva e matematica insieme. Che è insieme gioco assoluto di composizione e di ritmi di trame affollatissime e rarefatte sulla tela e sul foglio.

Come specifica Annamaria Cabras: «il lavoro che stiamo organizzando e portando avanti, di recupero e promozione dell’opera di Todde, fa riemergere un autore di grande valore, quasi dimenticato negli ultimi decenni, capace di proiettarsi verso una ricerca moderna, fresca e continua». L’esposizione del Cornetto Acustico – insieme alla precedente ed abbinata mostra da Mancaspazio, Nuoro – ha il merito di riscoprire e riportare l’attenzione su un artista ermetico come Giampaolo Todde, che nella sovrapposizione di lessici e nella sperimentazione di dimensioni solo in apparenza opposte – ricerca e linguaggi, forma e movimento, ordine e caos – ha trovato il segreto della quadratura del cerchio.
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