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L’interrogazione emotiva del passato. Jim Dine a Napoli

Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli
Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli
Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli
29 installazioni per la mostra site-specific “Elysian Fields” di Jim Dine, negli spazi di Castel Nuovo a Napoli

I Campi Elisi sono nella mitologia greca e romana il luogo ultraterreno di beatitudine e di riposo per le anime dei giusti, degli eroi e dei prediletti dagli dèi. Nel poema epico Eneide, il protagonista Enea visita questo ambiente dove risiedono i meritevoli, come i valorosi, i sacerdoti e i poeti. Luogo idilliaco, descritto come una valle soleggiata e lussureggiante, è un regno di pace eterna, dove gli spiriti continuano le attività che amavano in vita, come il canto, la ginnastica e la guerra pacifica. Collocata geograficamente nell’attuale zona del lago d’Averno, a Pozzuoli, in Campania, qui Enea consultò la Sibilla e incontrò il padre Anchise. L’antica definizione dei Campi Elisi è ripresa per una mostra site-specific, “Elysian Fields”, allestita negli spazi di Castel Nuovo (Maschio Angioino), a Napoli, dell’artista statunitense Jim Dine, curata da Vincenzo Trione, fino al 10 febbraio 2026.

Accolte negli ambienti monumentali della fortezza, le 29 installazioni sono state disposte nella Cappella delle Anime del Purgatorio, nella Cappella Palatina, nell’Armeria e nelle due ulteriori sale dell’area archeologica. Nato a Cincinnati nel 1935, Dine è una icona dell’arte contemporanea: affermatosi nella Pop Art al fianco di Roy Lichtenstein (1923-1997), Andy Warhol (1928-1987) e Claes Oldenburg (1929-2022), in questa esposizione celebra la filosofia fondata sull’interrogazione emotiva del passato e sul fascino per la classicità, sulla soglia tra l’antico e il contemporaneo.

 

Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli
Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli
Un percorso labirintico

Le opere di Dine sono poste in dialogo con alcuni reperti antichi e con le sculture rinascimentali provenienti dalle collezioni di Castel Nuovo, tra le quali, le “Madonne con Bambino” di Francesco Laurana (1430-1502) e di Domenico Gagini (1420-1492). In filigrana, si avverte il bisogno di coniugare realismo e archeologia. Per un verso, memore delle “conquiste” del New Dada e della Pop Art, è attento a difendere una forte riconoscibilità dei suoi lavori; per l’altro, invece, dà voce alla fascinazione per l’antichità, pensata come una favola lontana, da interrogare, da ri-abitare, da profanare.

Da questa idea nascono sculture che ricordano da vicino rovine pescate dagli abissi marini, esercizi fisiognomici imperfetti non privi di rimandi autobiografici, come “Elysian Fields” e la porta in bronzo e in acciao “The Gate where Venus sleeps”, collocata in corrispondenza dell’abside della Cappella Palatina, simile ad un altare fatto di attrezzi poveri. Le teste in gesso sono state realizzate nel suo studio a St. Gallen, in Svizzera, negli ultimi tre anni: sono ritratti inventati, altri sognati, tratti dalla storia e dal mondo antico. Ci sono anche amici scomparsi e frammenti della vita vissuta nei boschi del Vermont, negli Stati Uniti. Il materiale utilizzato è il mezzo preferito dall’artista per la sensazione che dà tra le mani, a cui aggiunge la gommalacca per realizzare dei volumi che vengono modellati e tagliati: che sia scimmia, gatto o Pinocchio, sono tutti plasmati sapientemente.

Ossessionato dal volto della moglie Nancy, Dine ne ha realizzato quattro versioni, non necessariamente per amore, odio, sesso o altro, piuttosto perché vedeva qualcosa plasticamente da rappresentare. Disposte in cerchio nella Cappella Palatina, le sculture dialogano fra di loro. Alcune teste sono state pulite, raschiate e tagliate per far emergere la schiuma dall’interno, generando un qualcosa su cui far rimbalzare il gesso, una texture contro la texture: sono figure eroiche e le loro notevoli dimensioni le rendono ancora più leggendarie.

