
Alla Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo le mostre di Anna Glantz a cura di Elisa Carollo e di Pieter Hugo curata da Federica Angelucci
Le opere selezionate per la personale di Anna Glantz sono state create apposta per la Fondazione. Testimonianza della fase ultima della sua ricerca mirata sull’origine della forma, anteposta alla rappresentazione. L’artista privilegia la pratica pittorica che dissangua l’opposizione figurativo-astratto-informale. Definisce le sue opere all’interno di questa dialettica e mediante il colore, la forma e la materia, dà un senso a ciò che emerge. Costruendo una logica pittorica, in cui le configurazioni atipiche prendono vita attraverso vibrazioni e modulazioni cromatiche, piuttosto che tramite linee rigidamente preordinate. I suoi quadri più che all’identificazione e alla narrazione, tendono alla qualità dello spazio dipinto. Nel suo rielaborare colori e consistenze formali, alcune aree pittoriche sembrano consumate, delicate. Come incastonate nella superficie. Nei suoi Untitled, le spesse pennellate sgranate, consistenti lacerti, rettangolari, ondeggianti, ambiguamente obliqui, strappati all’immaginazione cromatica, impongono un dominio incontrastato allo spazio invaso.
Con le Affinità di Pieter Hugo la Fondazione propone una serie di ritratti fotografici in diversi contesti geografici e sociali. I volti e i corpi delle persone incontrate da Hugo raccontano la loro identità al di fuori di stereotipi. Ogni soggetto è percepito nella sua particolare singolarità. Ripresi a figura intera o a mezzo busto, spesso nudi, i suoi soggetti puntano lo sguardo verso l’osservatore. Dominando una scena che prende le distanze da tutto ciò che c’è stato in precedenza o che ci sarà dopo. Nella serie There’s a Place in Hell for Me and My Friends, che comprende anche un autoritratto, Hugo si è ispirato alla fotografia dermatologica in ambito medico forense. Mette in risalto il pigmento, la melanina dei suoi modelli in modo che si vedano macchie e danni solari. Il risultato è il contrapporsi a quelle immagini che vogliono incarnare i canoni della bellezza nella cultura popolare.

In mostra sono presenti alcuni scatti della serie Solus Vol.1 che Hugo utilizza per riflettere sull’estetica effimera dell’industria della moda. Scegliendo modelle prese dalla strada. E’ attratto dalle loro fisionomie atipiche, non convenzionali. Prima di essere assoggettate ai rituali del trucco, dell’acconciatura, degli abiti da indossare. Affascinato da questa unicità e rievocando la non appartenenza tipica dell’essere giovani, l’invito di Hugo alle modelle era: “Presentatevi e basta“, con sincerità e senza filtri. Le fotografie scattate coinvolgono la vulnerabilità e la fragilità tanto quanto l’iniziativa e l’idealismo dei loro soggetti. Approfondisce Pieter Hugo: “Se la normalità è simmetrica, io sono attratto dall’asimmetrico. La rigidità di un’andatura normale dev’essere soffocante”. Raffigurati nella loro fragilità, i soggetti sono il pretesto per soffermarsi su cosa significa sentirsi fuori posto.
In mostra c’è il ritratto di una madre con bambino. E’ l’unico che lascia scorgere un interno domestico. Che ci fa ricordare le tante Madonne con Bambino di età rinascimentale: sebbene Hugo non mostri il seno con la stessa evidenza di molti dipinti storici, si intuisce una familiarità altrettanto voluttuosa e innocente. La mostra si chiude con un non-ritratto, Crow’s Feet, Cape Town (2018), parte della serie What the Light Falls On composta da oltre 100 immagini realizzate negli ultimi 23 anni, in cui l’obiettivo di Hugo focalizzala nascita, la morte e i riti intermedi dell’esistenza. Lo scatto selezionato si avvicina a un dettaglio del viso, l’occhio, incarnando l’essenza di Affinità: l’occhio e lo sguardo come punto d’incontro tra il fotografo e le persone.
Anna Glantz. Tutto si fa più grigio, più dorato e freddo / It’s getting grayer and gold and chilly. Pieter Hugo, Affinità / Affinities
Curatrici: Elisa Carollo, Federica Angelucci
Ex Chiesa delle Dimesse – Thiene (Vicenza),
Fino al 31 gennaio 2026













