Il grande Matteo Marangoni è senza dubbio uno dei miei amici migliori e maestri preferiti. Ovviamente l’ho frequentato solo grazie ai suoi testi, poiché è scomparso esattamente un anno prima che nascessi. Di squisita ispirazione crociana, e dunque per molti versi assai distante dalle mie estetiche convinzioni, devo riconoscere a Marangoni la straordinaria e sintetica capacità divulgativa nella critica dell’arte. In lui mai scaduta nella proverbiale e semplificatoria volgarità. Consiglio a tutti di leggere due testi fondamentali: “Saper vedere” del 1930 e “Come si legge un quadro” del 1935. Tutt’altra cosa rispetto alla rozza manualistica (pubblicata anche da personaggi famosi) di questi ultimi nostri anni. In sostanza Marangoni sostiene che l’occhio sia un muscolo e la visione una pratica che necessita di esercizio. Chiunque di voi inizierà questa specialissima palestra continuerà a ringraziarmi per gli anni a venire. E incornicerà da qualche parte nella sua stanza i testi marangoniani. Poiché la graduale somma negli effetti di questa ginnastica quotidiana non consisterà affatto in una crescita del proprio “potere” nel “giudizio”. Ma prima di tutto nella crescita del “piacere” nel “giudizio”. E’ difficile spiegarlo. Dopo quasi trent’anni in cui tutti i giorni studio e osservo opere d’arte mi capita ad esempio di “sentire” un piacere fortissimo che dalla testa arriva qualche (rara) volta alla pancia. Una specie di emozione prolungata nel tempo. Mi capita anche di “interpretare” un paesaggio o un volto che incontro attraverso la lente estetica. Mi fermo a osservare e comparare le luci, le ombre, gli accostamenti timbrici e cromatici, i pesi dei volumi e degli spazi. E inoltre -come gli antichi insegnano capiti a chiunque si innamori- tutte le volte mi accorgo di quanto ancora devo esercitarmi. Di quanto sia insufficiente il mio sguardo. E di quanto certamente potrà aumentare, in corrispondenza del mio futuro esercizio, anche il piacere. E’ a partire da queste considerazioni che vorrei parlare delll’attuale mercato dell’arte. Negli ultimi due mesi è accaduto quello che ci si aspettava, da un po’. Il parterre degli acquirenti di opere si è quasi completamente azzerato sul versante speculativo. Questo ha comportato (e comporterà) una vera rivoluzione nelle richieste e nei prezzi stabiliti. Il comparto più speculativo in assoluto è stato negli anni scorsi quello dell’arte moderna e contemporanea. In particolare quasi tutta l’arte contemporanea, da metà Novecento ad oggi, ha surdimensionato il cosiddetto concettualismo. Ossia gli artisti hanno lavorato su linguaggi paralleli, affini ma sostanzialmente diversi da quelli dell’estetica tradizionale. Quella disciplina che innanzitutto utilizza il senso della visione. Contemporaneamente allo svuotarsi speculativo del mercato stiamo assistendo a un ritorno di fiamma per il settore dell’arte antica. Sia per ciò che concerne i dipinti che gli arredi in genere. Le ultime aste, addirittura da settembre in poi, di questo comparto mostrano due caratteristiche. Una diminuzione considerevole degli invenduti (rispetto ai mesi precedenti) e una crescita fortissima dei prezzi finali per le opere più rare. Il che significa che alcuni investitori (dunque con volontà speculative) hanno cambiato segmento. Non sapendo più dove mettere la loro liquidità. Che questo sia un bene o un male non è dato sapere. Una cosa è certa. nel medio futuro lo sguardo esercitato sarà molto importante per frequentare con intelligenza il mercato dell’arte. Chi sino ad ora lo ha fatto solo per investire è meglio se ne scappi via a gambe levate. Con la sola alternativa di mettersi a studiare. Magari partendo proprio da Marangoni.