 

Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli
Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli
Metafora della vita

Per la realizzazione di “The Gate where Venus sleeps”, Dine si è ispirato al cancello dell’artista John Chamberlain (1927-2011), acquistato dalla mercante Marta Jackson (1907-1969) neglianni Sessanta. Riutilizzato e collocato nella galleria d’arte, venne dipinto nelle sue parti mobili. L’opera di Dine rappresenta la metafora della vita, nell’andare avanti o nell’andare oltre. Le due porte in acciaio sono posizionate in entrambe le direzioni, interna ed esterna, e sono la proiezione visiva del futuro e del passato. Nella casa di Parigi dell’incisore Aldo Crommelinck (1931-2008), Dine vide un cancello dismesso del XIX secolo e decise di fotografarlo. Successivamente, con i suoi studenti del dipartimento di Scultura dell’Otis Parsons, ne realizzò uno simile. Aggiungendo diversi oggetti trovati a caso attraverso la fusione in bronzo.

Questo elemento costruttivo divenne protagonista di una ampia produzione, che si avvalse della collaborazione tra l’artista e diversi fabbri americani e italiani. Durante il processo, ogni singolo scarto veniva riutilizzato e applicato nuovamente nell’opera. Una delle principali caratteristiche è l’apertura delle due porte, una in senso opposto all’altra. A rendere la composizione organica è la presenza al centro della Venere realizzata in bronzo. A cui si aggiunge un altro elemento di uso comune, una sedia di Marcel Breuer (1902-1981) proveniente dal suo studio. Quest’opera è stata collocata davanti all’altare della Cappella come se fosse una reliquia di una chiesa medievale, come elemento che separa il prete dalla congregazione.

Figure archetipiche

Della stessa caratura sono alcune divinità acefale, la cui bellezza originaria è resa irriconoscibile da una selva di stratificazioni visibili in “Venus and Neptune”, nella Sala dell’Armeria. Le sculture di Venere, riproposta più volte negli anni, si basano su una piccola copia della “Venere di Milo”. Che Dine prima disegna e poi rielabora, eliminando la testa per creare la sua versione. La serie realizzata esplora i temi del sé, della memoria e del corpo, attraverso delle figure archetipiche e mediante una possibile interazione tra l’iconografia classica e moderna. Egli combina le due figure mitologiche, Venere e Nettuno, per creare un dittico di grandi dimensioni.

 

Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli
Jim Dine, Elysian Fields, Castel Nuovo, Napoli

“Flowers”, visibile nella Cappella delle Anime del Purgatorio, è un solenne vaso in bronzo nel quale sono incastonate reliquie varie. Famoso per una lunga storia di creazione di opere d’arte a tema floreale con vari mezzi, tra cui pittura, incisione e scultura, il suo interesse ebbe inizio durante l’infanzia ed è continuato in età adulta, ispirato dal suo giardino e dalla storia dell’illustrazione botanica. Esempi degni di nota, oltre a questa presente in mostra, includono la serie “Hand Colored Flowers” e altre sculture di grandi dimensioni. Spesso realizzate in cemento o con altre texture.

Innovatore per tutta la sua lunga carriera, la vasta e variegata produzione di Dine comprende dipinti, assemblaggi, sculture, disegni, stampe. E oltre dodici libri di poesie. La sua vasta produzione è stata oggetto di oltre 300 mostre personali in tutto il mondo. Tra cui undici importanti rassegne e retrospettive a partire dal 1970. Le sue creazioni hanno una qualità senza tempo.

Infine, le scritture a mano, riportate in una piccola stanza del Castel Nuovo: come graffiti nervosi incisi in una cripta. Estratte da un misterioso sottosuolo, queste iconografie risultano monumentali e, insieme, fragili. Austere, ma impure, non finite, riluttanti alla geometria. Capaci di mimare l’azione del tempo che, come amava dire Marguerite Yourcenar (190-1987), è un “grande scultore”.

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