Ma in Italia pochi o pochissimi, tra i veri e presunti opinion leader dell’arte moderna e contemporanea, pensano a Londra. Da lunedì prossimo a giovedì sulla piazza della City sbarcheranno un centinaio di persone. Quelle che contano. Sul serio. Non solo perchè in grado di sborsare cifre stellari per un capolavoro. Ma soprattutto perchè rappresentano la crème dei veri conoscitori. C’è una storiella che circola da sempre nelle sale delle principali case d’asta al mondo. E’ quella per cui non ha molto senso presentare un capolavoro in asta con una riserva da capogiro. Da sempre, sul mercato, un buon quadro, un’opera eccellente, non ha alcun bisogno d’essere difeso da nessuno. Si difende da sè. Per il semplice motivo che a Londra e a New York, nelle sale di Christie’s, Sotheby’s, Bonhams, ecc. ci stanno sedute le persone in assoluto più competenti al mondo. Ed è logico che sia così. Loro chiacchierano poco. E quando alzano la mano per aggiudicarsi un quadro poi staccano assegni. Pagano. Con soldi veri. Certo nel segmento della contemporanea esistono molteplici fattori che concorrono a creare il prezzo di un’opera. E alcuni di questi hanno ben poco a che fare con il livello di ricerca estetica che essa rappresenta. Ma da sempre è stato così. La contemporaneità include pressioni che circolano nell’aria. Stringono patti, alcune volte scellerati, occludono i pensieri, soffocano la sensibilità. Ancor più oggi nel cuore di una società in formale e sostanziale declino esistenziale. Ma il compito di un vero intellettuale è quello di cercare sempre la di-stanza tra il proprio sè e il mondo. Così fa sorridere ascoltare i critici, i mercanti e molti artisti italiani litigare e confondersi in una visione dell’arte e del suo mercato straordinariamente provinciale. Ciascuno sempre e soltanto impegnato alla celebrazione della propria tirannia. Noi crediamo che sia giunto il momento di promuovere il “pensiero critico”. Quello in grado di “ascoltare”. Tra i cataloghi di Basilea, Kassel e le tonnellate di carte veneziane ho personalmente amato di più perdermi nei cataloghi delle imminenti aste inglesi. Ma è soltanto un’opinione.